La recensione

Sold-out al San Carlo di Napoli per Lo Schiaccianoci anni Trenta di Charles Jude

Sold-out al Teatro di San Carlo Napoli per Lo Schiaccianoci nella versione fumettistica in stile anni '30 firmata da Charles Jude, direttore del Balletto Nazionale di Bordeaux. Il balletto utilizza il linguaggio classico ma con un mood contemporaneo non pienamente assimilato dal corpo di ballo che pecca di poca convinzione attoriale soprattutto nel primo atto. Poco feeling e pathos anche tra Ekaterina Oleynik e Alessandro Macario, coppia protagonista della prima il 29 dicembre. Grande energia e passione negli allievi della Scuola di ballo del San Carlo. Calorosa l’accoglienza del pubblico.

Come da tradizione al Teatro San Carlo di Napoli Lo Schiaccianoci, spettacolo di Natale per eccellenza ed intramontabile cult, è il titolo che apre la stagione di balletto 2016-2017. Il cuore del balletto narra del sogno che la giovane Marie Silberhaus (Clara Stahlbaum in alcune edizioni) vive la notte della vigilia di Natale, al termine dei festeggiamenti, quando tutti gli invitati ormai sono rientrati nelle loro dimore. Uno strano schiaccianoci a forma di soldatino, che la fanciulla ha ricevuto in dono dallo zio Drosselmeyer, prende vita allo scoccare della mezzanotte. Inizia così un’avventura incredibile fatta di battaglie contro il perfido Re dei topi e di viaggi in luoghi immaginari, simboli di paure e desideri.

Tra i più amati di sempre, questo balletto di due atti dalle atmosfere oniriche costruito sulle musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij e che debuttò nel 1892 a San Pietroburgo, ha sempre riscosso enorme successo fra i ballettomani partenopei. Basti considerare i sold-out delle rappresentazioni passate firmate da Derek Deane o da Luciano Cannito, ma anche alle geniali coreografie originali di Lev Ivanov su libretto di Marius Petipa riprese da Alessandra Panzavolta e da Lienz Chang.

L’edizione di quest’anno, scelta dal direttore del ballo dello stabile Giuseppe Picone, non è da meno visto il numero di prevendite registrate nelle ultime settimane unito al tutto esaurito in tutte recite. La versione coreografica proposta dal Corpo di ballo è quella firmata da Charles Jude, già étoile dell’ Opéra di Parigi ed attuale direttore del balletto del Grand Theatre di Bordeaux.

Il coreografo francese realizzò questa sua versione di Casse-noisette nel 1997 per la compagnia di Bordeaux, ispirandosi ai viaggi descritti nelle Avventure di Tintin, la serie di fumetti creata da Hergé nel 1929 e trasportando l’intera trama in un’ambientazione anni Trenta. E’ un lavoro classico ma di stampo contemporaneo che si distacca dai toni edulcorati d’ispirazione borghese propri del racconto di Alexandre Dumas utilizzato nella versione originale. Per mettere in risalto gli aspetti psicologici di Marie, Charles Jude si avvicina all’opera originale di Hoffmann, Lo Schiaccianoci e il re dei topi, senza però perdere gli aspetti favolistici del balletto.

L’ Ouverture è accompagnata da una scintillante videoproiezione a sipario chiuso che reca la scritta Schiaccianoci, preludio a quello che è lo stile scelto per la regia, appunto fumettistico e a tratti  hollywoodiano.

La scena si apre su un lungo buffet al centro di un salone bianco circondato da alte vetrate e da pochi elementi di arredo quali un pianoforte ed un piccolo albero di Natale, poco visibile e nascosto. Gli invitati, uomini in frac e donne che sfoggiano lunghi e fascianti abiti da sera color pastello pensati da Giusi Giustino, danzano fra un aperitivo e un altro ricordando il set di una pellicola in Technicolor. Intanto Marie, interpretata da Ekaterina Oleynik, solista dell’Estonian National Ballet, partecipa all’entusiasmo della serata giocando con le amiche e con il fratellino Fritz interpretato da Salvatore Manzo.

Nei panni dello zio Drosselmeyer, il primo ballerino Edmondo Tucci irrompe sulla scena con il suo spettacolo di bambole meccaniche: Colombina, interpretata da Sara Sancamillo, è una bambola credibile, precisa specialmente nella qualità dei movimenti; Michele Postiglione nel ruolo di Arlecchino non mostra altrettanta sicurezza tecnica peccando in diversi passaggi; Danilo Notaro è uno stupefacente Cosacco, spinto davvero da una carica a molle durante la sua variazione fatta di salti e numerose pirouettes.

Ricevuto in dono lo schiaccianoci, Marie si addormenta e la scena cambia. Sul fondale vengono proiettati in misura ingigantita le vetrate e l’albero di Natale che rivela così i suoi decori: raffigura L’albero della vita, opera del pittore austriaco Gustav Klimt.

