La recensione

Giselle di Dada Masilo al REf17: standing ovation al Teatro Olimpico di Roma.

È andata in scena al Teatro Olimpico per REf17, la nuova Giselle di Dada Masilo, ultima produzione della coreografa di Johannesburg, ancora una volta alle prese con l’originale rivisitazione di un classico della tradizione occidentale. Prodigio della scena contemporanea internazionale, Dada Masilo si conferma interprete straordinaria e autrice audace, riscrivendo il famoso finale di Giselle con soluzioni di grande impatto visivo e dall’inconfondibile segno coreografico. Standing ovation al Teatro Olimpico per l’artista sudafricana e per l’ottimo gruppo della Dance Factory.

Sullo stretto legame tra il pubblico di Roma e Dada Masilo, perla sudafricana della coreografia contemporanea, non abbiamo alcun dubbio. Se a dimostrarlo non bastasse la programmazione del Romaeuropa 2017, che le ha recentemente dedicato il cuore del proprio cartellone con quattro repliche di Giselle al Teatro Olimpico (dal 28 settembre al 1° ottobre), resterebbero a confermarlo platee piene e standing ovation di spettatori in visibilio.

L’entusiasmo registra un successo esploso nel 2013 (proprio al Romaeuropa) con un folgorante Swan Lake, che rivelò la ventottenne Dada Masilo come nuova autrice dall’accattivante genio e dall’irresistibile appeal: tra vibrazioni terrene di cigni troppo umani e canti tribali di anime infuocate, il Lago della Dance Factory di Johannesburg lasciò a Roma la traccia di uno stile inconfondibile e la delicatezza di un racconto contemporaneo narrato da chi già conosce e affronta il dolore.

Disarmante, Dada Masilo svelò allora gli estremi opposti di un paese tormentato e bellissimo, che danzava la consapevolezza del proprio presente di fronte ad un mondo distratto. Un successo replicato, un anno dopo, con Carmen (REf2014): corpo spezzato nell’arena del proprio desiderio, Dada/Carmen era una e insieme milioni di donne schiacciate da storie d’amore crudele. Vestita di rosso, Carmen/Dada appariva voluttuosa tra energiche rotondità femminili e sguardo amorevole, ed era oscuro ciò che l’attendeva, come gli intarsi neri della sua gonna color sangue.

Con Giselle, Dada Masilo di nuovo sfida una tradizione e ne omaggia un’altra, espone le contraddizioni di storie inattuali e riallaccia l’antico al moderno in una narrazione coreografica cinica e straziante, ‘classicamente scorretta’, intelligentemente contemporanea. Il tragico destino della contadina che muore d’amore e danza in eterno incombe sulla scena sin dal principio, tra le luci di un pomeriggio assolato in cui uomini e donne attendono il copione di una storia già scritta.

In una fattoria sudafricana d’Ottocento, le danze allegre dell’originale Renania si trasformano in ritmi tswana travolgenti, tra fianchi ondeggianti e piedi in controtempo sugli accenti della storia. In un solo atto, parentesi fulminea di un destino eterno, si snoda la vicenda di Giselle, anima pura e predestinata, che fatalmente si innamora del Principe Albrecht. Il giovane, promesso sposo di una donna di pari nobiltà, si finge contadino per conquistare la fanciulla, ma scoperto l’inganno, Giselle perde la ragione e muore travolta dal dolore.

La Giselle di Dada Masilo non è una fanciulla sognante in preda a fremiti d’amore, ma una donna appassionata che danza ad occhi chiusi lasciandosi trafiggere da una danza di libertà e fuoco, in bilico tra la pazzia e la saggezza, di passaggio tra la vita e la morte. Il suo nome, Mbali (“fiore” in lingua zulu), è qui il marchio della sua stessa fragilità; strappata alla vita e spirito eternamente danzante,  la immagineremo con le braccia incrociate a sorreggere per sempre i fiori dell’inganno.

L’incontro con Albrecht trasforma le amorose schermaglie in un inseguimento dai violenti accenti, che prefigurano il tragico epilogo e annullano d’un colpo ogni possibilità di perdono. Sullo sfondo, gli abitanti della fattoria, spettatori della tragedia e partecipanti inconsapevoli di un mortale fallimento. Circondata dalla propria solitudine, Giselle/Dada vibra d’amore e si arrende, cadendo nuda ai piedi del proprio destino, vittima dell’affilata lama dell’incomprensione e dell’indifferenza.

