L'intervista

Lirica e innovazione. Il regista Francesco Micheli smonta e rimonta opere per scovare storie nascoste.

Quanto c’è di attuale nell’opera lirica? Ce lo racconta Francesco Micheli regista, divulgatore, direttore artistico che smonta e rimonta i testi delle opere liriche per scovare storie nascoste. Capacità d’ascolto, collaborazioni ad hoc e nutrimenti dell’anima per un teatro musicale di innovazione.

Siamo pubblico di fiction e film. Ma tra il Seicento e il primo Novecento, quando cinema e tv non esistevano, il pubblico seguiva con la stessa passione l’opera lirica, nata in Italia ed esportata ovunque come un vero e proprio Made in Italy, ieri come oggi. All’epoca l’opera lirica raccontava l’attuale, mentre oggi sembra lontana dalle storie dei contemporanei e dai linguaggi multimediali. Come può il pubblico contemporaneo comprendere questo racconto in musica che spesso non è credibile e sa di stantio? Ho pensato di chiederlo a Francesco Micheli, un artista che ha sposato l’opera lirica – parole sue – e la propone da più punti di vista per farla amare nella sua bellezza e immortalità. Infatti è regista, direttore artistico, divulgatore, insegnante e performer. Se volete conoscerlo meglio, dopo questa chiacchierata buttate un occhio più giù al breve “videocurriculum”.

Cos’è il teatro lirico di innovazione che sembra essere il tratto d’unione tra le sue numerose attività?
Si tratta di un oggetto in via di definizione, di un ambito di lavoro che non è ancora strutturato. Il teatro lirico non ha avuto un suo ’68 che ha cambiato il modo di fare la lirica. Sono innamorato dell’età d’oro del melodramma e mi piace lavorare sui testi operistici come oggetti da smontare e rimontare. Forse è questo fare teatro di ricerca e di innovazione. Un po’ come facevano Verdi e Puccini al loro tempo sfidando le regole, mentre oggi trattiamo le loro opere così come ci sono state tramandate, in modo scontato.

Dove troviamo segni di questa modernità che può coinvolgere il pubblico moderno?
Giro tanto da nord a sud e credo che in Italia si stia recuperando qualcosa. Registi come Emma Dante (Macbeth) e Damiano Michieletto (Falstaff), tanto per citarne alcuni, vanno in questa direzione. La modernità deve essere legata alla drammaturgia: non basta mettere vestiti nuovi per evitare le storie vecchie.

Quindi, cosa vuol dire fare una regia moderna?
I registi oggi devono esaltare altri racconti che sono sottesi nell’opera lirica e sono attualissimi. Se questa cosa si condivide profondamente con i cantanti si può ben realizzare.

I cantanti. Abituati come siamo alla recitazione sugli schermi televisivi e cinematografici, certe volte i cantanti ci fanno la stessa impressione dei divi del cinema muto. La recitazione è esasperata e non è credibile.
I cantanti dedicano quasi totalmente il loro training alla forma vocale. Cosa che oggi non basta: non è più pensabile che oltre alla performance canora non ci sia anche quella attoriale. E del resto, anche i registi possono avere lo stesso problema, come possiamo vedere in certe “vecchie” rappresentazioni del teatro di prosa. Va fatta una riflessione ulteriore. L’Italia è un paese con una eredità schiacciante, nel bene e nel male. Ci sono meraviglie e orrori. L’opera lirica fatta in modo tradizionale è simbolo del sussiego al passato. Da superare.

I pupazzetti stile Il signore degli anelli per raccontare Wagner, le lezioni con Elio, le regie innovative, i dietro le quinte. Lei fa il divulgatore, usa linguaggio e stile adatti ai giovani: come mai non prova a fidelizzare una community ad esempio sui social network? Potremmo abbassare l’età media troppo alta del pubblico che frequenta la  lirica.

Lo so, ho sempre avuto tanto da fare ma sembrerebbe che io stia sedimentando le mie attività e sia pronto a tenere un ritmo regolare. Ho in mente di dedicarmi. Da poco ho aperto una fanpage su Facebook che vuole proprio promuovere tutto questo.

