La recensione

Opera di Roma: Don Chisciotte apre la stagione alla presenza di Mikhail Baryshnikov

Mikhail Baryshnikov, tra il sindaco di Roma Virginia Raggi e il sovrintendente Carlo Fuortes, ha assistito al Teatro dell’Opera di Roma al debutto di Don Chisciotte, la nuova produzione del Corpo di ballo capitolino con le coreografie di Laurent Hilaire. La coreografia conserva la naturalezza espressiva della versione di Baryshnikov a cui si ispira e ne potenzia l’essenzialità narrativa. Eccentrici e fumettistici i costumi e le scene di Vladimir Radunsky. Splendidi i protagonisti Iana Salenko e Isaac Hernández che regalano al pubblico un’interpretazione da manuale. Ottima prova anche per Claudio Cocino (Espada), Manuel Paruccini (Gamache), Rebecca Bianchi (Cupido) e per il corpo di ballo del Teatro guidato da Eleonora Abbagnato.

Ha avuto tutte le caratteristiche del grande evento il debutto del nuovo Don Chisciotte del Teatro dell’Opera di Roma, andato in scena in prima assoluta al Teatro Costanzi lo scorso mercoledì 15 novembre 2017 (e in replica fino al 23 novembre 2017). C’era innanzitutto un titolo di grande richiamo, non solo per gli amanti del balletto, ma anche per i lettori appassionati delle bizzarre imprese de El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes (prima edizione, 1605); c’era la gradita novità di un’apertura di stagione finalmente affidata alla danza, come dovuto riconoscimento della sua rinnovata fortuna tra gli investimenti del Teatro romano; e c’erano presenze prestigiose: su invito della direttrice étoile Eleonora Abbagnato, è arrivato eccezionalmente a Roma Mikhail Baryshnikov, venerato protagonista della scena mondiale del balletto dalla seconda metà degli anni Settanta, firma eccellente e interprete di un memorabile Don Chisciotte (creato nel 1978 per l’American Ballet Theatre, successivamente nel repertorio delle maggiori compagnie internazionali), qui ricomposto appositamente per il Corpo di Ballo dell’Opera di Roma da Laurent Hilaire, stella dell’Opéra de Paris e direttore artistico del Balletto dello Stanislavsky and Nemirovich-Danchenko Moscow Music Theatre. Nei giorni precedenti al debutto, Baryshnikov ha dato gli ultimi ritocchi e consigli agli interpreti principali e al corpo di ballo capitolino ed era in platea per il debutto del balletto accanto al Sindaco di Roma Virginia Raggi e al sovrintendente del Teatro Carlo Fuortes. Un’emozione grande, grandissima sia per gli interpreti in scena che per il pubblico in sala.

A rendere questo balletto un evento per Roma c’erano gli ospiti internazionali Iana Salenko, principal dancer dello Staatsballett Berlin e il lead principal dell’English National Ballet Isaac Hernández (protagonisti delle prime tre recite serali), e il principal dancer del San Francisco Ballet Angelo Greco, Basilio nelle date del 18, 19 e 22 novembre accanto all’étoile di casa Rebecca Bianchi; con loro, i primi ballerini Claudio Cocino e Manuel Paruccini, i solisti Susanna Salvi, Alessio Rezza e Michele Satriano, e l’intero corpo di ballo capitolino. Attrattive da capogiro che ribadiscono il nuovo corso dell’Opera di Roma, dichiaratamente orientato a captare la fiducia del pubblico, da una parte assecondandone l’evidente desiderio di balletto, dall’altra favorendone l’ampliamento delle prospettive culturali con un’attenta alternanza di tradizione e modernità (pensiamo alle ultime due stagioni, in cui abbiamo visto intramontabili classici, da Il lago dei cigni a La bella addormentata, accanto alle creazioni di grandi coreografi del Novecento e alle visioni contemporanee di Angelin Preljočaj, Alexander Ekman, Benjamin Millepied).

Agganciato all’efficacia interpretativa dei personaggi di Baryshnikov (il cui riferimento resta l’originale versione coreografica di Marius Petipa, rappresentato per la prima volta al Teatro Bolshoi di Mosca nel 1869, insieme alle danze aggiunte da Alexander Gorsky), Laurent Hilaire ne conserva la naturalezza espressiva e ne potenzia persino l’essenzialità narrativa, spogliandola di stereotipi vistosamente ‘spagnoleggianti’ e stilizzandola secondo linee e colori di raffinata modernità.

