La recensione

Il Don Chisciotte di Éric Vu-An per il Ballet Nice Méditerranée. Grande successo al Teatro Municipale di Piacenza

Grande e meritatissimo successo il Don Chisciotte di Éric Vu-An, direttore artistico del Ballet Nice Méditerranée dal 2010, che ha aperto la Stagione di Danza del Teatro Municipale di Piacenza. Éric Vu-An concepisce una coreografia agile, snella e che non snatura l’impianto tradizionale del balletto; viene dato molto risalto alle grandi scene d’insieme come la scena della piazza, il giardino delle Driadi e Grand Pas che celebra le nozze di Kitri e Basilio. A dispetto di un apparato scenico eccessivamente oleografico, il risultato è brillante e dà conferma dei risultati maturati dalla compagnia.

Davvero un grande e meritatissimo successo per il Don Chisciotte di Éric Vu-An, direttore artistico del Ballet Nice Méditerranée dal 2010, che dopo le recite al Teatro Grande di Brescia ha fatto tappa domenica 20 novembre 2016 al Teatro Municipale di Piacenza inaugurandone la Stagione di Danza.

La coreografia di Éric Vu-An centra il bersaglio: è agile, snella, non snatura il balletto ma lo adatta alle risorse disponibili con un occhio di riguardo per le grandi scene d’insieme (scena della piazza, il giardino delle Driadi e Grand Pas de deux che celebra le nozze di Kitri e Basilio). Sul programma di sala di sala però il balletto viene presentato, come quasi sempre accade, come una derivazione della coreografia di Marius Petipa. Il che stride con la realtà dei fatti, giacché anche in questa versione di Don Chisciotte salta immediatamente all’occhio come il referente principale resti la versione di Alexander Gorsky. Come nella versione di Gorsky, anche Vu-An riduce il grande impianto petipatiano a tre atti e compaiono immancabilmente personaggi come Mercedes (spesso identificata con la ballerina di strada) e la Regina delle Driadi introdotti per l’appunto da Gorsky che puntò ad una vivificazione del balletto, nel tentativo di sbriciolare la perfetta ma ormai cristallizzata sintassi di Marius Petipa.

Fatta questa precisazione, pur non potendo disporre di un corpo di ballo particolarmente numeroso e omogeneo, Vu-An opera con grande chiarezza, musicalità e senso dell’ironia. I personaggi principali, come già fece Rudolf Nureyev per la propria rivisitazione del balletto, sembrano ispirati alla commedia dell’arte. Il personaggio di Don Chisciotte (interpretato da Éric Vu-An stesso), spesso raffigurato come una maschera tragica e miseranda, ha qui invece una propria dignità di eroe seppur dimidiato: cammina impettito, fiero, non barcolla ed è connotato dall’utilizzo di una pantomima nobile e mai grottesca. L’unica cosa che sembra turbare il suo status di eroe è ovviamente Dulcinea, la dama tanto agognata dal cavaliere. Il fantasma di Dulcinea ha una grande rilevanza all’interno di questa versione, tant’è che compare in scena fin dall’ingresso di Don Chisciotte (ricordiamo che Vu-An elimina il prologo iniziale, facendo incominciare il balletto con la scena ambientata nella piazza di un villaggio non specificato).

Come già accennato, c’è una grande propensione nel confezionare nel modo più fastoso possibile le scene corali: così la piazza risulta calda, mediterranea e brulicante di gente. La scena al campo dei gitanti è praticamente solo accennata per dare subito risalto al Ballet Blanc, ovvero il sogno di Don Chisciotte ambientato nel giardino delle Driadi. È stato molto interessante vedere la rivisitazione di questa scena, perché Vu-An adotta per il corpo di ballo femminile soluzioni molto musicali e che spesso strizzano l’occhio ad una bellezza classicheggiante. Quasi a voler estrapolare questa celebre scena dal resto del balletto, il corpo di ballo non indossa il canonico tutù ma delle tuniche leggere e impalpabili (sarà forse curioso far notare che ancora Gorsky adottò questa sostituzione). Due sole cose non hanno convinto: la variazione della Regina delle Driadi, purtroppo decurtata di buona parte dei fouettée all’italiana che ne costituiscono la cifra distintiva, e la scena praticamente spoglia caratterizzata solo da lunghe strisce di plastica sul fondale: forse sarebbe stato preferibile non mettere nulla… Molto bello, scoppiettante e sfarzoso come merita invece il Grand Pas de deux finale.

Chi scrive vide per la prima volta il Ballet Nice Méditerranée nel 2013, nel corso di una tournée che toccò alcune città italiane tra cui Parma. Il programma fu magnifico (il divertissement di Coppélia, La pavana del moro di José Limón e il Grand Pas Classique Hongrois di Raymonda), come da prassi per questa compagnia impegnata in un repertorio raro e prezioso; un po’ meno la realizzazione giacché la Compagnia non sembrò ancora pronta per un programma così impegnativo. Ricordiamo che quando Vu-An ne assunse la direzione, il Ballet Nice Méditerranée era sottoimpiegato e utilizzato prevalentemente all’interno degli spettacoli di opera lirica. Ora ci troviamo davanti ad un corpo di ballo in grado di offrire spettacoli di balletto ben realizzati. Ha convinto su tutti il Basilio di Alessio Passaquindici, ironico, divertente e molto abile nell’utilizzo dei giri. Zaloa Fabbrini, ad onta di un primo atto un po’ cauto, è stata una Kitri civettuola, sbarazzina e tecnicamente agguerrita. Molto bene gli altri solisti fra i quali ricordiamo la Mercedes di Céline Marcinno, l’Espada di César Rubio Sancho e il Gamache di Andres Heras Frutos. Irresistibili il Don Chisciotte di Éric Vu-An e il Sancho Panza di Dennis Vizzini.

Piacenza, avvolta da una leggera nebbia, è stata letteralmente galvanizzata dalla rappresentazione: il Teatro Municipale era gremito in tutti gli ordini e il pubblico, composto anche da moltissimi bambini, non avrebbe più lasciato andare gli artisti.

Matteo Iemmi

23/11/2016

Foto: Ballet Nice Méditerranée, Don Chisciotte di Éric Vu-An, ph. Gianni Cravedi.

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