Ma è nella seconda parte che Dada Masilo si affranca definitivamente dagli esiti del balletto romantico, annullando le tracce di una riparazione ultraterrena e portando a termine una vendetta annunciata. In netto contrasto con il primo, il secondo quadro è ambiente infernale, illuminato dagli sguardi feroci delle Villi, spietati spiriti di giovani (uomini e donne) morti d’amore e d’inganno: uccisi dal dolore si levano nelle notti di luna e tormentano i traditori che incrociano la loro danza di vendetta.

Anche Mbali/Giselle indossa l’abito rosso di sposa infelice, ma a differenza della storia originale del balletto (nato dalla creatività dello scrittore romantico Téophile Gautier, ispirato a sua volta da un passo del De l’Allemagne di Heinrich Heine) non solo non salva Albrecht dalla furia vendicatrice degli spiriti, ma infierisce sull’amante sleale con una frusta che ha il sinistro profilo di una falce. Il gruppo questa volta l’assiste e Myrtha (dal ‘mirto’, pianta della femminilità, ma anche simbolo funebre), regina delle Villi, è qui un Sangoma, mago e guaritore, che compie il rituale di una punizione più che reale.

La soluzione cinematografica del finale in cui Albrecht è corpo disteso sotto il peso del proprio inganno e le Villi in rosso liberano dai pugni chiusi la polvere bianca di un sortilegio, è di agghiacciante e dolorosa efficacia. Giselle/Dada sarà l’ultima ad abbandonare la scena scavalcando, inclemente, l’imperdonabile amante. Lungi dal dichiarare il senso della giustizia, Dada porta alle estreme conseguenze le inclinazioni di un presente violento, rappresentando un finale estraneo all’originale classico e mettendoci ferocemente di fronte agli esiti dell’incomprensione, della paura del ‘diverso’, dell’incomunicabilità.

Ancora una volta, una produzione di grande impatto, leggibile nelle intenzioni drammaturgiche e sorretta da un’efficace regia. Confermiamo l’eccellenza dei movimenti di gruppo, favoriti dalla musicalità della coreografa e da un corpo di ballo affiatato che ne accompagna alla perfezione i disegni e la dinamica. Protagonista incontrastata è la stessa Dada Masilo, che resta innanzitutto un’interprete fuori dal comune, in grado di ipnotizzare e coinvolgere, esaltare e commuovere. La sua femminilità dai contorni sottili, il profilo fanciullesco del volto, in contrasto con la sensualità di un movimento curvilineo e con gli scatti perentori di un’anima volitiva, ne fanno una danzatrice unica, riconoscibile tra milioni e ogni volta diversa.

La colonna sonora di Philip Miller, già al fianco della Masilo nello spettacolo Refuse the Hour di William Kentridge (che qui firma l’accompagnamento visivo  con i “drawings” della serie Colonial Landscapes), si allaccia e stravolge il ricordo delle note di Adolphe Adam, assecondando l’andamento drammaturgico e l’impeto coreografico. Segnaliamo tra i danzatori della Dance Factory Llewellyn Mnguni, magnetico interprete di Myrtha, incantevole Villi dal piglio glaciale e dal gesto impietoso, regina di un palcoscenico in fiamme e di un movimento ampio e deciso. E poi:  Kyle Rossouw (Albrecht), Tshepo Zasekhaya, Liyabuya Gongo, Khaya Ndlovu, Thami Tshabalala, Thabani Ntuli, Thami Majela, Nadine Buys, Zandile Constable, Ipeleng Merafe. 

Il pubblico romano ha salutato la Giselle di Dada Masilo con applausi e ovazioni, continuate anche al di fuori del Teatro Olimpico, dove gli interpreti hanno incontrato personalmente gli spettatori: inatteso evento che, tra i sorrisi degli artisti e dei presenti, conferma ancora una volta lo stretto legame tra Dada e Roma.

Un chiaro successo per il Festival Romaeuropa 2017.

Segnaliamo che lo spettacolo è in scena l’8 ottobre 2017 al Teatro Ariosto di Reggio Emilia nell’ambito del Festival Aperto.

Lula Abicca

08/10/2017

Foto: Giselle di Dada Masilo, ph. John Hogg.