Il tratto grafico di Vladimir Radunsky, autore e illustratore russo, naturalizzato americano, apprezzato di libri per bambini e amico di Mikhail Baryshnikov, circonda il fondale dorato con le sagome imponenti di edifici dai tetti ricurvi, che mescolano i simboli di storiche dominazioni e religiose convivenze. Lo stesso pennello distribuisce in scena i colori più accesi, tra i pois di una comunità sopra le righe, eccentrica nei costumi quanto nella narrazione del rocambolesco retroscena dell’amore tra Kitri e Basilio. Del tutto nuovo dunque l’impatto estetico di un’opera ad oggi strettamente legata alle sfumature (reali, ma più spesso tramandate dall’immaginario collettivo) di una terra infuocata e inquieta, qui ridisegnata in maniera fantasiosa per rimarcarne gli aspetti più favolistici.

L’hidalgo votato ai valori cavallereschi, che erra avventuroso tra i villaggi di Spagna ispirato dalla sua diva d’amore Dulcinea, resta sullo sfondo di un racconto d’amore leggero, ostacolato da convenienze sociali e poi trionfante nel giubilo di nozze finali. La marginalità di Don Chisciotte (sin dalle prime versioni del balletto) adombra il fascino dell’eroe tragicomico, lasciandone solo un vago ricordo in brevi passaggi di raccordo tra gli atti. Proprio nello spazio bianco tra le righe di Cervantes, il balletto libera la propria vena creativa portando in scena non più l’idealismo infranto del cavaliere sognatore, ma l’entusiasmo genuino e liberatorio di una comunità semplice, ormai lontana dal suo antico sistema di valori e ancora in grado di gioire danzando la propria quotidianità.

I tre atti di Laurent Hilaire scorrono in modo chiaro, rinunciando all’enfasi e al trambusto a favore di una delicatezza rappresentativa per nulla semplicistica né didascalica, ma accordata piuttosto alla vaporosa spensieratezza di un racconto per ragazzi. È anche per questo, forse, che ad emergere è la freschezza del corpo di ballo romano, più volte lodato per l’entusiasmo interpretativo e per l’evidente desiderio di nuove esperienze artistiche: un chiaro spirito d’avventura che accomuna il danzatore all’indimenticato cavaliere, per sempre custode di una bellezza effimera eppur necessaria.

Il primo atto è in una Siviglia colorata di giallo, fucsia e celeste, popolata di donne e uomini festosi e presto rallegrata dall’arrivo a cavallo (di legno) di Don Chisciotte e Sancho Panza. Kitri e Basilio si inseguono innamorati, riluttanti a cedere alle insistenze familiari che vorrebbero la giovane maritata al nobiluomo Gamache. Iana Salenko, in un’ampia gonna e corpetto rosa, è Kitri meravigliosa sin dal primo ingresso, quando esegue magistralmente la variazione con il ventaglio tra impeccabili jetè, punte rapidissime e scatti ammiccanti. Troviamo nella ballerina la luminosità tipica della grande stella, ma non solo; colpisce la serena disinvoltura con cui affronta passaggi tecnici di sicura difficoltà e una caratteristica dolcezza nei tratti, che contrastandone i colori freddi, conferiscono alla sua figura sottile un’aura di calda accoglienza ed elegante sensualità. Aspetti esaltati dall’incontro con il travolgente Isaac Hernández, messicano, già ballerino per ABT, San Francisco Ballet e Het Nationale Ballet prima di diventare lead principal dell’English National Ballet: prestante e fascinoso, Hernández è virtuoso di una tecnica pulita e definita, in grado di esplodere e contenersi in un attimo, dando l’impressione di un assoluto controllo del corpo, degli spazi e dei tempi. Dotato di sorprendente senso musicale, segna gli accenti con la precisione di un balzo e di un tour, per poi stupire con sequenze di grande difficoltà condotte con estrema naturalezza.

Sempre nel primo atto, ritroviamo l’ottimo primo ballerino Claudio Cocino, abilissimo Espada dai piedi d’acciaio e dal salto vigoroso, perfetto nel ruolo e nell’intero balletto grazie anche al convincente piglio interpretativo favorito da un volto naturalmente espressivo. E poi la Mercedes di Annalisa Cianci, leggera e sinuosa, di cui apprezziamo sempre l’intrigante presenza scenica. Molto bene i sei matadores (Giuseppe Depalo, Domenico Gibaldo, Emanuele Mulè, Giacomo Castellana, Michele Satriano, Andrea D’Ottavio), gruppo di giovani aitanti che onorano il tradizionale abito con atteggiamento fiero e movimento scattante, fedeli ad un virtuosismo misurato e cristallino.

