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Cassazione: gli insulti su Facebook sono diffamazione anche se non si fanno nomi e cognomi.

Attenzione a parlare male degli altri su Facebook. Una sentenza della Corte di Cassazione si è pronunciata condannando per diffamazione un maresciallo che aveva insultato un suo collega. Per la Cassazione "è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone, indipendentemente dalla indicazione nominativa".

Navigando su Facebook capita spesso ti imbattersi in post in cui fioccano insulti. Non solo indirizzati al politico di turno ma anche rivolti a colleghi. Anche se non vengono riportati nomi e cognomi, capita spesso che il soggetto a cui è rivolta l’invettiva venga facilmente individuato grazie a dei particolari.

Ebbene bisogna stare attenti a cosa si scrive perché post offensivi su Facebook, anche se indirizzati ad una persona di cui non viene fatto il nome e anche se letti da una cerchia ristretta di “amici”, possono portare ad una condanna per diffamazione se ci sono particolari che permettono l’identificazione. A stabilirlo la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16712/2014: condannato per diffamazione  un maresciallo della Guardia di Finanza che sul suo “profilo” aveva scritto frasi poco carine nei confronti della persona che aveva preso il suo posto.

Fate dunque molta attenzione.

22/04/2014

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