L'intervista

La danza per Liliana Cosi

Liliana Cosi racconta la sua formazione alla Scala, l’esperienza al Bolshoi, il suo amore per la musica e il rapporto fra vita pubblica e privata. Nell’intervista anche il ricordo di Nureyev, Béjart e preziose indicazioni per gli allievi.

Milanese di nascita, Liliana Cosi compie i suoi studi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano dove si diploma. Nel 1963 partecipa a un corso di perfezionamento a Mosca presso il Teatro Bolshoi dove vi ritorna per altri tre anni studiando con i maggiori maestri di quel tempo: Ulanova, Messerer, Simionova, Tikhomirnova, Gherdt, Jordan. Nel 1965 debutta al Bolshoi nelle vesti di protagonista ne Il Lago dei Cigni, riscuotendo eccellenti critiche dai giornali russi. Viene promossa solista al teatro alla Scala che le affida anche il ruolo di prima ballerina in Cenerentola.

Gentile signora Cosi, per iniziare le chiedo di raccontarci la sua formazione. A quanti anni ha cominciato a danzare?

All’età di 9 anni alla Scuola del Teatro alla Scala di Milano. Lì mi sono diplomata come miglior allieva e all’età di 21 anni sono stata inviata al teatro Bolshoi per un periodo di perfezionamento. Vi sono tornata altre tre volte per un totale di 2 anni. In quel periodo i maestri russi mi hanno insegnato i ruoli di prima ballerina de Il Lago dei Cigni, Giselle, Bella Addormentata nel Bosco, e mi hanno fatto debuttare sia al teatro Bolschoi sia al Palazzo dei Congressi del Cremlino.

Qual è stata poi la grande occasione che l’ha condotta ad avere la sua straordinaria e memorabile carriera?

Durante il secondo stage al Teatro Bolshoi di Mosca mi insegnarono il ruolo di Odette e Odile del Lago dei Cigni. La direzione del Bolshoi, (fuori programma) decise di affidarmi il ruolo da protagonista in uno spettacolo al Palazzo dei Congressi del Cremlino con tutto il corpo di ballo del Bolshoi. Avevo 23 anni e fu un evento, ne parlarono tutti i quotidiani in Italia e misero anche una grande foto sul Corriere della Sera e su un quotidiano sovietico. Venne l’ambasciatore d’Italia a vedermi e mi mandò in palcoscenico un gran cesto di garofani rossi con un nastro con i colori della bandiera italiana.

Che ricordi conserva del Teatro Bolshoj?

Tutti ricordi bellissimi, soprattutto i maestri, ma anche i colleghi e le colleghe, non sentivo invidie anzi al contrario mi sembrava che facessero il tifo per me, forse perché ero straniera, non so! Mi sentivo amata.

Quali ruoli ha prediletto?

Dopo Odette e Odile nel Lago dei Cigni posso dire Giselle, Giulietta, Kitri in Don ChisciotteL’Uccello di Fuoco, Swanilda in Coppelia, e poi tanti altri ruoli che ho ballato con la mia Compagnia su coreografie di Stefanescu fra cui Sagra della Primavera, Dialogo con l’Infinito e Patetica.

Quali sono stati i momenti più importanti ed emozionanti della sua carriera, quelli che hanno determinato una svolta nella sua vita professionale e anche nella sua crescita interiore?

Nella mia vita professionale hanno giocato un grande ruolo i miei maestri, dalla signora Bulnes alla Scala a tutti quelli che ho avuto a Mosca (Tikhomirnova, Iordan, Gherdt, Messerer). Mi hanno insegnato la professione al massimo dei livelli e soprattutto hanno influito tantissimo sulla mia formazione artistica.

La mia crescita interiore comincia dalla famiglia, genitori semplici ma onesti dove vigeva l’uno per tutti per uno. Poi intorno ai vent’anni ho conosciuto la spiritualità dell’Unità di Chiara Lubich, che mi ha conquistata e ha dato senso a tutta la mia vita, a prescindere dalla danza e dalla carriera.

Lei è stata una delle più grandi étoile ma non hai mai avuto atteggiamenti da diva?

Tanto ho amato l’arte e la danza, tanto ho ‘odiato’ il divismo, mi sembrava che questo non avesse nulla a che fare con la vera arte. Non ero mai contenta di me stessa e ricercavo sempre un perfezionamento maggiore, in tutti i sensi. Ricordo la meraviglia dopo uno spettacolo a Riga: avevo ballato Il Lago dei Cigni e dopo lo spettacolo un gruppo silenzioso di persone era ad attendermi all’uscita e da loro uscì una sola parola, “Grazie!” Era la prima volta che accadeva. Alla Scala era tutto diverso, c’era più ‘fanatismo’ per la prima ballerina…

Qual è il balletto che ha più amato? E il coreografo?

Amo molto le coreografie che ‘visualizzano’ la musica, cioè che sono proprio un tutt’uno con la musica, per questo amo molto, oltre ai grandi classici, anche Balanchine. Ho scelto di dar vita ad una nuova Compagnia con Marinel Stefanescu proprio per la sua grande sensibilità musicale.

C’è un ballerino, anche odierno, con il quale avrebbe voluto esibirsi in coppia?

Ho ballato nella mia vita con un centinaio di partner, mi basta.

Tornando alla sua formazione, c’è stata una situazione in cui ha avvertito chiaramente l’esigenza di danzare?

