La recensione

Roberto Bolle e i suoi Friends incantano l’Arena di Verona

Applausi a scena aperta per Roberto Bolle e per tutti i Friends nel Gala 2018 all’Arena di Verona. Lo spettacolo, tra classico e contemporaneo, ha visto in scena, accanto all’étoile dei due mondi, Maria Kochetkova, Misa Kuranaga, Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Taras Domitro, Osiel Gouneo, Angelo Greco, Sebastian Kloborg, Nicola Del Freo, Gioacchino Starace e il violinista Alessandro Quarta partner anche coreografico di Bolle nel nuovo balletto Dorian Gray che ha chiuso la serata.

Roberto Bolle è tornato anche in questo 2018 all’Arena di Verona, con i suoi friends, registrando ancora una volta un sold out. In un tour trionfante, ormai da anni, lo spettacolo propone meravigliosi balletti che spaziano dai grandi classici alle coreografie più nuove, coinvolgendo ogni anno il meglio della danza mondiale. L’evento culturale, raro e prestigioso, raduna ogni volta migliaia di persone, sdoganando così il balletto dalla definizione di “arte di nicchia”.

A Verona, il Gala Roberto Bolle and Friends 2018 è stato introdotto da un suggestivo video delle prove degli artisti. Roberto firma una sbarra, croce e delizia di ogni danzatore, dove i professionisti si sono appena scaldati. I ballerini provano i pezzi sul pavimento di scena con, alle spalle, la gigantesca platea scarlatta ancora vuota. Poi, ecco comparire sui mega schermi l’incanto del momento: più di diecimila candeline accese e la moltitudine di persone in trepidante attesa. A rompere il ghiaccio è l’ospite d’onore stesso che entra in scena sulle note di We will rock you. Non ci poteva essere niente di più rock: l’energia dei Queen con la potenza di Roberto Bolle sono un connubio da capogiro.

Il preludio in realtà è solo una sorta di riscaldamento. Il primo atto della serata si apre ufficialmente con il pas de trois tratto da Il corsaro, su coreografia di Marius Petipa. Dopo le inconfondibili prime note di arpa, con cui inizia la musica di Riccardo Drigo, entrano in scena Timofej Andrijashenko, Taras Domitro e Misa Kuranaga, rispettivamente nei panni di Conrad, Lankendem e Medora. Timofej Andrijashenko, ballerino solista della Scala di Milano, qualche mese fa aveva già interpretato il medesimo ruolo sul palcoscenico scaligero. Nell’estratto qui portato egregiamente in scena, convalida le parole che la critica aveva speso a favore della sua interpretazione. Non si è risparmiato nemmeno il cubano Taras Domitro, ballerino di fama internazionale e Best Male Dancer al Benois de la Danse nel 2013, che ha regalato salti di elevazione sopra la norma e manège mozzafiato. Non deve essere facile in un palcoscenico così vasto individuare le direzioni, spot fondamentali per ogni danzatore; tanto meno mantenere il gesto armonico e raffinato, con la consapevolezza di dover enfatizzare tutto al massimo, vista l’enormità dello spazio. Medora, ovvero Misa Kuranaga, compare con discrezione e grazia, ma domina ugualmente la scena con passè dalla tenuta infinita e con la serie di fouetté dell’assolo, tutti eseguiti rigorosamente (ed impeccabilmente) doppi.

Il viaggio nel tempo proposto dalle coreografie in scaletta, ci riporta al presente con una creazione di Mauro Bigonzetti, che celebra però l’enorme passato artistico di Caravaggio. L’omonimo pas de deux, interpretato da Roberto Bolle con la prima ballerina scaligera Nicoletta Manni, rappresenta una sorta di sinfonia di immagini, dipinta sui corpi meravigliosi dei due interpreti. A fare da sfondo, la sola melodia dei brani di Monteverde, cuciti con sapienza da Bruno Moretti. La levatura degli interpreti, la suggestiva dinamica del movimento e la pienezza dell’emozione visiva, rendono il passo a due potente e lirico, materico e spirituale al tempo stesso. La medesima coppia è interprete anche di Step Addition nel secondo atto della serata, per la coreografia di Sébastien Galtier e la musica di René Aubry. Ancora  una volta primeggia la perfetta sincronia tra i due danzatori, nonostante gli accenti musicali non facili e gli applausi a scena aperta durante i développé, ben oltre i 180°, di Nicoletta Manni.

