La recensione

Teatro musicale contemporaneo al Teatro dell’Opera di Roma: ed è subito Fast Forward Festival.

La Passion selon Sade di Sylvano Bussotti, le diavolerie del percussionista Jean-Pierre Drouet, il racconto musicale 3D di Michel van der Aa. La presenza di giovani maestri provenienti dal Conservatorio, dall’Accademia di Santa Cecilia e dal progetto Fabbrica Young Artist Program. Di seguito la prima parte del resoconto delle performance musicali contemporanee del Fast Forward Festival, opere costruite con codici svariati, tra musica e tecnologia, un investimento culturale del Teatro dell’Opera organizzato dal direttore artistico Giorgio Battistelli in collaborazione con diverse istituzioni culturali romane.

Iniziato il 27 maggio 2016, il Fast Forward Festival si conclude il 9 giugno. Si tratta di un investimento culturale che il Teatro dell’Opera di Roma ha fatto per promuovere forme di teatro musicale contemporaneo, dando uno spazio alle espressioni del tempo che viviamo. Al Fast Forward Festival si succedono forme espressive che coinvolgono totalmente gli esecutori, veri performer tra film 3D, installazioni sonore, musiche elettroniche, uso della voce, del corpo e degli strumenti. Viva multimedialità e multiespressività! La direzione artistica di Giorgio Battistelli sigla la collaborazione tra istituzione culturali romane: Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Fondazione Musica per Roma, Accademia di Francia Villa Medici, Teatro di Roma.  Quanto è importante pianificare in rete, intesa come condivisione di percorsi artistici e di budget.

E se si percorrono le varie giornate si vede un disegno che, per la prima edizione di FFF, mostra una panoramica anche storica.  Cos’è infatti la “Musica Contemporanea”? Quanti stili e quanti generi sono contenuti in questa definizione? Vedere dunque La Passion selon Sade di Sylvano Bussotti andata in scena il 28 maggio 2016 all’Auditorium Parco della Musica, è un omaggio ai tanti volti della musica per teatro degli ultimi decenni. Certo, sembra di assistere a qualcosa di già visto, da guardare con interesse ma anche con tenerezza. Come quando ricordiamo i tempi delle spalline esagerate delle giacche o i piatti inesorabilmente popolati dalla rucola. Nel 1965, anno di composizione, l’opera aveva un senso trasgressivo, rompeva gli schemi, il melodramma classicamente inteso. Oggi si sente meno questa lacerazione. La Passion selon Sade di Sylvano Bussotti, presente in sala durante la performance, è un racconto ispirato a due personaggi femminili del Marchese de Sade: Justine e Juliette, una morigerata e l’altra depravata, interpretate da una sola cantante che si sdoppia.  La parte che fu della immensa Cathy Berberian si abbina bene alla personalità e alla voce di Alda Caiello, che affronta passaggi repentini acuto/grave, assonanze, effetti con svariate impostazioni di canto e di parlato.

La formazione Ensemble Novecento accompagna suonando, spostandosi, sistemando il palco a seconda dell’azione scenica, con la direzione di Marcello Panni. Si tratta di un gruppo di musicisti provenienti dai corsi di perfezionamento dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

E non è l’unica collaborazione che include giovani artisti. Questo coinvolgimento riguarda anche il progetto Fabbrica Young Artist Program: la regia di Luca Barbagna, i costumi di Anna Maria Ruocco, le scene di Giada Abiendi e le luci di Silvia Crocchianti e Marco Alba provengono da una sperimentazione del Teatro dell’Opera di Roma. Al Teatro Costanzi hanno infatti seguito un programma di training on the job riservato a giovani provenienti dal Conservatorio o dall’Accademia per fare esperienza nella produzione dell’opera lirica: dal regista al cantante, dal compositore al librettista, scenografi, costumisti, lighting designer. In pratica i giovani lavorano, collaborano con artisti di passaggio, fanno lezioni, ma soprattutto fanno esperienza. E senza limiti d’età, giustamente, visto che l’Italia non è un paese per giovani e, in quanto ad artisti, nemmeno per vecchi.

