La recensione

Trionfo per Manon di Kenneth MacMillan al Teatro dell’Opera di Roma

Lacrime di commozione e infiniti applausi, hanno salutato il debutto al Teatro dell’Opera di Roma di Manon di Kenneth MacMillan. Travolgente l’interpretazione dell’étoile e direttrice Eleonora Abbagnato nei panni della protagonista, accanto alle stelle Friedemann Vogel, meraviglioso Cavaliere Des Grieux, e Benjamin Pech, magistrale nel ruolo di Monsieur G.M. Ottima prova per Giacomo Castellana, nominato ieri solista, interprete del personaggio di Lescaut accanto all’étoile Alessandra Amato in quello dell’Amante. Lo storico titolo di MacMillan, salutato alla prima da vere ovazioni, rivela un corpo di ballo maturo e all’altezza della sfida tecnica ed interpretativa. Merito anche dell’estrema cura nel più piccolo dettaglio, garantita dalla presenza eccellente dei ripetitori Patricia Ruanne e Karl Burnett, e dalla direzione d’Orchestra del maestro Martin Yates.

Grande, grandissimo successo, venerdì 25 maggio 2018, per la Prima di Manon al Teatro Costanzi di Roma: il celebre balletto di Kenneth MacMillan su musiche di Jules Massenet, creato nel 1974 per il Royal Ballet di Londra, è andato in scena per la prima volta al Teatro dell’Opera di Roma e ha trovato ad accoglierlo un pubblico eccezionalmente numeroso. Ennesima mossa vincente della direttrice del corpo di ballo Eleonora Abbagnato che, dopo un grandioso inizio di stagione alla presenza di Mikhail Baryshnikov non poteva scegliere finale migliore per la chiusura “primaverile” del cartellone.

Le aspettative erano prevedibilmente alte, non solo per la lunga attesa dello storico titolo nella capitale, ma anche per le eccellenze in campo: era stata annunciata da tempo la presenza della stessa Eleonora Abbagnato (che, ricordiamolo, è étoile del Ballet de l’Opéra de Paris oltre che direttrice del ballo capitolino) nel ruolo della protagonista Manon, accanto alle stelle internazionali Friedemann Vogel nei panni del Cavaliere Des Grieux e Benjamin Pech, già étoile dell’Opéra de Paris e assistente alla direzione del ballo al Teatro dell’Opera di Roma qui nel ruolo di Monsieur Guillot de Morfontaine. Artisti straordinari, in grado di portare in scena la fortuna e la drammatica caduta dei personaggi di Antoine François Prévost e di quell’Histoire du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut (1731), che tanto scandalizzò i lettori dell’epoca.

Trionfo annunciato e pienamente compiuto, dunque, per la prima Manon dell’Opera di Roma, segnata dalla travolgente interpretazione di Eleonora Abbagnato, meravigliosa protagonista di un racconto appassionato e struggente. Personaggio complesso, Manon rappresenta un’autentica sfida, ancor più nello storico balletto di Kenneth MacMillan, che fa della donna il centro e il principio di un’incontrollabile catena di eventi: causa inconsapevole di irresistibili impulsi, la fanciulla si consegnerà alle lusinghe del lusso, cadendo vittima del suo stesso desiderio di vita e di un mondo che non perdona. Il suo destino si rivela in tre atti e sette quadri, oltre le luci di quei diamanti ingannatori che la legano, per i polsi e il collo, all’apparenza di una vita “desiderabile”. Imprigionata tra le alternative atroci di “donna in vendita” o “reietta”, tenterà di sfuggire alla povertà andando inesorabilmente incontro alla miseria umana e pagando il prezzo di una bruciata giovinezza.