Maria Kochetkova e Angelo Greco, entrambi Principal Dancers del San Francisco Ballet, si presentano al vastissimo pubblico con il pas de deux tratto da Le Fiamme di Parigi (Vainonen/Asafiev). Il giovane ventiduenne italiano dà subito prova di grande abilità virtuosistica grazie ai grands sauts e i tours richiesti dalla variazione, volteggiando con preciso controllo pur dominando l’enorme palco. Formatosi alla Scala di Milano, Angelo Greco sbalordisce pubblico e critica, mostrando così di meritare a pieno titolo la nomina ottenuta, dopo neanche un anno, nell’importante compagnia statunitense. Maria Kochetkova, minuta ed esile, risulta perfetta per la parte che prevede velocissimi giochi di gambe sulle punte. Graziosissima ma tenace, fino alla splendida serie di fouetté finali, dimostra come l’atleticità consenta di danzare, ma solo l’aura e lo stile consentano ad un danzatore di essere un artista.

Maria Kochetkova, ballerina di origine e formazione russa, ha dimostrato altrettanti capacità tecniche ed interpretative in At the end of the day, accanto a Sebastian Kloborg. Affiatati e raffinati, tanto nella gestualità quanto nella tecnica, i due ballerini hanno estasiato la platea, strappando applausi a scena aperta che solcavano il silenzio contemplativo di tutta l’Arena. La coreografia di David Dawson ha emozionato fino alla commozione il pubblico, confermando la bravura del giovane coreografo britannico, già insignito dei più importanti riconoscimenti a livello mondiale. L’entrata in scena dei danzatori avviene con una presa. Lo struggente susseguirsi di legazioni e sospensioni rappresenta emblematicamente il piglio creativo di Dawson: una calibrata commistione della tecnica classica a favore di una innovativa forza introspettiva. Il movimento si evolve su una musica inizialmente delicata, poi eroicamente incalzante e infine dolcemente esausta, come il tumulto dei sentimenti che accompagna la visione di un tramonto proprio sul finire del giorno.

Angelo Greco riappare invece in scena accanto a Misa Kuranaga, nel passo a due del secondo atto de Lo Schiaccianoci (Petipa/Čajkovskji). Anche questa coppia ha strappato ovazioni non solo sul finire dell’esecuzione ma anche durante, viste le prese impeccabili e l’aplomb negli equilibri senza fine.

Tre fari in controluce che illuminano l’incedere di tre scultorei corpi maschili, preannunciano una coreografia già nota al pubblico veronese: Canon in D major, per la coreografia di Jirì Bubenícek, su musica del fratello Otto Bubenícek. Roberto Bolle, danzatore ma anche direttore artistico lungimirante di questo gala, già qualche anno fa aveva voluto accanto a sé proprio i due gemelli polacchi per interpretare questa loro creazione, incantando pubblico e critica. Quest’anno è spettato a Nicola Del Freo e Gioacchino Starace (entrambi in forze nel Corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano) accompagnare l’étoile in questo elegante pas de trois. I due giovani ballerini sono in perfetta simbiosi con la grandezza di Roberto Bolle, a volte talmente sincroni da rappresentarne una versione perfettamente speculare. Lode quindi a questi due artisti per il fatto di riuscire bene a sostenere un onere, ma anche un onore, di questo calibro. Lo splendido sorriso con cui Roberto Bolle conclude il balletto, chiude il primo atto della serata, dimostrando che l’artista sa uscire dagli schemi tecnici per donare, senza riserbo, emozioni ad un pubblico che lo segue con fiducia e sostegno.

