PUNTO SPETTACOLO

Arena di Verona in liquidazione?

Il Consiglio d'indirizzo della Fondazione Arena di Verona, presieduto dal sindaco Flavio Tosi, ha annunciato di voler procedere alla messa in liquidazione della Fondazione, di voler licenziare tutti e di voler realizzare un Festival privato con artisti e maestranze assunti a chiamata. Questa la dura reazione dopo che l’Assemblea dei lavoratori dell’Arena ha respinto un accordo siglato Cgil, Cisl e Uil. Si arriverà alla liquidazione coatta amministrativa? Il Ministero invierà un Commissario? Queste le ipotesi possibili. Sotto i cieli di Verona scontri ciechi tra fazioni in lotta.

Nell’immaginario collettivo mondiale le parole duello e Verona rimandano immediatamente all’infelice storia d’amore di Romeo e Giulietta narrata da Shakespeare, una storia raccontata un’infinità di volte in tutto il globo attraverso tutte le forme di spettacolo: dalla prosa alla lirica, dalla danza al cinema. Il duello in scena in questi giorni sotto i cieli di Verona non è però una finzione scenica. Davanti a sbigottiti occhi internazionali, in questo 2016 la ricorrenza dei 400 anni della morte di Shakespeare si sta celebrando a Verona con un nuovo scontro di fazioni, con un nuovo duello che, salvo auspicabili e illuminati colpi di scena, porterà inevitabilmente al medesimo epilogo. Nessun vincitore. Solo odio, morte e distruzione.

Vertici della Fondazione Arena di Verona con il Sindaco Tosi in testa, sindacati e lavoratori in ordine molto più sparso, lottano tra loro dalla scorsa estate senza esclusione di colpi come già fecero Montecchi e Capuleti. Il Ministero guarda dall’alto l’evolvere del duello e – senza la convinzione del Principe della città di shakespeariana memoria – prova a conciliare le parti facendo balenare la speranza di milioni di euro grazie alla riapertura dei fondi di rotazione della “Legge Bray”.

In questa nuova tragedia contemporanea Romeo e Giulietta sono lirica e danza, la bellezza allo stato puro condannata a morte certa. La nutrice racchiude tutti i direttori d’orchestra, del coro e del ballo che vorrebbero la felicità degli amanti ma che assistono impotenti alla loro inevitabile morte. Tebaldo, l’iracondo Montecchi, è l’insieme degli interessi privati (e ce ne sono tanti) capaci di travolgere tutto con cieco furore. Frate Lorenzo, sono tutti coloro che, di nascosto, fuori dai riflettori, provano a trovare una conciliazione e una soluzione per evitare la tragedia. Mercuzio infine è forse emblema di quella leggerezza con cui tutte le parti in causa hanno affrontato lo scenario complessivo di una crisi economica globale. Nessuno ha rinunciato a nulla. A partire dalla dirigenza che chiede sacrifici ai lavoratori e non rinuncia a un centesimo del proprio compenso, che taglia i badget delle produzioni e destina ingenti risorse per consulenti esterni pagati per fare quel lavoro per cui loro sono lautamente pagati, che minaccia di cancellare la danza e non un Museo in endemico deficit e che costa di più dei ballerini.  Ai lavoratori che si trincerano dietro un contratto sì scaduto nel 2003 ma decisamente obsoleto, che si rivolgono ai tribunali per avere un posto fisso e una stabilità non guadagnata con concorsi internazionali. Ai sindacati che, come banderuole al vento, difendono anche lavoratori indifendibili appellandosi ora alla specificità di un lavoro atipico ora invocando leggi studiate per gli impiegati delle poste.

In questo scenario vertici della fondazione, lavoratori e sindacati meriterebbero forse di esser messi tutti a verifica. Meritano veramente tutti di ricoprire il ruolo di attori che attualmente rivestono? Meritano tutti di esser pagati con fondi pubblici per interpretare ruoli da protagonisti pur essendo forse solo scadenti figuranti?

“Andiamo a parlare ancora di questi tristi eventi” scriveva Shakespeare. E i tristi eventi della scorsa settimana raccontano un ulteriore triste atto della tragedia contemporanea di Verona. Questi i fatti.

Con 132 no, 130 sì, due schede bianche e due nulle, il referendum sindacale dei lavoratori della Fondazione Arena di Verona respinge martedì scorso l’accordo che era stato siglato dai delegati dei sindacati di categoria, in primis la Cisl e poi anche da Cgil, e Uil. L’accordo è una delle condizioni necessarie per poter accedere al fondo di rotazione previsto dalla cosiddetta “legge Bray” per le fondazioni lirico-sinfoniche in crisi, fondi a cui l’Arena non ha ancora fatto ricorso e senza i quali oggi non è forse possibile ipotizzare un piano di risanamento strutturale di bilancio.