Il primo atto di MacMillan si apre sul cortile di un’affollata Parigi prerivoluzionaria; le scene di Nicholas Georgiadis (storico collaboratore del coreografo) drappeggiano in color ruggine il fondale e inquadrano una società lacerata, in cui nobili e miserabili convivono tra tensioni e soprusi. Nel mezzo, uomini e donne che vivono alla giornata: mendicanti, ladruncoli, cortigiane, e il giovane Lescaut, affamato più di vita che di denaro, ostinato a ribaltare la propria sorte e a trovare la più proficua “sistemazione” per la bella sorella Manon. Personaggio chiave del racconto, Lescaut è stato interpretato alla prima del Teatro dell’Opera di Roma da Giacomo Castellana, eccellente danzatore (nominato proprio ieri, 28 maggio 2018, solista del corpo di ballo), da noi più volte segnalato nelle recenti stagioni: eccezionalmente versatile dal punto di vista stilistico (da ricordare, in particolare, l’ottima esibizione in Walking Mad di Johan Inger e lo straordinario passaggio in Cacti di Alexander Ekman nella scorsa stagione), Castellana gode di riconoscibile espressività scenica unita a tecnica solida e pulita, e di una caratteristica morbidezza di movimento che gli conferisce tratti di assoluta unicità. Lo troviamo molto bravo, in questo caso, nel gestire il personaggio di Lescaut attraverso il doppio registro di opportunismo e necessità, macchinazione e nichilismo, in una curva d’azione audace e sfortunata, che lo vedrà vittima della sua stessa voracità di vita.

Quando entra in scena nel primo quadro, Manon è vestita d’azzurro, fanciulla chiara e innocente, deliziosa nella sua quasi inconsapevole femminilità, civettuola il giusto, ma già preda di sguardi rapaci e del desiderio altrui. Negli attimi in cui il suo destino viene venduto dal fratello Lescaut al “miglior offerente”, ossia a Monsieur G.M., il suo cuore incontra quello del giovane Des Grieux: meraviglioso nel primo assolo, Friedemann Vogel è qui interprete straordinario, ballerino dalla tecnica cristallina e dal gesto elegante, poeta innamorato capace di sospendere il tempo in pose dal perfetto aplomb e di volteggiare con vellutato slancio. Lo troviamo magistrale nel ruolo di Des Grieux, armato d’amore puro e incorruttibile, pronto a rinunciare a tutto pur di abbracciare e proteggere Manon. E sono splendidi, Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel, nei pas de deux del primo atto: al primo incontro, lui solleva l’esile e dorata fanciulla, che danza nell’aria a dispetto delle bassezze del mondo, immaginando nuove strade per una vita già scritta; nel secondo quadro, nella camera da letto di Des Grieux, il segno di MacMillan esplode in contatti d’amore furioso e irresistibile, con slanci che raccontano l’incontro appassionato di corpi giovani brucianti di vita e che si intendono con uno sguardo.

Ma è proprio all’apice dell’esperienza amorosa, che vediamo crollare il sogno romantico del cavaliere Des Grieux: circuita dal fratello Lescaut, Manon abbandona il giovane amante per consegnarsi al ricco Monsieur G.M. Geniale il pas de trois con cui MacMillan rappresenta la manovra di suggestione della giovane, un complicato intreccio che la incatena progressivamente alle lusinghe del denaro e del potere. Ottimi gli interpreti: Lescaut, insinuante e falsamente rassicurante; Monsieur G.M., sicuro del suo ruolo e del potere di corruzione conferito dallo sfavillio di abiti e gioielli, annusa e caccia con altera lascività la sua preda; Manon che ad ogni dono perde candore trasformandosi in glaciale cortigiana.

Gli amanti si incontrano di nuovo nel secondo atto, alla festa di Madame tra cortigiane e cavalieri: carceriera inclemente del proprio cuore, Manon vive ormai nel lusso e ha imparato a domare gli istinti degli uomini che la circondano. Lescaut, ubriaco, dà spettacolo con la sua amante: nuovamente bravo Giacomo Castellana, qui in coppia con l’inappuntabile Alessandra Amato, étoile dell’Opera di Roma, in un pas de deux di non facile esecuzione, che sotto il velo dell’ironia nasconde lo stato di profonda afflizione dell’uomo (abilissimi gli interpreti nel non scivolare nella parodia restando ancorati alla drammaticità degli eventi imminenti).

