La recensione

Romaeuropa 2016. OCD LOVE di Sharon Eyal travolge il Teatro Argentina.

Grandi applausi al Teatro Argentina, il 27 e il 28 settembre 2016, per OCD LOVE, creazione della coreografa di origini israeliane Sharon Eyal in collaborazione con Gai Behar, curatore di eventi multidisciplinari e cofondatore, nel 2013, di L-E-V Dance Company (da ‘lev’, ‘cuore’ in ebraico). OCD LOVE, secondo spettacolo del Romaeuropa Festival 2016, porta in scena l’amore ossessivo compulsivo, tra inquietudini, liberazioni e nuove prigionie. Uno spettacolo seducente, attraversato da fotogrammi di poesia e cinismo, che rapisce lo spettatore. Ottima l’accoglienza del pubblico, assorto durante l’intera rappresentazione, in visibilio a fine spettacolo.

Dall’amore all’ossessione, dalla predilezione al disturbo, dalla quiete al tormento: un passaggio breve quanto un fascio di luce sottile che scaraventa senza preavviso negli abissi dell’incoscienza. OCD LOVE (da Obsessive Compulsive Disorder, titolo del brevissimo racconto di Neil Hilborn esploso in rete nel 2013) è l’amore che cura e nello stesso tempo debilita, che ricompone e poi distrugge, che alimenta e poi lascia morire. L’amore ossessivo compulsivo è il ritorno vendicativo di nevrosi accantonate per un solo attimo, nel torpore di un innamoramento inspiegabile in equilibrio incerto tra ragione, ansia, desiderio e senso di realtà.

La coreografa Sharon Eyal, per anni (dal 1990 al 2012) interprete di punta, autrice e direttrice artistica associata della compagnia simbolo della migliore danza contemporanea israeliana Batsheva Dance Company e poi fondatrice con Gai Behar di L-E-V Dance Company, aggancia al video cult di Hilborn l’ispirazione di OCD LOVE, in scena il 27 e il 28 settembre 2016 al Teatro Argentina per la 31° edizione di Romaeuropa Festival: uno spettacolo seducente e inquieto, attraversato da fotogrammi di poesia e cinismo, spudoratezza e candore, liberazione e caduta.

Il ticchettio inesorabile di un metronomo impazzito avvia il sottofondo ritmico di una danzatrice solitaria che si muove guardinga sul palcoscenico scuro, rinchiusa in un cono di luce dai claustrofobici confini. Contro il battito troppo veloce di un cuore randagio, la donna sembrerà eroicamente affrancarsi da se stessa, conquistando il centro della scena con le ampiezze e gli archi di un corpo battagliero. Pochi secondi di espansione a cui seguiranno improvvise curve e spasmi di contrizione, ben visibili nelle aderenze di un costume nero che dipinge i contorni di un’anima in guerra contro se stessa e il mondo.

La scena viene presto percorsa da nuovi abitanti, similmente segnati da specifiche e rappresentative gestualità, in una reiterazione ipnotica, eppure misurata, che sfiora l’esasperazione per poi negarsi nell’implosione del movimento. Sarà il gruppo dei sei danzatori a fornire chiavi di insperate riconciliazioni, tra sincronie casuali e desiderati sfioramenti, frammentati dai martellanti ritmi techno di una società che non perdona difetti di omologazione. Glutei e addomi sfacciati, tra le atmosfere fumose di un rave notturno, sembreranno per un attimo assopire coscienze e ragioni nell’esposizione di un’umanità caotica in fuga da se stessa.

Vedremo infine un gruppo apparentemente uniformato oscillare all’unisono sull’implacabile scansione ritmica iniziale, lentamente oscurato dal buio oltre il fascio di una luce solitaria. In un finale agghiacciante e meraviglioso, scorgeremo la giovane donna della prima scena, mimetizzata nel nero ondeggiare del gruppo, similmente accordata sulla comune nevrosi. Per un attimo sembrerà ribellarsi volgendo al pubblico uno sguardo di terrore; una richiesta d’aiuto inascoltata le cui intenzioni verranno presto riallineate dal gruppo. Della donna non conosceremo mai le sorti, inesorabilmente imprigionata da un sipario che ne inchioderà per sempre il destino.