Durante la fuga i due innamorati si imbattono in una banda di colorati e stravaganti banditi-pirati guidati da una capo dal cuore tenero (un convincente Marco Marangio) e vengono raggiunti da Don Chisciotte armato di un lungo bastone di legno. Cinque strane creature con stravaganti quanto improbabili cappelli, personificazione degli incubi di Don Chisciotte, sono pretesto fumettistico che ci introduce nella famosa scena del sogno di Don Chisciotte, qui preda delle visioni dopo il fallimentare attacco al mulino a vento. La coreografia qui più magica che romantica, vede in scena bellissime driadi che danzano sotto un cielo di stelle alla presenza del dio Cupido (suggestive le luci di A.J. Weissbar, in linea con l’ispirazione fantastica della scenografia).

Apprezziamo di questo splendido e efficace quadro, la purezza delle linee nell’esecuzione del corpo di ballo, esaltata dai profili dorati di costumi dal tessuto prezioso. Lodiamo la scelta della direttrice Abbagnato di affidare i ruoli solistici ad alcune delle giovanissime dell’ensemble, segno del più volte dichiarato desiderio di  valorizzare i talenti del teatro. Regina delle driadi è infatti Arianna Tiberi, diplomata nel 2015 nella Scuola di Danza del Teatro dell’Opera e da subito parte del corpo di ballo: corpo atletico e nobile portamento favoriscono l’interpretazione di Arianna Tiberi, a suo agio al primo ingresso ed elegante nei jetè finali. Nonostante la défaillance durante la variazione, continuiamo a ritenerla un’interprete da tenere d’occhio. Brave le Driadi Beatrice Foddi e Federica Maine, insieme a Virginia Giovanetti, Antonella Marcocchio, Giovanna Pisani, Flavia Morgante: puntuali, aggraziate, musicali. Perfetta l’étoile Rebecca Bianchi nel breve ma significativo passaggio nel ruolo di Amore, maestra di un movimento chiaro di indiscutibile esattezza. Non vediamo l’ora, del resto, di assistere alla sua esibizione nei panni della protagonista Kitri nelle prossime recite.

E infine in chiusura del terzo atto, il matrimonio: musica e festeggiamenti tra i veli bianchi di un amore finalmente onorato. Gli occhi son tutti per il grand pas de deux di Kitri e Basilio, sequenza di virtuosismo e passione sulle note travolgenti di un finale esplosivo. Qui la nostalgia per le prodezze ‘da svenimento’ di Mikhail Baryshnikov si fa sentire, ma le stelle Salenko e Hernández non si risparmiano e regalano al pubblico del Costanzi una grande esibizione. Kitri è eroina della serata, grazie ad una Salenko in forma smagliante, che lascia tutti senza fiato con fouettés da manuale. Con lei, un valoroso Basilio, interprete appassionato ed energico porteur.

Una nuova, grande produzione, certamente degna di un Teatro prestigioso come l’Opera di Roma, di cui apprezziamo l’investimento crescente sulla danza e sul corpo di ballo. Consigliamo al pubblico di Roma di assistere alle prossime rappresentazioni anche per ammirare l’esibizione del nostro italiano nel mondo Angelo Greco in coppia con l’étoile Rebecca Bianchi, e quella della coppia di solisti Susanna Salvi e Alessio Rezza.

Lula Abicca

18/11/2017

 

Foto Don Chisciotte di Laurent Hilaire da Mikhail Baryshnikov, Teatro Opera Roma, ph. Yasuko Kageyama: 1.-4. Iana Salenko e Isaac Hernández; 5. Annalisa Cianci e Claudio; 6. Claudio Cocino; 7. Iana Salenko e Isaac Hernández; 8. insieme; 9. Iana Salenko ; 10.Iana Salenko e Isaac Hernández; 11.-12. Marco Marangio; 13. Isaac Hernández; 14. Micael Morrone, Manuel Paruccini e Damiano Mongelli; 15. Rebecca Bianchi e Iana Salenko ; 16. Damiano Mongelli; 17. Arianna Tiberi; 18. Iana Salenko ; 19. Rebecca Bianchi; 20.-21. Iana Salenko ; 22.-25. Iana Salenko e Isaac Hernández; 26. Manuel Paruccini; 27.-34. Iana Salenko e Isaac Hernández; 35 saluti finali; 36. Mikhail Baryshnikov, Virginia Raggi, Carlo Fuortes; 37. Mikhail Baryshnikov, Eleonora Abbagnato, Laurent Hilaire e il Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma.

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