Durissima la reazione del Consiglio d’indirizzo della Fondazione Arena presieduto dal sindaco di Verona Flavio Tosi che giovedì 7 aprile 2016, al termine di una riunione, annuncia di voler procedere alla messa in liquidazione della Fondazione e al licenziamento dei lavoratori dell’Arena, 303 persone tra stabili e stagionali.

Spaccata in due l’assemblea dei lavoratori. Spaccati anche i sindacati, che non sono riusciti a far fronte comune. Spaccata la fondazione tra dirigenza e lavoratori, un muro contro muro sempre più pesante e sempre più difficile da buttare giù. Spaccati i veronesi che non sanno più cosa augurarsi e che già denunciano pesanti ripercussioni sulle economie della città. Spaccata l’opinione pubblica che non comprende fino in fondo le ragioni di entrambe le parti, gli arroccamenti difensivi, l’incapacità di trovare soluzioni che trascendano l’intesse privato in nome del bene comune.

A Verona oggi non risuonano certo spade in piazza ma accuse, proclami e minacce riportate da quotidiani, blog e social, parole pesanti che sferzano l’aria, che insanguinano nuovamente le strade di Verona, affermazioni cariche di rancori, esternazioni avventate che si propagano portando echi di morte alla comunità internazionale.

“Non sottoscrivere l’accordo è stata una follia” tuonano alcuni e accusano i lavoratori di voler difendere “privilegi preistorici”. “Votando no le maestranze della Fondazione Arena hanno dimostrato grande dignità” ribattono altri: “ l’ accordo presentava margini di fumosità e discrezionalità tali da avvallare il sospetto di essere semplicemente uno strumento atto a scavallare la stagione lirica estiva per poi essere totalmente rimesso in discussione”. Il copione di questi ultimi giorni colleziona battute che non rendono onore al nostro Paese.

Non rassicurano, anzi inquietano, le affermazioni del Sindaco Flavio Tosi che dichiara che il festival areniano comunque si farà. E che si farà facendo ricorso a contratti privati a chiamata.

Con la stessa miopia del vecchio Capuleti, il sindaco Tosi pensa di far nascere amore e bellezza unendo in matrimonio Paride e Giulietta. Ma nessun felice matrimonio può essere celebrato accozzando all’ultimo minuto orchestrali, coro, cantanti, ballerini e maestranze.

Con il passare dei giorni i toni e le affermazioni di Tosi riportate dalla stampa si fanno ancor più accese. Nessun passo indietro, anzi. Il primo cittadino sfodera il pugno di ferro e ribadisce la volontà di trasformare l’Arena in un ente privato. E si può, con una liquidazione coatta amministrativa, dar vita a un nuovo organismo? Chi lo dovrebbe gestire? Con quali fondi?

Aspettiamo con ansia il prossimo atto della tragedia. Se realmente il Sindaco Tosi, nella sua veste di presidente della Fondazione Arena, procederà formalmente alla richiesta di liquidazione coatta amministrativa la parola passerà al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che potrebbe respingere l’ipotesi di liquidazione e inviare un Commissario straordinario, soluzione questa che non piace certo a tutti. Per alcuni un intervento esterno è necessario per riportare la pace a Verona. Altri vedono il Commissariamento come il veleno di Romeo, ossia l’inizio dell’epilogo.

Sconcerto e amarezza. Questi i sentimenti che la nuova tragedia contemporanea che si sta svolgendo sotto il cielo di Verona suscita in tanti illustri personaggi del mondo culturale. Personalmente mi piace poter ancora sperare che i tanti Tebaldi vengano fatti tacere e che Montecchi e Capuleti sappiano fare tutti diversi passi indietro per fare assieme tutti un passo avanti. Mi piace poter sperare in un lieto fine. Mi piace poter sperare di assistere a Verona a un Romeo e Giulietta in versione MacMillan con un rinnovato corpo di ballo areniano. E’ sperare troppo?

Certo è che la tragedia in corso proprio non mi piace. E’ un triste e brutto spettacolo che non sarebbe mai dovuto andare in scena.

“Andiamo a parlare ancora di questi tristi eventi. Alcuni avranno il perdono, altri un castigo. Ché mai vi fu una storia così piena di dolore come questa di Giulietta e del suo Romeo”.

Francesca Bernabini

11/04/2016

Foto: Romeo e Guilietta di Mac Millan, al centro Antonino Sutera, ph.  Brescia e Amisano, Teatro alla Scala.

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