L’ossessiva alternanza tra prigionia e liberazione cresce di intensità, nel corso dello spettacolo, parallelamente al volume di una musica inclemente che progressivamente ingigantisce, alle soglie dell’esplosione, un sentimento incontenibile di disordine e paura. Riconosciamo, tra le musiche e i suoni sapientemente accostati dal leader della techno music israeliana Ori Lichtik (autore del live set di OCD LOVE), un estratto dalla colonna sonora del film Shame (2011, regia di Steve McQueen), non a caso incentrato sulla spirale disastrosa della vita di un uomo solo (Michael Fassbender), imprigionato tra gli eccessi di una sessualità compulsiva e la programmatica rimozione di un’affettività ordinaria. Seppur lontani dalla tragica glacialità del film, i danzatori di Eyal sembrano trattenerne l’intimo tormento, separati dal mondo, scrupolosamente impegnati a dare ordine al proprio spazio, disperatamente soli nelle proprie inquietudini.

Spettacolo che non dà scampo agli occhi e alla mente, OCD LOVE travolge lo spettatore senza mai ricorrere ad esplosioni, ma grazie ad un magnetismo sottile che lentamente rapisce, soggioga, acquieta e poi di nuovo sconvolge. Merito di un movimento abilmente costruito, adagiato su mezze punte a diverse altezze che ben rappresentano la precarietà del senso di realtà e l’instabilità dei sentimenti dell’uomo. Merito di una danza che raggiunge culmini di leggerezza senza mai abbandonare il terreno, ma assaggiando e sospendendo la naturale vibrazione del suolo; merito di braccia e gambe che alternano spigoli ed estensioni, nel tentativo disperato e bellissimo di spiccare un volo che in scena non vedremo mai. E merito indubbiamente di sei interpreti straordinari (Gon Biran, Rebecca Hytting, Mariko Kakizaki, Leo Lerus, Darren Devaney, Keren Lurie Perdes) automi di un movimento interrotto e robotico e, immediatamente dopo, corpi urlanti di umana disperazione.

Ottima l’accoglienza del pubblico del Teatro Argentina, assorto durante l’intera rappresentazione e in evidente visibilio, a fine spettacolo, per L-E-V Dance Company, salutata da calorosi applausi e standing ovation. Pieno successo per la seconda serata di danza contemporanea di Ref 2016.

La recensione si riferisce alla rappresentazione di martedì 27 settembre 2016.

Lula Abicca

28/09/2016

Di seguito OCD (Obsessive Compulsive Disorder), video cult di Neil Hilborn che ispira lo spettacolo.

 

Foto: 1.-4. L – E – V Dance Company, OCD LOVE di Sharon Eyal e Gai Bahar, ph. Regina Brocke; 5. L – E – V Dance Company, OCD LOVE di Sharon Eyal e Gai Bahar, ph. Ron Kedmi.

La recensione si riferisce alla rappresentazione di martedì 27 settembre 2016.

Scrivi il tuo commento

Un Commento

  1. Deha09

    L’emozione sale da subito, da quando entri in teatro e nel foyer senti le voci, osservi le persone, ti perdi tra i marmi e i velluti. Poi quel sipario rosso che da lì a poco si alzerà e ti catapulterà in una nuova dimensione.
    Infatti le luci si abbassano, nella sala rimbomba un ticchettio, compulsivo, ritmato e inizia la danza. Dapprima un assolo femminile insieme grazia e potenza, poi in un crescendo di suoni, il palco prende vita con nuovi corpi e nuove forme che si muovono all’unisono con la musica. Sembra di vedere ballerini che come orchestrali dirigono e suonano la musica.
    Una musica composta dal vivo dal genio creativo di Ori Lichtik, che con la sapiente coreografia di Sharon Eyal e Gai Behar creano quadri perfetti di follia, dolcezza, passione, tenerezza. E’ la potenza dei corpi. La flessuosità dei movimenti da far sembrare ogni gesto spontaneo e naturale. E’ bravura. E’ tecnica precisa. In ciascun interprete puoi scoprire qualcosa, farti rapire dalle movenze. Il palco è nudo impreziosito solo da giochi di luci, eppure è così pieno e vivo.
    E’ facile comprendere la Eyal – 23 anni di esperienza in una delle compagnie più famose a livello internazionale – quando dice che vede nella musica e nella danza gli unici mezzi per cambiare il mondo. Io non so se realmente hanno questo potere, però è certo che hanno la capacità di emozionare, incantare e tenerti in tensione per quasi un’ora, per poi liberarti in uno scrosciante applauso finale. E’ quello che è successo ieri al teatro Argentina con OCD Love un regalo che il Romaeuropa Festival ci ha fatto mettendolo nella sua ricca programmazione.

    Al prossimo spettacolo e alla prossima avventura.
    Deborah D’Orta
    Danzaeffebi meets #REf16

    Set 29, 2016 @ 10:02:08

design THE CLOCKSMITHS . development DEHLIC . cookie policy