In  questo quadro, troviamo una delle scene più intense e memorabili del balletto: restia ad accogliere nuovamente l’amore di Des Grieux, Manon tenta inizialmente di sfuggirgli e di ignorarne le preghiere; sarà infine uno sguardo tra i due protagonisti, lunghissimo e denso di significato, a sciogliere ogni incertezza. Attimi di coinvolgimento irripetibili con due interpreti, Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel, di assoluta grandezza che onorano il genio di Kenneth MacMillan.

La situazione tuttavia precipita: convinto da Manon, Des Grieux bara al tavolo da gioco con Monsieur G.M.; smascherato, combatte e poi fugge portando via l’amata dalla vermiglia casa del lusso. Poi ancora un pas de deux, questa volta disperato e inquieto, nell’illusione di una felicità possibile. I progetti svaniscono in un attimo, quando Monsieur G.M. scova e arresta gli amanti, tristemente testimoni, nel disordine, dell’uccisione di Lescaut. Straordinario qui Benjamin Pech nella gestione di un personaggio inflessibilmente crudele, padrone di un mondo miserabile dal piedistallo di una nobiltà intoccabile e altera.

Il terzo atto si apre sul porto di New Orleans, dove si affollano reietti e criminali: uomini e donne colpevoli di povertà e sfortuna, rifiutati dalla buona società parigina. Manon è tra le prostitute deportate dalla Francia, ragazze dagli abiti consunti, private di gioventù e bellezza. Ancora una volta, Manon è vittima delle attenzioni di un uomo, il carceriere dell’insediamento penale, di nuovo “in vendita”, di nuovo sola, in una perenne prigionia che qui non è più finta ricchezza ma reale miseria condita da violenza.

Infine un’ultima fuga, quella dello straziante addio. Des Grieux uccide il carceriere e vaga con Manon tra le paludi della Louisiana; consumata da una vita troppo breve, Manon muore di stenti tra le visioni deliranti di un passato di scelte, errori e cadute. Accanto a lei, Des Grieux, legato al suo abbraccio fino all’ultimo respiro. In questo ultimo passo a due, di struggente bellezza, Eleonora Abbagnato ci regala un’interpretazione memorabile, di quelle da custodire gelosamente nel cuore. Non è più interprete. E’ lei stessa Manon, donna che con le ultime forze corre e si lancia nelle braccia dell’amato. Ogni sua corsa febbricitante, ogni suo gesto di abbandono, ci rigano il volto di lacrime di commozione. Dire che questa sua interpretazione è stata magistrale è dire poco. Eleonora Abbagnato ha regalato al pubblico romano una delle sue migliori interpretazioni dispiegando le ali di quel suo enorme talento che l’ha resa celebre sulla scena internazionale. Una Manon esemplare, quella dell’étoile parigina, in grado di rappresentare tutte le sfumature di una personalità contraddittoria e incostante. Una Manon-fanciulla bellissima, con il volto angelico e leggiadra, che si trasforma in amante appassionata, in una donna seducente e sfuggente, peccatrice e vittima di un gioco fallace.

Resta immutato il fascino della grande creazione di Kenneth MacMillan. Figlio di una guerra mondiale e della grande crisi del 1929, MacMillan fu un artista deciso a portare in scena il disincanto della sua generazione: le contraddizioni della vita, della società, della psiche. Pur fedele ai codici accademici, fu artefice di una vera rivoluzione: ogni gesto nasceva e si ripeteva in funzione della maturazione psicologica e sentimentale dei personaggi, via via definiti e centrati nelle loro inquietudini e debolezze; scompariva la fissità del corpo di ballo intorno ai protagonisti e la scena si affollava di personaggi, non più spettatori passivi, ma attori di una vicenda collettiva. I baci, le schiene arcuate, la testa all’indietro, le scivolate in lunghi abbracci nei pas de deux erano l’immagine di una sensualità vivida, attimi di un vissuto reale fatto di corpo e respiro, fremiti ed eccitazione.

