L'intervista

A colloquio con Francesco Giambrone: il Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo non chiude.

A guardarlo sembra un “marine” della cultura. Nel sentirlo parlare vien fuori l’affabulatore siciliano. E’ Francesco Giambrone, sovrintendente della Fondazione del Teatro Massimo di Palermo che ci conferma il percorso di crescita del Corpo di Ballo con il coordinamento di Marco Bellone. Tempi maturi per un direttore per la danza. «Il Teatro Massimo è un grande teatro e può continuare ad esserlo anche grazie al contributo del Corpo di Ballo». Dopo La Grande Danza (Doda, Duato, Kiliàn), in programma Micha van Hoecke e Carolyn Carlson. Tra le politiche culturali del teatro iniziative per bambini, per giovani, per genitori e quelle in campo sociale senza dimenticare le collaborazioni con altre istituzioni nell’anno di Palermo capitale della cultura.

Il curriculum di Francesco Giambrone, sovrintendente della Fondazione del Teatro Massimo di Palermo, racconta un’articolata esperienza attorno alle politiche culturali: giornalista, consigliere di varie istituzioni, presidente del conservatorio “Vincenzo Bellini” di Palermo, sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentino, assessore al Comune di Palermo, didatta. Attualmente vicepresidente dell’A.N.F.O.L.S Associazione Nazionale Fondazioni Lirico Sinfoniche aderente a AGIS, sembra un “marine” della cultura, come testimonia il suo taglio di capelli bianchi lucidissimi, rasati e squadrati su un sereno volto abbronzato. Ma appena inizia a parlare, viene fuori il siculo affabulatore che, nel suo studio al Teatro Massimo di Palermo, prende l’iniziativa e pone lui la prima domanda: «di cosa parliamo?».

Di politiche culturali – rispondo io – e iniziando con la danza. Il Corpo di Ballo del Massimo è uno dei 4 italiani superstiti (con Milano, Roma, Napoli) ha un coordinatore – Marco Bellone – anziché un direttore: come mai?

«Il Corpo di Ballo era in procinto di chiudere al mio arrivo, nel 2014. Volevo risollevare una situazione complessa e fragile. C’erano pochi componenti stabili più qualche ballerino con contratto a tempo determinato e si facevano poche produzioni. Ho chiesto a Marco Bellone di lavorare per costruire una compagnia interpretando il momento, magari rinunciando a titoli sproporzionati alla situazione. Adesso siamo un po’ fuori dalla crisi e i tempi sono maturi per la carica di direttore».

E le sorti di Marco Bellone, con questa prospettiva?

«Chi l’ha detto che non possa essere lui il nuovo direttore?»

Da quanti ballerini è composto il Corpo di Ballo?

«35 ballerini (solo un 4 con contratto stabile) e di più non possiamo per il vincolo del blocco delle assunzioni. I ballerini con contratto a tempo determinato lavorano 10 mesi l’anno e ogni anno, in autunno, facciamo le audizioni, ovviamente dando diritto di precedenza a chi ha già lavorato, secondo la normativa. Molte sono le occasioni di crescita per i nostri ballerini che passano dal contemporaneo al moderno lavorando con compagnie come Martha Graham Dance Company. Senza dimenticare il classico, come dimostra il recente Don Chisciotte. Abbiamo costruito un percorso ed è responsabilità del singolo ballerino, anche quello più grande anagraficamente, mantenersi in forma per garantire la qualità degli spettacoli».

Quindi il Teatro Massimo non vuole chiudere il Corpo di Ballo, come è successo a Verona o a Firenze con MaggioDanza.

«No, non chiude. Il Teatro Massimo è un grande teatro e può continuare ad esserlo anche grazie al contributo del Corpo di Ballo».

Cosa si prevede per l’estate, a proposito di danza?

«A luglio, al Teatro Verdura, Micha van Hoecke per Carmina Burana/Pink Floyd. A settembre Carolyn Carlson».