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2 Commenti

  1. simonettasan

    Prima di andare al Teatro Olimpico, confesso di aver letto molto su questa magnifica interprete che recentemente ha presentato Giselle anche al Teatro Comunale Abbado della mia città, Ferrara, nell’ambito della rassegna di danza contemporanea 2017 dedicata all’Africa. Una pièce di grande impatto emotivo, sulle musiche del sudafricano Philip Miller, fatta di scene debordanti di energia. Un’energia pura, carismatica e irresistibile, fatta di trasformazione e di sorpresa, di suggestione e suggerimenti per lo spettatore che, in un primo momento, rimane senza dubbio riflessivo.
    Giselle/Mbaly è sola nel suo dolore e nella sua follia, nel suo mondo, il fiore che alla violenza subita risponde con violenza. Un susseguirsi di incantesimi, magia, ritmi tribali coinvolgenti e per certi versi stravolgenti. Seguendo il filo del tema amaro della vendetta, Dada Masilo usa linguaggi diversi: il contemporaneo, il classico (qualche passo riconoscibile ma perso nella ritmicità tribale), la danza Tswana, con tanto di afrosamba durante la festa del primo atto. Una melodia diversa. Originale.
    Donna di teatro all’origine, Dada Masilo approfondisce poi il carattere di ogni suo personaggio. Fantastico il Sangoma, il guaritore, Myrtha. Una linea di demarcazione uomo-donna molto labile.
    Uno spettacolo fantastico, che rappresenta una bella sfida vinta, con le radici del Sudafrica nel cuore. E con un finale incredibile, dove gli spiriti lanciano in aria nuvole di polverina bianca come se si trattasse di un rituale magico. Magico davvero.

    Simonetta Sandri
    Danzaeffebi meets #REf17!

    Ott 08, 2017 @ 18:42:57

  2. Deborah77

    Che errore avrei fatto se mi fossi fermata al mio solo pregiudizio. Nessuno mi tocchi Giselle dicevo. Ma nemmeno Giulietta, Carmen e i grandi classici. Un mio limite. Lo ammetto. Poi sono stata invitata a partecipare ad uno degli incontri dedicati ai coreografi in programma al Romaeuropa Festival e qui c’è stata la rivelazione.

    Una studiosa con l’affascinante teoria dei sei gradi di separazione traccia un interessante collegamento tra i vari artisti nella storia contemporanea della danza e in quella di Romaeuropa Festival.

    Si parte da Roma – appunto – città alla quale nell’ultimo periodo si è legato il nome di William Kentridge, artista sudafricano che ho amato per la sua opera geniale di Murales sul Lungotevere. Ed è proprio Kentridge che ha fatto conoscere Dada Masilo al pubblico. E quindi se arte chiama arte e genio vuole genio, questa giovane coreografa adesso mi suscita molta curiosità. Poi vedo in lei una capacità di movimento sorprendente in un corpo esile e scattante come una gazzella. Poi c’è la sua storia di bambina nata in un Paese dove assecondare le proprie passioni non è sempre facile. Ma lei riesce. Con la grinta e la determinazione che la contraddistinguono, arriva a “rileggere i classici del balletto per parlare dell’oggi” e le sue coreografie sono un urlo contro il razzismo, la violenza e ogni forma di discriminazione.
    Ogni mio stereotipo sul mito del balletto romantico vacilla, l’eterea bellezza di Giselle in Degas sulle punte lascia il posto a qualcosa che può anche essere diverso e come dice Dada Masilo stessa “ci sono tanti modi per raccontare la stessa cosa”.

    L’originale immaginario paese dei vitigni diventa una fattoria vinicola del Sudafrica, come unica scenografia ancora un disegno di Kentridge. La musica originale prende ritmi di afrosamba e canti locali. Giselle ha un nome della tradizione africana e Myrtha è un santone.
    Tutto è più reale in questa versione. Ed è un susseguirsi di emozioni: dolcezza, passione, violenza, ironia.
    La Giselle/Mbaly è sublime. Dosa grazia e potenza. Nei passi a due vola leggiadra e combatte fino allo stremo delle forze. Perché qui l’uomo – che l’ha ridotta alla follia – non viene perdonato. Una Giselle vendicatrice che non accetta di essere solo lei la vittima ma infligge la stessa sorte anche ad Albrecht.

    Bellissima la scena finale degli spiriti che lanciano una nuvola di polvere bianca e incornicia i corpi in un alone che ha qualcosa di magico. Stratagemma, questo, adottato da Dada Masilo al posto della macchina del fumo il cui uso le era stato vietato dai vigili del fuoco del teatro di Vienna per problemi di sicurezza.
    Come non essere conquistati da questa artista così particolare che ti rapisce del tutto quando, a fine spettacolo, dal palco saluta un pubblico in delirio con un irresistibile sorriso.

    Deborah D’Orta
    on twitter @deha09
    on instagram deborah0913

    Ott 09, 2017 @ 09:39:24

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