La recensione

Carla Fracci, Musa della danza, accolta al Teatro San Carlo di Napoli con standing ovation

La nuova direzione del ballo del Teatro San Carlo di Napoli affidata a Giuseppe Picone si è aperta con un trionfale Omaggio a Carla Fracci che lo scorso agosto ha compiuto 80 anni. La Musa della danza è stata accolta con una standing ovation, prima e dopo la sua esibizione. Ben strutturato il programma del Gala che riportato in scena alcuni tra i più memorabili personaggi della Fracci, e ne ha celebrato anche l'animo, lo spirito, l'attitudine con cui la ballerina milanese ha affrontato la vita e l'arte senza mai arretrare davanti a coreografie d’avanguardia. Acclamati gli ospiti americani Tyler Peck e Robert Fairchild, e i ballerini del San Carlo Annachiara Amirante, Alessandro Staiano, Salvatore Manzo e Carlo De Martino.

“È passato tutto così in fretta, tutti questi anni volati via in un attimo” sussurrava dolcemente Carla Fracci mentre firmava l’autografi al termine di una conferenza tenutasi il 22 ottobre scorso presso l’Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli. Viene da chiedersi come si possa tracciare un sentiero, un percorso che attraversi, cristallizzandola per sempre, la vita della stella più luminosa della danza italiana e la risposta è semplice: basta riprendere una ad una le coreografie che più l’hanno resa celebre. Effettuare una scelta è quasi imbarazzante però, perché Carla Fracci ha danzato probabilmente tutti i ruoli possibili e immaginabili, tanto nel repertorio classico, quanto in quello moderno e contemporaneo imponendo quindi, in chi volesse renderle omaggio, la necessità di una selezione basata sul gusto personale. È un po’ quello che è accaduto a Napoli in occasione del gala ideato per celebrare i suoi 80 anni intitolato La Musa della danza. Auguri Carla! andato in scena il 26 e il 27 ottobre 2016 al Teatro San Carlo di Napoli.

Giuseppe Picone, neo direttore del corpo di ballo partenopeo, ha strutturato un programma che ha, non solo riportato alla memoria alcuni tra i più memorabili personaggi della Fracci, ma è stato in grado di celebrarne anche l’animo, lo spirito, l’attitudine con cui la ballerina milanese ha affrontato la vita e l’arte senza mai arretrare davanti a coreografie moderne e d’avanguardia.

Picone ha messo in scaletta perle come Lo Spettro della Rosa che Michail Fokine creò per Vaslav Nijinsky nel 1911 rendendolo indimenticabile e che Carla Fracci danzò per la prima volta, come suo passo d’addio, al Teatro alla Scala al fianco dell’allora primo ballerino Mario Pistoni, nella stessa serata in cui Maria Callas si esibiva nell’opera La Sonnambula con la regia di Luchino Visconti; era il lontano 5 marzo 1955. Carla Fracci era l’unica licenzianda della serata e in platea era presente il grande poeta del ‘900 Eugenio Montale che il giorno seguente scriveva sul Corriere della Sera, a proposito della giovane Carla, “Una visione di estrema gentilezza”, così come ricorda la Fracci nel suo libro Passo dopo passo, la mia storia edito da Mondadori.

Continuando sulle scelte effettuate da Picone saltano all’occhio ben due estratti da La Bella Addormentata (il pas de deux dal III atto e l’Adagio della Rosa) che riportano alla memoria due memorabili esibizioni della Fracci nel ruolo di Aurora: quella del 1966 e quella del 1976. La prima data è l’anno in cui danzò il fastoso balletto con Rudolf Nureyev, che ne curò una versione descritta dalla Fracci come “Una coreografia a tecnica scoperta, che crea una certa tensione. Se sbagli tutti se ne accorgono. C’è una diagonale intera dove fai quattro, cinque serie di pirouettes, tutte da terminare con i piedi in quarta e le braccia in posizioni sempre differenti”. La seconda data, il 1976, cade dieci anni dopo ed è l’anno in cui, al Teatro San Carlo, accanto alla grande stella danzava Paolo Bortoluzzi – storico ballerino della compagnia Ballets du XXe siecle di Maurice Béjart – nel ruolo di Florimondo (altro nome del principe Desiré).

Scivolando da un pas de deux ad un altro il sipario si apre sul ballet blanc per eccellenza, La Sylphide, che, ambientato sulle colline scozzesi, racconta la storia di James che s’innamora di una silfide apparsagli in sogno poco prima delle sue nozze con la giovane Effie. ​Considerato tra i balletti di repertorio più complessi da interpretare in quanto a tecnica e immedesimazione, La Sylphide ​fu danzata dalla Fracci anche durante la trasmissione televisiva americana The Bell Telephone Hour il 22 ottobre 1962 nella versione firmata da August Bournonville, coreografo e ballerino danese che amava valorizzare la tecnica del salto maschile. Quel giorno la trasmissione in cui danzava Carla fu interrotta da un messaggio in diretta del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy che annunciava la scoperta di un immenso armamento missilistico sull’isola di Cuba, “uno dei momenti peggiori della Guerra Fredda” ricorda ancora tra le pagine del suo libro la Fracci pensando a quell’episodio indimenticabile. Ma andiamo avanti con qualche curiosità, perché il ballet blanc merita alcune riflessione in più, essendo stato identificato come il punto di svolta della danza classica; infatti nel 1832, anno in cui La Sylphide debuttò all’Opéra di Parigi, viene collocata la data del primo esempio di balletto romantico a cui tutte le successive creazioni si sono ispirate tanto nella tecnica quanto nel soggetto, considerando da quel momento in poi indispensabili anche le scarpette da punta (se pure già esistenti per lo studio in sala è proprio con La Sylphide che vengono per la prima volta utilizzate in scena) e il tutù ideato dal costumista Lami proprio per questo balletto.

