La recensione

Jan Martens al REF 2022. Applausi per Any attempt will end in crushed bodies and shattered bones

Jan Martens è tornato al Romaeuropa Festival con Any attempt will end in crushed bodies and shattered bones. In scena 17 danzatori, professionisti e non, tra i 17 e i 70 anni, per abbracciare la diversità di espressione e di reazione. Tra sussulti personali e marce collettive, in un bipolarismo di calma e violenza, rigore e rabbia si snoda una performance che è un grido reiterato di opposizione e resistenza.

Any attempt will end in crushed bodies and shattered bones: letteralmente Ogni tentativo finirà con corpi schiacciati e ossa frantumate. Questo è titolo dello spettacolo che Jan Martens ha presentato al Romaeuropa Festival (28-28 settembre 2022), un titolo che è già in sé una dichiarazione di intenti. Autore della frase è il presidente cinese XI Jinping durante le proteste a Hong Kong, nell’ottobre 2019. Una violenza verbale, simbolo delle piazze e delle rivolte di tutto il mondo, a cui Jan Martens ha provato a rispondere con un progetto di ribellione che coinvolge il corpo di 17 ballerini, professionisti e non.

Sul palco un gruppo estremamente variegato abbraccia diversità di espressione e di reazione. Non è così un caso che il suo più giovane esponente sia uno splendido danzatore di 17 anni, a personificare la fiducia forse anche un po’ folle verso un mondo discorde, mentre una donna di 70 traduce con grande efficacia la costrizione di un’umanità che ancora non impara dai propri errori. Lo spettacolo è un grido reiterato di opposizione e resistenza che si snoda su un tempo di 90 minuti; ciascuno rivendica il proprio posto, fatto di sussulti personali e marce collettive, in un bipolarismo continuo di calma e violenza, delusione e speranza, rigore e rabbia. Le musiche e i pezzi parlati utilizzati per la performance derivano esse stesse da autori simbolo di oppressioni: Max Roach, Abbey Lincoln, Kae Tempest e Henryk Górecki. Di quest’ultimo, il Concerto per clavicembalo e orchestra op. 40 è ripetuto più volte ossessivamente, a rappresentare la sublimazione di una protesta ricorrente che incarna l’invito seducente all’azione.

Nella prima parte del pezzo, i ballerini indossano sfumature di grigio: pantaloncini e magliette di diverso stile, attillati e morbidi, nessuno uguale all’altro. La sezione centrale è solenne e interrompe le sequenze di movimento selvaggio tramite la recita e la visualizzazione su schermo di sentenze verbali razziste, misogine, omofobe. C’è tutto quello che nessuno vorrebbe mai sentire in questo assurdo andirivieni di litanie violente, sancite da andature marziali che compongono e dislocano il gruppo in variati percorsi disegnati all’unisono. In queste traiettorie nessuno mai smarrisce la direzione, sostenuto dall’insieme unificato dei compagni, così come nessuno mai la indica. Tutti sanno esattamente dove andare, non ci sono sbagli di passo, deviazioni di fila o errori negli incroci.

Poi l’atmosfera cambia e in un torbido bagliore rosso vengono portate in scena due barre/guardaroba di indumenti… ognuno sceglie il proprio. A luce piena veniamo abbagliati dalle balze vivide scarlatte ora indossate, un interruttore visivo che ci produce vibrazioni emotive ancora più forti, nonostante la danza sia rimasta immutata e canalizzata verso lo stesso obiettivo iniziale.

E un messaggio finale di fiducia e di possibilità di cambiamento – nonostante tutto – traspare “romanticamente” in questa creazione inquietante del coreografo fiammingo, per rispondere candidamente alla domanda che lui stesso ci pone spietatamente: abbiamo visto il peggio o è solo un preludio?

Giannarita Martino

03/10/2022

Foto: Jan Martens, Any attempt will end in crushed bodies and shattered bones, foto di Piero Tauro.

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