Mentre parliamo, ogni tanto Francesco Giambrone indica qualcosa dietro di me. Puntualmente mi giro, ma non vedo nulla e temo di fraintendere, fino a quando mi accorgo di uno schermo a parete sul quale passano immagini delle prove in palcoscenico, La grande Danza – Doda, Duato, Kyliàn. Giambrone non si perde nemmeno un momento della vita teatrale.

Sembra il Grande Fratello, Giambrone.

«Me lo diceva anche il direttore d’orchestra Zubin Mehta che dopo il lavoro mattutino avrei dovuto andar via dal teatro. Ma per me è anche divertente partecipare alle prove, vedere come cresce uno spettacolo. Se sto lavorando butto un occhio, altrimenti mi presento in palcoscenico».

Dal coinvolgere makers che stampano le icone delle opere liriche con le stampanti 3D, al photo contest under35 sulla grande danza: sono queste alcune delle iniziative che possono coinvolgere nuovo pubblico?

«Quando sono arrivato al Massimo, il teatro sembrava essere chiuso per la maggior parte del tempo. Io penso il contrario e ritengo che gli amministratori non dovrebbero perdere di vista l’obiettivo sociale di una istituzione culturale. Quindi, assodato che i conti devono essere in ordine, bisogna sforzarsi perché la comunità riconosca questo luogo come proprio. Faccio due esempi. Per le comunità dei migranti, ho rifiutato la proposta di offrire biglietti scontati come forma di partecipazione e ho proposto il coro di voci bianche arcobaleno, che coinvolge i bimbi stranieri. L’altro esempio è il Progetto Opera Camion, in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma, che riproduce un’opera lirica ridotta, con la scenografia costruita su un sorprendente camion riadattato. Al quartiere Zen, difficile zona palermitana, c’erano persone riluttanti a partecipare e bambini indemoniati allo spettacolo. Questi ultimi, invitati successivamente a teatro e guidati anche sul palco, hanno toccato con mano le tante professioni coinvolte nella realizzazione di un’opera e si sono immedesimati. Insomma, si è davvero rafforzato il rapporto con la comunità e il teatro è oggi occupato in media per l’80% dei posti».

Questi esempi sono estremi. Per i giovani che frequentano la scuola, compongono musiche con il tablet, ascoltano musiche per nulla complesse e sono invasi da una cultura visiva che rende la fruizione rapidissima: cosa si fa?

«Facciamo le anteprime per loro e gli raccontiamo la verità delle storie dell’opera lirica, proiettandole nella contemporaneità grazie alla visione di artisti moderni. Durante gli spettacoli, facciamo dirette streaming su Facebook e allestiamo un maxi schermo fuori dal teatro con posti a 1€. Ci sono altre iniziative come il baby-sitting durante le recite, con intrattenimento a tema: una volta a casa, genitori e bambini potranno chiacchierare della stessa opera lirica. Oppure l’iniziativa Una Notte Al Teatro, quando i bambini occupano gli spazi con tende e sacchi a pelo, grazie alla collaborazione degli scout: un piccoletto che dorme in teatro è conquistato per sempre». Guardate qui:

«Ancora, sembrerà strano, mi piace ricordare che abbiamo abolito il dress code, limitante per la partecipazione di certo pubblico. Nessuno dovrebbe dire che il Teatro costa troppo o non fa sentire a proprio agio. Mai sentirsi dire: bello, ma non è per me».

Per questo affittate il teatro per eventi privati?

«Anche. Naturalmente è un modo per rimpinguare le finanze, ma testimonia l’apertura a tutti».

E come va con gli altri teatri siciliani o con le altre istituzioni, anche considerato che lei è vicepresedente A.N.F.O.L.S.?

«A Palermo collaboriamo con il Teatro Biondo, a Catania facciamo scambi come per La Bella Addormentata con il nostro Corpo di Ballo. In generale, anche con A.N.F.O.L.S., stiamo cercando di far collaborare i teatri tra loro: vedremo».

Nell’anno in cui Palermo è capitale della cultura, quali iniziative speciali avete programmato?

«Niente di specifico. Facciamo tante cose e si può dire che siamo sulla linea giusta, quella di un Teatro nella capitale della cultura».

Ippolita Papale

@salottopapale

05/05/2018

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