I cambré en arrière con i quali il Roberto Bolle guadagna il pavimento, nel pas de deux da Proust ou les Intermittences du Coeur (in coppia con l’altrettanto splendido Timofej Andrijashenko), hanno dato prova, inoltre, di come la potenza della muscolatura non sia per forza a scapito della flessibilità. Il passo a due, di una bellezza non solo estetica ma anche emotiva, coreografato da Roland Petit su musica di Gabriel Fauré, è danzato dai due artisti in maniera sublime. Forti di un affiatamento consolidato negli anni, sembrano animati dal medesimo soffio poetico.

Altro talento di supreme capacità, scelto nuovamente come guest artist, è Osiel Gouneo, di scuola cubana, oggi principal dancer del Bayerisches Staatsballett di Monaco. In coppia con Nicoletta Manni, danza il pas de deux del Don Chisciotte (Petipa/Minkus).  Il pubblico sobbalza durante i salti di Osiel Gouneo (i piedi toccano la testa da dietro!) ed ha letteralmente il fiato sospeso durante una interminabile e formidabile pirouette, finita con un perfetto développé alla seconda, fermo e piazzato, tanto da strappare un fragoroso applauso. Nella sua variazione Nicoletta Manni sfodera dei passé tenuti quasi oltre musica e conclude con 24 fouetté (di cui ogni due uno doppio), puliti e precisi. La tecnica della ballerina è davvero impeccabile, anche se le precedenti coreografie probabilmente sono più consone al suo carattere artistico.

Conclude la magica serata il padrone di casa. Roberto Bolle entra in scena in controluce. La sola sagoma basta agli spettatori appassionati per riconoscerlo, ma accanto vi è una seconda persona, non altrettanto ben identificabile. Con una telecamera l’étoile riprende se stesso e il tutto viene simultaneamente proiettato su un monitor al centro del palcoscenico. È il famoso quadro di Dorian Gray, che in scena, come nel romanzo, si dissocia poco dopo dalle movenze del protagonista, mostrando immagini diverse. Emblematica, in questo escamotage tecnico/scenico, è la presenza della guest star musicale Alessandro Quarta. Il violinista e compositore, forte di un’esperienza con gli artisti più importanti del nostro tempo, ha scritto un nuovo brano per Roberto Bolle. Arrangiando la Passacaglia di Biber per violino, ha creato la musica al nuovissimo balletto Dorian Gray, coreografato da Massimiliano Volpini. Il violino di Quarta in alcuni momenti prende addirittura il sopravvento e il musicista divide il palcoscenico con il grande étoile, diventando anche parte integrante della coreografia.

A rendere ancora più suggestiva la serata hanno contribuito il lighting design di Valerio Tiberi e le riprese video di Franco Valtellina e Videoval. Musica, proiezioni e danza sono state stupendamente amalgamate in un viaggio emotivo che ha catalizzato il pubblico per quasi due ore, estasiandolo.

L’appuntamento di Bolle all’Arena di Verona è già confermato anche per 2019: una nuova magica serata attende il pubblico il 16 luglio 2019.

Annalisa Fortin

05/08/2018

Foto: 1. Roberto Bolle; 2.-5. Roberto Bolle We will rock you; 6. Misa Kuranaga, Timofej Andrijashenko, Taras Domitro, Il Corsaro di Marius Petipa; 7.- 19. Nicoletta Manni e Roberto Bolle, Caravaggio di Mauro Bigonzetti; 20.-24. Roberto Bolle, Nicola Del Freo, Gioacchino Starace, Canon in D Major di Jiři Bubeníček; 25.-27. Roberto Bolle e Timofej Andrijashenko, Proust, ou les Intermittences du Coeur di Roland Petit; 28. Roberto Bolle, Dorian Gray di Massimiliano Volpini; 29.-31. Roberto Bolle e Alessandro Quarta, Dorian Gray di Massimiliano Volpini; 32.-34. Roberto Bolle and Friends, saluti finali. Servizio fotografico di Andrej Uspenski, Arena Verona.

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