La recensione

Tutto il mondo di Giuliano Peparini ne Lo Schiaccianoci del Teatro dell’Opera

È in scena al Teatro dell’Opera di Roma Lo Schiaccianoci di Giuliano Peparini su musica di P.I. Ciaikovskij, nuova versione coreografica della più famosa delle favole natalizie. La produzione inaugura la programmazione di balletto della neodirettrice Eleonora Abbagnato che apre la stagione con la nomina a prima ballerina di Rebecca Bianchi, interprete di Marie nella coreografia di Peparini. L’autore conferma le proprie peculiarità stilistiche ed estetiche caratterizzate da visioni spettacolari e leggerezza espressiva. Buona la prova del corpo di ballo e calorosa l’accoglienza del pubblico del Teatro dell’Opera.

Sui palcoscenici natalizi del mondo, l’antica favola di Schiaccianoci continua puntualmente ad incantare gli spettatori moderni. Notte di imprese per una giovane sognatrice e luogo di mezzo tra realtà e fantasia, la storia del soldatino giocattolo cattura pensiero ed immaginazione ispirando da sempre rivisitazioni coreografiche e ribaltamenti drammaturgici.

Dal felice debutto al Mariinsky nel 1892, il balletto della coppia d’oro Marius Petipa e Pëtr Il’ič Ciaikovskij (a cui si aggiunse Lev Ivanov per l’improvvisa indisposizione di Petipa) ha mutato nel tempo forma e colore rendendosi alternatamente oscuro e sinistro, onirico e zuccheroso, psicoanalitico e perturbante. Dopo le prime tradizionali versioni sostanzialmente fedeli alla trama ideata da Petipa, tratta dal racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1816), alleggerita negli aspetti più grigi dalla riscrittura di Alexandre Dumas padre (1844), autori di ogni derivazione culturale e stilistica hanno viaggiato tra i risvolti irrisolti dei protagonisti e giocato sulle immagini più fantasiose del racconto: memorabile la versione di Rudolf Nureyev (1967), rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta tra i turbamenti e le pulsioni di una giovane in crescita, o l’intimo viaggio tra i ricordi d’infanzia di Maurice Béjart (1998), oppure ancora, il musical  sul ghiaccio nella spumeggiante visione di Matthew Bourne (2002). Lo stesso Teatro dell’Opera di Roma ha presentato negli anni Schiaccianoci in versioni tradizionali (coreografie di Zarko Prebil negli anni Settanta e Ottanta in alternanza a quelle di Jurij Grigorovic e Vassili Vainonen ancor oggi in repertorio in Russia) e tagli d’avanguardia (pensiamo ai lavori degli anni Novanta di Fabrizio Monteverde e di Amedeo Amodio; quest’ultima versione è stata riproposta con grande successo anche un anno fa).

Quest’anno, in concomitanza con la ristrutturazione del Corpo di ballo romano ad opera della neodirettrice ed étoile Eleonora Abbagnato, il pubblico della capitale ha accolto l’evento natalizio con partecipazione straordinaria, testimoniata dall’ampia affluenza in teatro e dalla diffusa attenzione dei media. Già vincitrice di piccole battaglie nella riorganizzazione della compagnia, Abbagnato ha aperto le danze di Natale con una doppia novità: la scelta dell’ex collega degli anni marsigliesi Giuliano Peparini per la nuova coreografia de Lo Schiaccianoci e la nomina a prima ballerina dell’ancora poco nota Rebecca Bianchi, protagonista della prima dello scorso 20 dicembre 2015. Scelte per alcuni opinabili, ma indiscutibilmente coraggiose, che incalzano le tendenze di gusto delle nuove generazioni e che nello stesso tempo esaltano le capacità di giovani artisti italiani di talento.