Incontro interessantissimo quello con il percussionista Jean-Pierre Drouet, autore di Vie de famille il 29 maggio 2016 e protagonista di un One Man Show il 3 giugno 2016, in coproduzione con il Teatro di Roma. Il primo incontro è una forma di teatro strumentale, una rassegna di brani suonati e recitati in formazioni variabili dall’Ensemble Aleph. Oggetti che rimandano alla vita familiare compongono un collage a tratti inquietante ma spesso divertente, risultato della collaborazione tra musicisti. È uno spettacolo curato, ci sono le giuste luci e i delicati passaggi scenici di Louis Clément che mostrano uno o più interpreti: la voce di Monica Jordan, il clarinetto di Dominique Clément, il violoncello di Christophe Roy, l’accordéon di Anthony Millet, il pianoforte di Sylvie Drouin, le percussioni di Jean-Charles François.

Il secondo spettacolo del 3 giugno vede da solo Drouet. Alterna musiche da Kagel, Glokobar, Rzewsky, Alafrez, Apergis. Il percussionista introduce i brani divertendo e divertendosi, mostrando i valori extramusicali di un oggetto o, meglio, l’espressività di un qualcosa che è potenzialmente suono. Su un manufatto artigianale si basa Il libro celibe del direttore artistico di FFF, Giorgio Battistelli: una composizione pensata per un contenitore di pagine e diavolerie che si sfogliano come un libro e si suonano in maniera diversa (percosse, soffiate, strappate, sbattute tra loro, agitate).

Estremamente interessante Blank out ideato e diretto dall’artista multimediale Michel van der Aa con la drammaturgia di Sophie Motley, visto il 31 maggio 2016.  Apparentemente è la storia di una donna che racconta l’annegamento del piccolo figlio. Invece a un certo punto ci si rende conto che si tratta dei ricordi del figlio adulto mentre immagina la madre che è annegata. Sembrerebbe un meccanismo narrativo come un altro. Eppure in scena vediamo il soprano Miah Persson che interagisce con una miniatura della casa, ripresa e riprodotta su uno schermo, alternata a immagini video 3D da fruire con gli appositi occhialini. Il bello è che la cantante si esprime dialogicamente e in polifonia con il baritono Roderick Williams presente solo nel video e in sovrapposizione con cloni del soprano, affidati alle voci del Netherlands Kammerkoor. In coproduzione con Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con Accademia Nazionale di Santa Cecilia e con il sostegno dell’Ambasciata di Olanda a Roma, il racconto musicale è efficacissimo grazie alla combinazione di recitazione, musica elettronica, tecnologie video. La musica si basa su linee melodiche che si ripetono in loop e si incastrano. Ispirato alla poetessa sudafricana Ingrid Jonker, la narrazione è dunque un mix di realtà, immaginazione, ricostruzione, perfettamente in linea con le scelte musicali e performative.

In questa prima parte del resoconto, non possono mancare le suggestioni della mia playlist. Guardate e ascoltate qui per farvi un’idea cliccando QUI.

Con Fast Forward Festival il Teatro dell’Opera di Roma ci regala opere costruite con codici svariati, con una panoramica di linguaggi musicali in contesti multiespressivi, con l’uso delle tecnologie, con il superamento dell’interprete mono-specialista. Mentre aspettiamo di incontrarci anche sulle piazze dei social network per commentare e stimolarci a vicenda, cerchiamo di affollare le sale.

Ippolita Papale

@salottopapale

Foto: 1. Alda Caiello ne La Passion selon Sade di Sylvano Bussotti; 2. -3. La Passion selon Sade di Sylvano Bussotti, ph. Musacchio & Ianniello; 4. Jean-Pierre Drouet, ph. Jacky Joannes; 5. Miah Persson (soprano) e, nel film, Roderick Williams (baritono) in Blank Out, ideazione e regia Michel van der Aa; 6.-7.  Miah Persson e Roderick Williams in Blank Out, ideazione e regia Michel van der ph. Marco Borggreve.

 

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