A Roma

RomaEuropa Festival 2022: Gran finale e highlights.

Da non perdere un omaggio al minimalismo con il grande classico di Philip Glass, Einstein on the beach, il 20 novembre. Gli highlights di RomaEuropa 2022: Room di James Thierrée, Madrigals – Every lover is a warrior di Benjamin Abel Meirhaeghe / Doon Kanda, Dream House Quartet, Ryoji Ikeda, L’Opera da tre soldi di Brecht/Weill con i Berliner Ensemble diretti da Barrie Kosky.

Siamo arrivati alla fine di RomaEuropa 2022 e il 20 novembre ci aspetta un grande classico di Philip Glass, Einstein on the beach. Appuntamento alle 17 per oltre 3 ore di spettacolo che vede in scena Ictus Ensemble, Collegium Vocale Gent e la narratrice Suzanne Vega. Non abbiate paura del minutaggio. Al pubblico è consentito di entrare e uscire a piacimento mentre si svolge quell’enorme non-sense dell’opera messa in scena da Bob Wilson nel 1976, con le coreografie di Lucilda Child (danza esclusa in questa versione romana, però). Si promette “approccio site-specific e sofisticato sound design” per questa scorpacciata minimalista che vede un coro intonare numeri o nomi di note (provate a cantarli voi questi brani e poi direte se sono semplici o no), senza una trama vera e propria ma con una grande varietà di ritmi e combinazioni armoniche eseguite da un ensemble amplificato. Da non perdere e da fruire in questo modo personale, magari condividendolo sui social al posto del solito piatto di sushi.

Qui una suggestione:

Segnalo che il giorno prima, il 19 novembre, è l’occasione per un omaggio al compositore/ ingegnere/ architetto Iannis Xenakis della PMCE – Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretta da Tonino Battista. Quante occasioni ci sono di ascoltare queste rarità?

A chiusura dell’edizione 2022 di RomaEuropa Festival (8 settembre 20 novembre), ecco una carrellata di  highlights a forte componente musicale.

Tre prime nazionali all’Argentina. La prima è Room di James Thierrée ( andato in scena dal 21 al 25 settembre 2022), praticamente una stanza, appunto, dove musicisti e lui stesso cantano, ballano, fanno acrobazie, recitano… in un miscuglio di teatro musicale che coinvolge anche le scenografie e gli oggetti che lo compongono. Un filo conduttore? Non c’è. E, infatti, Thierrée ci dice in un raro momento di stasi “Mi piacciono molto questi momenti di calma, non ce ne sono molti in questo spettacolo”. Ma soprattutto, avvisa sé stesso e il pubblico che non c’è drammaturgia, così come nella vita. Per noi spettatori è come indossare dei visori per la realtà aumentata e, invece, è tutto analogico, accade davvero. Una meraviglia di bravura e genialità.

Guardate come ce lo spiega il regista:

Altra prima nazionale, Madrigals – Every lover is a warrior di Benjamin Abel Meirhaeghe / Doon Kanda (andato in cena il 27 settembre), una lettura dei Madrigali guerrieri et amorosi di Claudio Monteverdi. Dal racconto datato 1624 delle vicende di Tancredi e Clorinda, sventurati amanti nella guerra musulmana, precipitiamo ai giorni nostri e ci troviamo in una caverna dove un gruppo di giovani consumano un rituale accanto al fuoco per superare la guerra con l’amore, di tutti i tipi. Molto interessante la rielaborazione musicale dello spettacolo, con un che di primitivo, riferimenti al visuale di Matisse e con una nudità talvolta fastidiosa, ma efficacissima a creare tensione che poi si dissolve. Dobbiamo chiederci come attualizzare la musica dei secoli passati – detta molto genericamente classica – e come farla rivivere secondo la nostra esperienza di persone del 2022. Il pop e l’elettronica si mescolano a Monteverdi in alcuni frammenti o lasciano la musica pura, lì dove è bellissima, quasi a filtrare “il meglio di”: La compagnia è fatta da cantanti che sanno ballare e da ballerini che sanno cantare, in un insieme che vorremmo vedere più spesso a rivoluzionare il passato (se lo vediamo nella prosa o nell’arte o… nella cucina, non ci scandalizziamo mai. Chissà perché non ci convince nella musica!). Il tutto mentre un oggetto ruota per tutto il tempo: che ci fa lì, come mai continua a muoversi anche alla fine?

Ancora prime esecuzioni italiane e una mondiale (di Dresser) con Dream House Quartet, composto da Katia e Marielle Labéque, Bryce Dessner, David Chalmin (6 ottobre). In corealizzazione con Fondazione Musica per Roma, il concerto con musiche di Philip Glass e Meredith Monk, mostra che forse il minimalismo e i suoi figli post minimalisti stanno diventando pezzi da museo, oltre che apparente semplificazione della musica classica – sempre quella di prima.

Altra chicca, il 30 ottobre, Music for percussion 2 di Ryoji Ikeda che ci ricorda quanto astratta e quanto concreta possa essere la musica eseguita con metronomi, palline e palloni, libri e pezzi di carta.

Infine, altra grande prima nazionale L’Opera da tre soldi di Brecht/Weill con i Berliner Ensemble diretti da Barrie Kosky. Una marea di bravura attoriale senza gli eccessi tipici delle rappresentazioni di cabaret alla tedesca. Una scenografia stile Escher in cui gli artisti si arrampicano, accennano danze, cantano e recitano. Bravissimi tutti (sì, non ce la faccio a zittirmi su imprecisioni di intonazione nei duetti femminili, ma perdonatemi).

Qui un assaggio con commento del regista:

Mackie Messer mostra le malefatte sue e svela le ipocrite nefandezze del mondo borghese. La quarta parete è rotta definitivamente quando un attonito spettatore viene illuminato e invitato a cantare un brano qualsiasi – né lui, né altri hanno avuto il coraggio di farlo, perdendo di fatto una grande occasione comunitaria – e ci è sembrato di stare in salotto, quando assistiamo con un calice in mano alle pene nel mondo e facciamo chiacchiere intelligentissime. Comodi e protetti da tutto, naturalmente.

Ippolita Papale

@salottopapale

19/11/2022

Foto: 1. Einstein on the beach, ph. Maxime Fauconnier; 2. Rooom di JamesThierrée, ph. Richard Haughton; 3. Madrigals – Every lover is a warrior di Benjamin Abel Meirhaeghe; 4. Berliner ensemble L’opera da tre soldi.

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