Questa scelta scenografica forse rimarca l’intenzione di Charles Jude nel sottolineare il passaggio della giovane Marie ad una fase di crescita e maturità sessuale che accompagna la scoperta del suo primo amore, il principe/schiaccianoci.

L’albero svetta sul palcoscenico come una torre mentre iniziano i combattimenti fra il Re dei Topi (Massimo Sorrentino) col suo seguito di topini (i piccoli allievi della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo diretta da Stéphane Fournial) e i Soldatini di stagno capitanati da Alessandro Macario. Quest’ultimo è un Principe Schiaccinoci romantico e vigoroso al contempo che interviene nel duello per proteggere la protagonista.

Nonostante l’indubbia sincronia, tra il ballerino napoletano e la danzatrice russa non si legge quell’intesa, non si instaura quel feeling che consente allo spettatore di rimanere affascinato, e questa rigidità traspare a volte anche nei port de bras di Marie e nei momenti di passo a due.

Il primo atto si chiude con le tersicoree che danzano il famoso Walzer dei fiocchi di neve. Le ballerine escono dalle quinte con determinazione e solennità, danzando una coreografia semplice e lineare. La serietà della loro interpretazione urta con il loro costume caratterizzato da un caschetto bianco alla Louise Brooks indossato sul capo che ravviva le figure donando loro un tocco piccante. Interessante sarebbe stato assistere ad una ricerca del movimento più adatta al tema di fondo.

In linea generale il primo atto risulta poco curato dal punto di vista attoriale, se non fosse per i momenti che coinvolgono gli allievi della Scuola di ballo che sprizzano energia e passione da tutti i pori. Il corpo di ballo così come i tersicorei aggiunti non sembrano aver assimilato il mood coreografico immaginato da Jude e non sembrano aver lavorato sufficientemente per ottenere un’omogeneità nell’insieme, causa forse il poco tempo di prove avuto a disposizione.

Il secondo atto si presenta per alcuni versi migliore anche se ci si sarebbe aspettato un quadro diverso dell’allegro Divertissement.

Alleggerite dalla scenografia del Paese dei dolciumi, le danze da tutto il mondo nell’idea di Jude si svolgono nelle cornice di un belvedere che affaccia sul mondo, dal quale Marie (che diventa Fata Confetto) può scrutare gli aspetti più curiosi della realtà.

Accattivante e dinamico il passo a due della danza spagnola in cui Candida Sorrentino ritrova in Stanislao Capissi un perfetto partner elegante e grintoso.

La danza araba che dovrebbe essere un elogio alla sensualità femminile su movenze orientali, si rivela un passo a due piuttosto debole che permette a Luisa Ieluzzi di risplendere nel suo abito dorato, apprezzandone la perfezione nelle linee delle gambe e la perfetta silhouette. Ertugrel Gjoni spicca sopratutto come sicuro porteur e per presenza scenica.

La coreografia della danza cinese non entusiasma se non fosse per il gioco di nastro eseguito da una sorridente Sara Sancamillo affiancata da Francesco Lorusso.

La danza russa è un trio di cosacchi formato da Michele Postiglione, Danilo Notaro e Pasquale Giacometti che saltano e roteano senza sosta pur essendo poco presenti nel loro ruolo.

Il Pas de trois  Mirlitons è un pezzo molto aggraziato, che rimanda ad arie barocche grazie alle eleganti linee di Salvatore Manzo che accompagna Vincenza Milazzo e Martina Affaticato, delicate e lunghe nelle braccia come nelle grandi pose.

Nel grand pas de deux finale (rimasto per lo più invariato rispetto alle coreografie di repertorio) si confermano le impressioni su citate riguardo la coppia Macario/Oleynik: manca l’intesa, il giusto scambio di sguardi ed una delle parti più poetiche del balletto appare come una mera performance tecnicamente corretta e ben eseguita.

La chiusura con il celebre Walzer dei fiori non dispiace ed il corpo di ballo si mostra più a suo agio anche se talvolta l’eccitazione della danza spezza le file e gli spostamenti d’insieme.

La versione di Charles Jude richiedeva sicuramente una maggiore preparazione del corpo di ballo, un lavoro più attento alla versatilità interpretativa e stilistica dei danzatori per raggiungere alti livelli di resa. Un numero maggiore di elementi avrebbe poi favorito alcuni disegni coreografici, semplici ma validi, anche se discutibile è il gusto coreografico di diverse scene come ad esempio l’improbabile danza dei pipistrelli ad inizio del secondo atto.

Questa versione di Schiaccianoci può piacere o meno, ma Jude è arrivato al San Carlo per cercare di offrire al suo pubblico una nuova produzione, qualcosa di personale. Lo spettacolo nasce  in uno dei più importanti teatri d’Europa, ed è stato accolto e riadattato per un ensemble giovane che solo recentemente si sta affacciando a differenti stili coreutici.

Buona nel complesso l’accoglienza da parte del pubblico del Teatro San Carlo che ha salutato con calore Charles Jude e i danzatori al termine della recita del 29 dicembre.

Andrea Arionte

04/01/2017

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