La recensione

Damiano Michieletto e Stefano Montanari regalano uno strepitoso Viaggio a Reims di Rossini al Teatro dell’Opera di Roma

Emozionante, esilarante, raffinato, strepitoso il Viaggio a Reims andato in scena all’Opera di Roma. Il regista Damiano Michieletto ambienta la vicenda in una galleria d’arte, dove personaggi storici e contemporanei interagiscono con i quadri in un gioco di sovrapposizioni. Il direttore Stefano Montanari, rockettaro, stravagante, competente nel ricreare il beat dell’opera, contribuisce al successo. In scena 17 protagonisti, cantanti e attori credibili.

Prima di cambiare location verso le Terme di Caracalla, il Teatro dell’Opera di Roma ha messo in scena uno strepitoso Viaggio a Reims di Gioachino Rossini, potenziato dalle personalità del regista Damiano Michieletto e del direttore d’orchestra Stefano Montanari.

L’opera di Rossini è in realtà una cantata scenica del 1825 su libretto di Balocchi, composizione celebrativa in un atto unico, quasi un’antologia di brani solistici e d’assieme: arie e duetti leggeri o buffi, vaudeville dove ciascuno canta un pezzo e il coro commenta, liste di oggetti o di inni nazionali. In pratica, Viaggio a Reims di Rossini non ha trama: ospiti importanti si trovano a Plombiérs, presso il Giglio d’Oro; devono raggiungere Reims per assistere all’incoronazione di Carlo X. Purtroppo non ci sono cavalli per il viaggio e gli ospiti si consolano all’idea di festeggiare il ritorno del re a Parigi, che raggiungeranno appena possibile. I personaggi sono disegnati come caricature e interagiscono tra loro con i meccanismi narrativi generati da amore, gelosia, poesia, liti, crisi di nervi.

Di Damiano Michieletto ho già scritto, nella presentazione di quest’opera,  quanto mi appassiona per la sua visione con occhi contemporanei dell’opera lirica.

Come ha riscritto drammaturgicamente Viaggio a Reims Damiano Michieletto? Ambientando la vicenda in una galleria d’arte, la Golden Lilium Gallery, dove i personaggi interagiscono con quadri importanti della storia. Al Teatro dell’Opera di Roma Michieletto ha creato un gioco che mette personaggi contemporanei e personaggi storici in una sovrapposizione straniante. Il regista si ispira al quadro di François Gérard che raffigura l’incoronazione di Carlo X che sarà il compimento di questo divertimento. Emozionante la scena dei quadri che prendono vita e si muovono con i protagonisti, esilarante l’asta di Don Profondo nell’aria con le caratteristiche delle nazioni, raffinate le soluzioni in chiave contemporanea (su tutte, scelgo l’oggetto ritrovato dalla Contessa di Folleville: nell’originale un cappello, per Michieletto le scarpe, vero feticcio della femminilità contemporanea), il finale a rallentatore per comporre il quadro.

Ecco una visione d’insieme con l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma.

 

Egregia la squadra di Michieletto, quasi un collettivo artistico. Paolo Fantin ha costruito una scena che da galleria livida newyorkese si trasforma nel quadro di Gèrard: gusto, dettagli, ingegno architettonico. Carla Teti è la costumista che dà vita ai quadri di Haring, Goya, Botero e altri. Alessandro Carletti disegna con le luci scene impeccabili. Pura goduria visiva.

