La recensione

Carolyn Carlson, una poetessa che lavora con il tempo e con lo spazio

Venezia ha accolto con un calore speciale Carolyn Carlson e le sue Short Stories. In Immersion la Water Lady diventa essa stessa fluido, onda, goccia, acqua. In Wind Woman il corpo di Sara Simeoni diventa evanescente, impalpabile, un vento che soffia leggero ed effimero. In Mandala i movimenti veloci e ipnotici di Sara Orselli sembrano non avere limiti. Applausi interminabili a fine spettacolo per questo trittico, tutto femminile.

Carolyn Carlson è legata a doppio filo con la città di Venezia, sia per la sua collaborazione con il Teatro La Fenice e la direzione di Biennale Danza dal 1999 al 2002, sia per il Leone d’Oro alla Carriera che gli è stato conferito nel 2006, mai attribuito prima ad una coreografa. La preziosa laguna d’altra parte non scorda le sue pietre miliari e all’annunciato evento di un ritorno dell’artista ha risposto con un affetto ed un calore speciali.

Il Teatro Goldoni la sera del 5 aprile 2017 ha aperto le porte ad un pubblico arrivato da ogni dove per vedere lo spettacolo Short Stories, ultimo appuntamento di Evoluzioni, la Stagione di Danza promossa dal Teatro Stabile del Veneto.

Ad aprire la scena è Carolyn Carlson, il mito in persona. Una platea ammutolita assiste all’interpretazione di Immersion. In passato, parlando proprio di questa sua creazione, Carolyn Carlson ha dichiarato “io non sono una danzatrice: sono una poetessa che lavora con il tempo e con lo spazio”.

Vestita fino ai piedi di nero, con una lunga gonna che le conferisce un aspetto rigoroso e celebrativo, Carolyn Carlson dà una testimonianza concreta della poesia a cui si riferisce. Il turbine di moventi, che coinvolge principalmente busto, braccia e mani, conduce lo spettatore dentro il mondo dell’artista in scena, un mondo vasto, immenso eppure essenziale.

Le splendide braccia fluttuanti di Carolyn Carlson diventano il volo di un gabbiano, lo stesso che si sente in lontananza nel brano musicale di Nicolas de Zorzi.
Nessuno direbbe che la danzatrice in scena abbia l’età che ha: 74 anni compiuti il 7 marzo; anzi il dubbio è quasi immediato e lecito vedendo il corpo piegarsi con tanta agilità ed armonia. È il potere della danza, il potere di una dea che ha fatto della danza stessa il suo elisir di vita e bellezza.
Nei meravigliosi 18 minuti di assolo la coreografa ed interprete diventa essa stessa fluido, onda, goccia, acqua. La sua è una danza raffinata, eclettica, pura e al tempo stesso originale come poche.

Carolyn Carlson è la danza contemporanea, quella danza che Alwin Nikolais ha plasmato su di lei e con lei, quella danza che parte dal grembo per arrivare agli arti. Il suo corpo in scena non è fisico, è anima. È un continuo movimento di emozioni, sensazioni, percezioni. L’immensità di Carolyn Carlson pervade lo spirito di chi la guarda con lo stesso potere di un liquido che penetra in ogni anfratto. Immersion è tutto questo, Immersion è la poesia della forza della natura nella sua forma primordiale, l’acqua.

Non può mancare la dimensione più armoniosa e travolgente di questo elemento, le onde del mare, che entrano in scena con la loro magica cantilena.

“La prima idea di danza mi è certamente venuta dal ritmo delle onde. Tentavo di danzare sul loro ritmo seguendo il loro movimento”. Queste le parole di Isadora Duncan per spiegare il legame tra la sua danza e l’acqua. Non può che essere la Water Lady per eccellenza, ovvero Carolyn Carlson, la danzatrice che più viene associata in stile e movenze alla pioniera Duncan.

Vedere Carolyn Carlson in scena è un evento che cattura e plasma, con la forza di una goccia che scolpisce temeraria un solco su una pietra. Carolyn è purezza, è nitidezza, è trasparenza, ed è forza, tanto che ti pervade l’anima.

Apparentemente non c’è logica in quanto rappresentato sul palcoscenico eppure tutto è perfetto, definito, chiaro, fino al finto bicchiere d’acqua che la danzatrice beve dissetando il pubblico attraverso la sua bellezza.

Spetta a Sara Simeoni sostenere la scena dopo Carolyn Carlson. Onore e onere non facili ma la danzatrice torinese, forte di una formazione determinata dalla stessa Carlson, riesce bene a catalizzare l’attenzione di un pubblico ancora ebbro dall’esibizione precedente.

Respiri, vento, folate, impulsi. Questi gli elementi caratterizzanti il continuo movimento della chiarissima lunga veste indossata da Sara, mentre danza Wind Woman, su musica sempre di De Zorzi.

L’assolo, coreografato dalla Carlson, questa volta è evanescente, impalpabile, quasi sospeso. La dolcezza del vento che soffia leggero ed effimero si trasforma anche in energiche raffiche. È lo stesso vento che alita dentro di noi attraverso il respiro. Proprio il respiro è lo strumento di indagine dell’artista in scena, quasi invitando lo spettatore ad ascoltare anche il proprio per scoprire quanta forza vi sia all’interno di ciascun essere umano.

A chiudere il trittico, tutto femminile, Mandala. Il fragore di un temporale richiama l’attenzione del pubblico dopo l’intervallo e subito si è calati in un’atmosfera intensa. Un cono concentrico di luce diretto sulle movenze ritmate di Sara Orselli dà un’immagine appropriata ai toni energici della musica di Michael Gordon. Il richiamo è quello del pulsare di un cuore, la cadenza ritmata della vita, una vita a volte forte, impetuosa, a volte dolce e rassicurante. Tutto è intorno a noi e tutto è dentro di noi. Il cono si espande, un arabesco proiettato sul pavimento delinea il confine del movimento della ballerina, eppure il suo movimento sembra non avere limiti. Tutto è circolare, raccolto all’interno della perfezione del cerchio dell’enso, che simboleggia sia l’universo sia la perfezione del gesto artistico. Sara Orselli dà corpo e anima a questo solo, risultato della complicità che la lega a Carolyn Carlson da oltre un decennio.

I suoi movimenti sono veloci, ipnotici, tanto da divenire lei stessa parte integrante di quel cerchio che la contiene, di quella perfetta coreografia di Carolyn Carlson che l’ha investita di tanta luce. I capelli, il corpo, il cuore della danzatrice sono raggi di uno stesso centro, il centro potente del proprio io.

Lo spettacolo ovviamente si è concluso con un interminabile applauso alle tre superbe donne. Dalla platea si elevavano consensi e ammirazioni. Sembrava quasi che l’aura meravigliosa di Carolyn Carlson fosse un pregiato profumo diffuso in tutto il teatro, oltre le porte, fino alla splendida Venezia.

Annalisa Fortin

18/04/2017

Foto: 1. Carolyn Carlson in Immersion, ph. Laurent Philippe; 2. Wind Woman, ph. Frederic Iovino; 3. Sara Orselli in Mandala di Carolyn Carlson, ph. Frederic Iovino; 3.-4. Sara Orselli in Mandala di Carolyn Carlson, ph. Frederic Iovino.

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