Raymonda è l’ultima perla scelta da Picone per rimarcare la gloriosa carriera della “fraccina”, soprannome datole quando frequentava la scuola della Scala e che lei ricorda con affetto. Questo balletto, presentato per la prima volta nella versione integrale proprio al Teatro San Carlo nel maggio 1976 (a parte la lontana rappresentazione a Spoleto), lasciò un segno nella storia con la coreografia curata da Loris Gay e la regia di Beppe Menegatti – marito di Carla conosciuto negli anni in cui era assistente di Luchino Visconti – e danzato da Carla Fracci, Burton Taylor e Bruce Marks.

Una grande assenza nella scaletta del San Carlo è stata Giselle, il ruolo in cui più è stata apprezzata e amata la Fracci in giro per il mondo, ma forse la scelta è stata dovuta alla necessità, comprensibile, di diversificare la serata napoletana da quella milanese alla Scala.

Finite le alzate di sipario dedicate al balletto arriva il momento più emozionante del gala: l’entrata in scena della divina Carla. Immobile al centro del palcoscenico, le braccia strette sul petto con i pugni chiusi, lo sguardo basso, una postura inequivocabile: Carla, in quel momento, ha voluto respirare a pieni polmoni e ad occhi chiusi l’aria satura di commozione e di applausi scroscianti e infiniti del Teatro San Carlo. Standing ovation all’inizio e alla fine della sua magistrale interpretazione della coreografia Domani, futuro di giovinezza, che Giuseppe Picone ha creato a posta per lei con la regia di Beppe Menegatti. Un lavoro coreografico narrativo con evidenti allusioni al repertorio portato in scena in circa 50 anni di folgorante carriera: ci sono infatti tracce dall’ ‘Après-midi d’un faune e da Giselle, il tutto accompagnato da un medley di musiche di Bach, Debussy e Kurtàg, evocanti le più indimenticabili performance del passato. Carla Fracci ha danzato con un Giuseppe Picone altrettanto emozionato – i due si sono conosciuti quando questi era ancora un bambino – e tra teneri abbracci e sguardi nostalgici, in una coreografia che è poi la parabola della vita, hanno accompagnato il pubblico verso la seconda parte della serata, quella dedicata alla danza contemporanea.

A questo punto sorge un interrogativo: ci si chiede il perché della scelta di inserire nel programma ben otto lavori che nulla hanno a che fare con la carriera della Fracci e con i suoi ricordi di étoile mondiale. Soltanto uno sguardo superficiale però non ne comprende l’intima motivazione: Giuseppe Picone ha celebrato, come si diceva all’inizio, l’attitudine di Carla Fracci nell’affrontare nuove sfide, la sua curiosità, la sua inclinazione alla scoperta senza mai restare intrappolata in ruoli stereotipati per la paura di andare oltre e rischiare. Ecco allora spiegato il perché di così tante coreografie nuove mai danzate dalla nostra stella. Si va da Narciso di Maria Grazia Garofoli, a Quiet Noise di un raffinato Michele Merola, da Loop di Edmondo Tucci – primo ballerino del San Carlo che si cimenta nel suo secondo lavoro coreografico dopo il successo di Expression – a Black Stone di Gianluca Schiavoni, a Leichtes blut alles Walzer di Renato Zanella fino a Mercurial Manoeuvres del coreografo contemporaneo – ma sarebbe meglio dire neoclassico – più acclamato del momento Christofer Wheeldon, che ha appena portato il suo Lago dei Cigni all’Opera di Roma, fino all’entusiasmante Stars and Stripes tributo di George Balanchine alla cultura statunitense. Un’apoteosi di tecnica e di virtuosismo quella di Stars and Stripes, che ha fatto letteralmente esplodere la platea e tutti gli ordini di palchi per la performance spettacolare degli americani Tyler Peck e Robert Fairchild, meravigliosi in quanto a sicurezza, spavalderia e virtuosismo tecnico, ma lontani anni luce dalla raffinatezza della danza classica di stampo europeo. Il sipario si chiude sul Carmina Burana di Giuseppe Picone, la sua statuaria bellezza accompagnata da otto coppie di ballerini precisi e concentrati.

Il neo direttore  ha saputo con intelligenza creare un connubio perfetto nel suo programma della serata tra la celebrazione di Carla Fracci e l’annuncio di ciò che avverrà al San Carlo in questa nuova era che lo vede protagonista e portatore di novità. Forse questo gala non è stato altro che il preludio a ciò che verrà e, se così fosse, non possiamo che sperare bene.

Per concludere vanno riconosciute indubbie note di merito alla coppia Annachiara Amirante e Alessandro Staiano che in Raymonda e Black Stone ha ricevuto applausi e grida di approvazione al pari degli ospiti d’oltreoceano, grande merito anche all’interpretazione del ruolo che fu di Nijinski ne Lo Spettro della Rosa ad un impeccabile Salvatore Manzo e ancora merito alla conferma del talento di Carlo De Martino nelle sue serrate ed elevatissime batterie e grandi salti nel ruolo di James ne La Sylphide.

Manuela Barbato

04/11/2016

Foto di Luciano Romano.

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