Il pregiudizio che investe gli artisti teatrali prestati allo show televisivo potrebbe nel caso di Giuliano Peparini fraintenderne gli esiti coreografici, ispirati in questa prova creativa più dalle esperienze con Roland Petit e dalle commedie francesi che dalle mastodontiche produzioni di Las Vegas e Macao, in cui pure dimostra non comuni doti immaginifiche. Comunque si decida di classificarne il percorso, Peparini possiede una propria peculiarità stilistica ed estetica che si rivela nelle intenzioni spettacolari dell’invenzione e in un desiderio fanciullesco (ma non puerile) di stupore che non scivola tuttavia nel clownesco né tanto meno nell’irriverente, restando per lo più su un piano di rappresentazione verosimilmente giocoso, leggibile, onesto, senza troppi intellettualismi. Se non scompare nei risultati, la rielaborazione incontra, nella memoria di Peparini, le tracce di una visione leggera ma realistica, per nulla votata al magico, ma piuttosto all’esternazione di una grandiosità che appartiene a tutti e che si esprime in un’immaginazione agente, fattibile e visibile nelle migliori opere dell’uomo e dell’arte.

Peparini scioglie l’enigma del doppio scenario (reale e sognato) di Schiaccianoci mantenendo l’intera vicenda all’interno di casa Stahlbaum, con il risultato di non provocare un divario spaziale e dunque ontologico tra i due mondi di Marie, lasciando intendere la comune origine nell’immaginario della giovane protagonista. Fedele al dichiarato intento di creare uno spettacolo “per adolescenti”, il coreografo adatta la trama fantasiosa allo spettatore contemporaneo, già avvezzo all’incredibile e meno incline a lasciarsi rapire dal viaggio nel Paese dei Dolci. Piuttosto, lascia che i personaggi mantengano una propria credibilità e linearità, pur tra coloratissime vivacità nei costumi ed entusiasmanti sorprese nelle scenografie.

La Marie di Peparini non è una bambina dai facili entusiasmi che si addormenta con uno schiaccianoci di legno e si risveglia donna innamorata di un giovane principe; Marie è sin dall’inizio una ragazzina al confine con l’età adulta il cui primo inconscio fremito scatena la rivelazione di una maturità imminente. Assisteremo non tanto alla sua improvvisa e tormentata trasformazione in donna, quanto ad una progressiva, silenziosa presa di coscienza che ne riequilibrerà le relazioni con il mondo adulto. In un quadro d’epoca indefinita, ma di chiara ambientazione alto borghese, lo stesso Drosselmeyer perde i tratti dell’anziano ed inquietante orologiaio di Hoffmann e, in linea con il mito contemporaneo di bellezza e ricchezza, diventa fascinoso uomo d’affari e guida spirituale nel percorso di crescita sentimentale e sociale di Marie. Trovate ben congegnate che lascerebbero presuppore uno sforzo drammaturgico interessante ma che, nell’arco della messinscena, restano tuttavia appena accennate sotto una superficie festosa d’appeal più immediato. Pur rispettando la cautela di Giuliano Peparini, avremmo probabilmente gradito maggiore intraprendenza nella rilettura, in accordo del resto con il frizzante guizzo creativo estetico e con l’abbondante vocabolario coreografico di cui l’autore non sembra mancare.

Resta fanciullo impertinente, il pestifero fratello di Marie, François, qui persino doppiamente discolo grazie ad un compagno di scherzi ospite di casa Stahlbaum. Personaggio inventato da Peparini, il piccolo bad boy sarà specchio del disagio di Fronçois e capo di una banda di disturbatori durante il sogno di Marie nella scena che richiama la ben nota “battaglia dei topi”; l’espediente consente al coreografo di alleggerire l’ambiguità di François proiettandola su estranei rappresentanti del bullismo giovanile moderno (dei quali però resterà ignoto il destino). Un altro richiamo all’oggi lo ritroviamo nella breve apparizione delle domestiche di casa Stahlbaum, immagini di sfruttamento contemporaneo che tuttavia poco contribuiscono all’esito della vicenda e nemmeno consentono la parentesi di riflessione a cui probabilmente mirano visto lo sfarzo esibito nell’intera narrazione.