 

Qual è l’elemento creativo di cui non si priva: mai senza….
Mai senza la lezione imparata dall’ascolto della musica: l’ascolto, appunto, con tutto ciò che comporta in termini di attenzione, magia, silenzio. Faccio un esempio con il lavoro che sto facendo con Elio, una presenza davvero ingombrante, un personaggio articolato più di quanto si capisca con la sua musica o con le sue apparizioni in tv. Siamo due persone diverse, antitetiche, che si possono ritrovare solo ascoltandosi reciprocamente. Tra noi è nato un gioco che si è rispecchiato nello spettacolo. Dall’ascolto è maturato in me un modo di procedere nella creazione. Quando ho iniziato questo mestiere ero iper preciso, maniacale sui dettagli, sapevo cosa doveva fare in un dato momento l’anulare di ogni singolo cantante. Poi ho compreso quanto l’ascolto degli altri crei una magia fatta dalla fusione di più punti di vista.

Deve anche avere un modo efficace di mediare.
Sono sempre stato interessato alle relazioni e alle condivisioni. Dirigere un teatro mi ha dato l’opportunità di conoscere tanti artisti, maestranze, appassionati. Così ho avuto modo di assecondare questa mia indole.

Relazioni e condivisioni di Bellezza. Tradotto in videostorie, lei sarebbe uno youtuber da migliaia di follower. Si impegni, per favore! Ha collaboratori fissi? Scenografi, costumisti, light designer…
No, non mi piace avere una team fisso, mi prendo il lusso di cambiare sempre. Non ho collaboratori di fiducia perché ogni progetto merita idee e specialismi diversi. Ho lavorato con miei ex allievi di Brera rispettandone le specificità e oggi sono contento che abbiano loro carriere indipendenti, che abbiano spiccato il volo. Ho una rete articolata grazie ai numerosi viaggi di lavoro e coinvolgo gli artisti solo quando penso che proprio quelli che ho individuato siano adatti per un mio progetto specifico.

Quali sono i suoi nutrimenti?
L’opera lirica è la moglie, ma ho altri amici. Faccio qualche esempio. Vado a Berlino e ascolto musica elettronica. Frequento tanto il cinema, perché comunque la mia attrazione è per le opere visive. Per questo, forse, non leggo molta narrativa. Adoro mangiare e cucinare per gli amici: in fondo è una forma di rappresentazione teatrale da curare in tutti gli aspetti per far stare bene gli altri.

Con quale ricetta dobbiamo immaginarla ai fornelli?
Non ho ricette particolari. Mi piacciono i piatti in cui si assemblano ad arte elementi. Avocado e mozzarella?

Ippolita Papale

@salottopapale

07/03/2017

 

Francesco Micheli

Bergamasco classe 1972, laureato in Lettere Moderne, diplomato alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano.

Della sua attività come  regista, propongo due video: La Boheme di Puccini e Candide di Bernstein.

 

 

Organizzatore di eventi e direttore artistico.
Per il Macerata Opera Festival, Sferisterio, ricordo: premio Abbiati per la nuova produzione della Bohème; formazione del nuovo pubblico (attività per scuole superiori e università); raddoppio del contributo degli sponsor.
Per la Fondazione Donizetti, è impegnato a rivalutare la figura del compositore bergamasco con eventi come la Donizetti Night e il festival Donizetti Opera.

Insegna regia al biennio di specializzazione in Scenografia dell’Accademia di Brera.

Ha grande temperamento come divulgatore e autore televisivo (Sky Classica, Sky Arte e Rai1). Sulla collaborazione con l’Orchestra Filarmonica della Scala segnalo MusicEmotion (concerti filarmonici nelle sale cinematografiche) e Sound, Music (formazione del giovane pubblico) che potete vedere qui:

Con Elio ha recentemente realizzato il progetto Da Rossini a Campogrande (piccola enciclopedia della lirica tra video, letture, improvvisazioni, cantanti d’opera e battibecchi). Ecco un assaggio:

Foto: 1.-2. Francesco Micheli, ph. Gianfranco Rota Bergamo; 3. Francesco Micheli, Sky Arte HD WagnerDay; 4. Cantiere Opera, Elio e Francesco Micheli; 5.-6. Elio e Francesco Micheli, Da Rossini a Campogrande, ph. Filippo Manzini.

 

 

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