Damiano Michieletto tornerà all’Opera di Roma a dicembre 2017 per La damnation de Faust di Berlioz. Segnatelo sull’agenda. Invece da ottobre 2017, sempre all’Opera di Roma, potrete riascoltare, con Le nozze di Figaro di Mozart, l’altro artefice del successo di Il viaggio a Reims e cioè il direttore Stefano Montanari, chenell’opera di Rossini abbiamo visto pure impegnato al fortepiano per accompagnare con slancio e umorismo i recitativi. Di lui è evidente l’aspetto rockettaro (qualcuno giura di averlo visto con un pitone al posto dei pantaloni), la stravaganza (t-shirt al posto dell’abito scuro, bacchetta in bocca o dentro la maglietta quando suona il fortepiano, partecipazione parlata a quanto succede in scena), la competenza nel repertorio barocco (cercatevi su YouTube le sue interpretazione sulla Le quattro stagioni di Vivaldi, per citare un repertorio banalmente noto: vedrete che scoperta!). A me è piaciuto tantissimo. Ha evidenziato una ritmica – un beat – trascinante, accompagnata dalla cura per i dettagli degli strumenti che terminano una frase musicale languidamente, o sottolineano le parti interne solitamente nascoste dal Tutti orchestrale, o ancora potenziano il significato delle parole secondo il tono comico/surreale/lirico. Bravo Montanari, bene i maestri dell’Orchestra che l’hanno assecondato, così come il Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto da Roberto Gabbiani. Qualche crescendo rossiniano poteva forse lasciare più spazio alle voci, che nella recita del 24 giugno a cui ho assistito erano quelle dell’egregio progetto Fabbrica Young Artist Program*, vivaio di professionalità artistiche del Teatro dell’Opera di Roma, e del secondo cast. Si tratta di 17 cantanti per 18 ruoli: un’enormità!

Eccoli: Adriana Ferfecka (Corinna) Cecilia Molinari (La Marchesa Melibea), Maria Aleida (La Contessa Di Folleville), Valentina Varriale* (Madama Cortese), Filippo Adami (Il Cavaliere Belfiore), Merto Sungu (Il Conte Di Libenskof), Adrian Sâmpetrean (Lord Sidney), Nicola Ulivieri (Don Profondo), Bruno De Simone (Il Barone Di Trombonok), Simone Del Savio (Don Alvaro),  Vincenzo Nizzardo (Don Prudenzio), Enrico Iviglia (Don Luigino), Caterina Di Tonno (Delia),  Gaia Petrone (Maddalena),  Erika Beretti* (Modestina), Christian Collia (Zefirino / Gelsomino),  Davide Giangregorio (Antonio).

Tra queste voci, ho apprezzato la disinvoltura e le agilità di Adriana Ferfecka, il timbro e la verve di Cecilia Molinari, gli acuti intonati e potenti di Maria Aleida, la sicurezza di Valentina Varriale. Tutti i cantanti hanno mostrato disinvoltura nella recitazione e sono sembrati assai credibili.

Prima di concludere, due spunti per conoscere l’opera. Viaggio a Reims è un brano di occasione, poco sfruttato da Rossini, a parte l’utilizzo di brani in Le Comte Ory.

Segnalo il sestetto in cui i sei personaggi entrano, litigano, assistono a un colpo di scena ( Sì, di matti una gran gabbia) nella versione del Teatro Real di Madrid, direttore Eun Sun Kim, regista Emilio Sagi.

 

Infine, il gran pezzo concertato a 14 voci (QUATTORDICI!) A tal colpo inaspettato – Signori, ecco una lettera che dal cantabile “a cappella” giunge alla cabaletta con un super crescendo rossiniano. Questa è la celebre versione del Teatro alla Scala di Milano per la regia di Luca Ronconi e la direzione di Ottavio Dantone.

 

Le figure che ruotano attorno al teatro musicale sono tantissime. Oggi vorrei citare il musicologo Philip Gossett, recentemente scomparso, cui è stata dedicata la performance perché immenso studioso di Rossini: sbirciate il suo Dive e Maestri, saltando magari le parti tecnico-musicali. Scoprirete il dinamismo che c’è dietro la composizione del teatro musicale, tutti i cambiamenti in fase di rappresentazione, i condizionamenti di varia natura che subisce un compositore in un ingranaggio complesso come quello dell’opera. Sconfiggerete le certezze assolute di chi si dà delle arie – non musicali –  e concepisce come intoccabile qualcosa che per sua natura è invece in movimento.

Ippolita Papale

@salottopapale

01/07/2017

Foto: 1. -9. Viaggio a Reims di Rossini, regia Damiano Michieletto,  Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama; 10. il regista Damiano Michieletto durante le prove di Viaggio a Reims, Teatro dell’Opera di Roma, ph Yasuko Kageyama; 11. Il direttore d’orchestra Stefano Montanari.

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