Lode dunque al Teatro dell’Opera di Roma per l’acquisizione di questo grandissimo titolo del balletto mondiale, onorato da protagonisti d’eccezione e da un corpo di ballo sempre più convincente, all’altezza di un’impresa non semplice. Siamo del resto convinti che il successo di questa prima Manon romana sia da attribuire, oltre che all’intelligente scelta del titolo e degli interpreti, anche all’estrema cura nell’intera operazione: ci riferiamo alla presenza eccellente dei ripetitori Patricia Ruanne e Karl Burnett, nonché alla direzione d’Orchestra del maestro Martin Yates (al quale si deve, tra l’altro, la riorchestrazione delle musiche di Manon per la ripresa del 2011 al Royal Ballet di Londra). Un riconoscimento di merito che estendiamo all’intera programmazione 2017/2018, caratterizzata da un prezioso ampliamento del repertorio (pensiamo al nuovo allestimento del Don Chisciotte, con coreografie di Laurent Hilaire dalla versione di Mikhail Baryshnikov, e alla recente acquisizione dei tre grandi titoli Petite Mort di Jiří Kylián, Walking Mad di Johan Inger e Artifact Suite di William Forsythe) e da una visibile crescita del corpo di ballo, non più solo in “promettente ascesa”, ma di fatto maturato e in grado di affrontare ulteriori sfide tecniche ed interpretative.

Segnaliamo, tra gli altri, Damiano Mongelli per l’efficace interpretazione del ruolo del carceriere, i gentiluomini Loick Pireaux, Giovanni Castelli e Domenico Gibaldo, puntuali danzatori del corpo di ballo, abili nell’esibizione tecnicamente impegnativa del secondo atto; molto bene l’intero corpo di ballo femminile, in particolare le cortigiane Annalisa Cianci, Beatrice Foddi, Roberta Paparella, Federica Maine (nominata solista ieri, 28 maggio), insieme a Marianna Suriano e Flavia Stocchi, disinvolte ed espressive nello stile tecnicamente complesso di MacMillan.

Il balletto è ancora in scena fino al 31 maggio 2018. Consigliamo la visione e vi invitiamo a scoprire, nelle ultime due recite, le interpretazioni dei primi ballerini Susanna Salvi (Manon), Claudio Cocino (Des Grieux) e Manuel Paruccini (Monsieur G.M.).

Francesca Bernabini e Lula Abicca

29/05/2018

Foto: 1.-5. Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel, Manon di Kenneth MacMillan; 6. Eleonora Abbagnato, Benjamin Pech e Giacomo Castellana, Manon di Kenneth MacMillan; 7. Eleonora Abbagnato e Benjamin Pech, Manon di Kenneth MacMillan; 8. Manon di Kenneth MacMillan; 9. Giacomo Castellana, Manon di Kenneth MacMillan; 10. Eleonora Abbagnato, Manon di Kenneth MacMillan; 11. Eleonora Abbagnato e Benjamin Pech, Manon di Kenneth MacMillan; 12. Eleonora Abbagnato, Manon di Kenneth MacMillan; 13. Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel, Manon di Kenneth MacMillan; 14.-15. Friedemann Vogel, Manon di Kenneth MacMillan; 16.-17. Eleonora Abbagnato, Manon di Kenneth MacMillan; 18.-19. Manon di Kenneth MacMillan; 20. Eleonora Abbagnato, Manon di Kenneth MacMillan; 21. Eleonora Abbagnato e Damiano Mongelli, Manon di Kenneth MacMillan; 22. Eleonora Abbagnato, Manon di Kenneth MacMillan; 23.-25. Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel, Manon di Kenneth MacMillan. Foto di Yasuko Kageyama, Opera di Roma.

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