Il secondo atto è divertissement in piena regola che porta in scena le danze del mondo rivisitate con ironia e con un tocco di originalità: si ribaltano i ruoli nella danza spagnola con donne in abiti da torero e uomini elegantemente in gonna; nella danza araba, una donna velata richiama scenari d’oriente contemporaneo; la pastorale è un gioco a quattro su un divano settecentesco in cui contatti casuali e sfuggenti finiscono per generare situazioni di esilarante imbarazzo; divertente la danza dei maggiordomi con i carrelli di dolciumi, intermezzo comico nel nuovo sognante scenario. Nel finale, Marie riconoscerà il valoroso Principe Schiaccianoci dei sogni nel timido nipote di Drosselmeyer: dolce risoluzione di un viaggio immaginato e risveglio consapevole nell’età adulta.

Lo stile di Giuliano Peparini alterna richiami alla tecnica classica, alla danza contemporanea, all’hip hop, alla street dance e alla commedia musicale, riuscendo nell’impresa di conservare una buona omogeneità di insieme, non sovraccaricando la trama coreografica e rispettando andamento e colori delle note di Ciaikovskij. Notevoli i due grandi valzer (Valzer dei fiocchi di neve, primo atto, e Valzer dei fiori, secondo atto), movimenti d’insieme musicali ed evoluzioni strutturate che rivelano un corpo di ballo in grande forma. Bello il pas de deux finale di Marie e Principe Schiaccianoci: rivisitazione dell’originale, ne conserva sostanzialmente accenti e struttura, esaltando la tecnica degli interpreti che qui si abbandonano ai virtuosismi più tipici ed esaltanti del repertorio classico.

Merita attenzione la neo prima ballerina Rebecca Bianchi, qui sicura in un ruolo a lei congeniale che ne rivela non solo l’eccellente preparazione accademica (ottime punte, épaulement, aplomb, rapidità e precisione nei piccoli passaggi nella variazione finale), ma anche la modernità di linee muscolarmente affusolate e la predisposizione ad un movimento fluido e contemporaneo. Giovane ma tecnicamente matura, la attendiamo con grande interesse in nuove prove interpretative che ne evidenzino il talento e la personalità. Ottima l’esibizione di Michele Satriano nel ruolo del nipote di Drosselmeyer (e dunque protagonista dei passi a due principali del balletto): bellezza regale e pulizia tecnica ne fanno un perfetto principe dai tratti apollinei la cui idealità è alleggerita da accenni di romantica discrezione e languida presenza scenica; partner sicuro della Bianchi nei pas de deux, tecnica elegante e puntuale degli assoli.

Da segnalare anche Alessio Rezza, tecnica vivace e frizzante interpretazione nel ruolo di Drosselmeyer. Dal virtuosismo sicuro e ben calati nei ruoli anche Marco Marangio nel ruolo di François e Antonello Mastrangelo in quello di Re dei Topi-Bad Boy. Nelle danze del secondo atto emergono Yuri Mastrangeli e Giuseppe Depalo in coppia nella danza cinese, e Annalisa Cianci solista nella danza araba. Buona l’esecuzione del corpo di ballo e ben riuscita la prova dei giovani allievi della Scuola di danza diretta da Laura Comi. Grande stile nei costumi di Frédéric Olivier ed estrema efficacia e funzionalità (del resto caratteristica di Peparini) nelle scenografie di Lucia D’Angelo e Cristina Querzola potenziate dalla sapiente video-grafica del francese Gilles Papain.

Molto buona l’accoglienza del pubblico del Teatro dell’Opera, silenziosamente coinvolto durante la rappresentazione e decisamente caloroso negli applausi finali.

Lula Abicca

27/12/2015

La recensione si riferisce alla replica del 23 dicembre 2015. Lo spettacolo è in scena fino a venerdì 8 gennaio 2016.

Foto: Schiaccianoci di Giuliano Peparini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma

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