Alla Scala non è sempre stato facile, quand’ero invitata in altri teatri o all’estero era un’altra cosa.

Lei ha lavorato molto con Nureyev. Com’è stato relazionarsi e danzare con lui?

Nureyev è stato un grande e serio professionista e un grande lavoratore, non si risparmiava mai, forse per questo andavamo d’accordo. C’è sempre stato un ottimo accordo con lui. Lo ricordo come un artista generoso sotto tanti punti di vista.

Cosa consiglia ai giovani che vogliano seguire l’arte della danza?

Cercare una buona scuola e sperare di capitare con buoni maestri, questa è la cosa principale. E quando si sono trovati, ascoltarli alla lettera. Sono loro che ti possono formare e portare avanti, non i complimenti degli amici.

La danza classica è sempre stata vista come un’arte per l’élite. Cosa ne pensa a riguardo?

Non esiste arte di élite, esiste arte o non arte. Quando l’arte è fatta male non la si capisce e il pubblico non restando conquistato dice che è di élite. Non è vero. Non c’è niente di più popolare della danza classica perché offre al pubblico l’armonia e la bellezza del corpo umano unito alla musica, ai costumi e alle luci, un’unica armonia.

È difficile separare la carriera dalla vita privata?

Noi siamo una persona sola, non siamo due persone, quella che sono nell’arte sono anche nella vita privata. E’ ovvio che una influenza l’altra, ma devono sempre armonizzare, altrimenti è un inferno.

Lei ha ballato nella sua carriera con tanti coreografi, poi sul suo cammino ha incontrato Marinel Stefanescu, cosa ha trovato in lui?

Un artista di primo piano con una grande sensibilità musicale e una particolarissima creatività e fantasia nel creare nuovi passi su musiche, anche mai pensate dagli autori per essere danzate, come per la Patetica di Ciaikovski o il Concerto n. 3 di Rachmaninov. Altra qualità che apprezzo molto delle sue coreografie è la caratteristica dell’unitarietà degli spettacoli che mette in scena, nulla prevale, non ci sono divi, ma si cerca di raggiungere una bellezza complessiva.

Pensa che partecipare ai Concorsi di danza sia un buon inizio per la carriera di danzatore professionista?

Sono sincera, proprio no. Ma non sono la sola a pensarla così. Ho partecipato come membro della giuria di importanti concorsi internazionali e ricordo che Galina Ulanova diceva che i concorsi sono fatti per i cavalli, non per gli artisti. Se si è bravi non c’è bisogno dei concorsi.

C’è stato un momento in cui hai avuto chiara la percezione che sarebbe diventata qualcuno?

Proprio no. Non mi sono mai sentita ‘qualcuno’, come ho detto ero sempre in ricerca di fare meglio!

Come ha vissuto il suo successo?

Giorno per giorno. Nella danza non si ha mai in mano niente. Ogni giorno alla lezione si deve riconquistare tutto. Questo aiuta a stare al proprio posto e non sentirsi ‘arrivati’.

Memorabile la sua interpretazione nel Lago dei Cigni. Quale allestimento ricorda con maggiore entusiasmo?

Certamente quello del Teatro Bolshoi di Mosca, ma anche quello dell’Opera di Bucarest era molto bello.

Nel 1978 ha aperto con il maestro Marinel Stefanescu la “Scuola di Balletto Liliana Cosi e Marinel Stefanescu” gestita dall’Associazione Balletto Classico e in seguito avete fondato anche la Compagnia. Una grande opportunità per tutti coloro che vogliono avvicinarsi al mondo tersicoreo e per lei, immagino, fonte di grande soddisfazione?

Sì fonte di grande soddisfazione ma soprattutto di grande lavoro, non si può immaginare. Eravamo entrambi in piena carriera e dover occuparci di tutta un’organizzazione alla quale non eravamo abituati è stato pesantissimo, ma ce l’abbiamo fatta e, malgrado tutto, esistiamo ancora. Comunque siamo partiti con la Compagnia di Balletto e dopo un anno abbiamo aperto la Scuola.

Come ha fatto a conciliare la carriera di ballerina, con la scuola di ballo e la direzione della Compagnia di danza?

Lavorando dal mattino alla sera…

La differenza tra l’essere una brava interprete e una brava insegnante?

Sono due vocazioni ben distinte. Ma per chi ha anche la seconda la prima è di grandissimo aiuto, si può dare tanto di più ai giovani.

Secondo lei chi ha segnato e ha fatto la differenza nella danza a livello mondiale?

Non si può prescindere da Vaganova, la grande maestra di Leningrado che ha messo a punto un metodo scientifico di insegnamento della danza classica al quale ancora oggi tutte le maggiori accademie del mondo fanno riferimento. Per scientifico non si intende solo tecnico. Il metodo Vaganova è decisamente artistico, coinvolge tutta la persona, ma bisogna saperlo insegnare, non bastano i libri. Lei si è appoggiata ai vecchi metodi già esistenti, compreso Cecchetti, ma è andata oltre e i risultati si sono visti. Tutti i maggiori ballerini del mondo vengono da quelle scuole che utilizzano questa tecnica.

Quali sono i balletti narrativi che un étoile non può tralasciare dall’interpretare?

Non è sempre e solo una scelta dell’artista. A volte ci sono certi ruoli che possono piacere ma per i quali non si è adatti. Non è che tutti possono ballare tutto.

Danza accademica e danza moderna: possono comunicare tra loro?

Assolutamente sì, dipende dall’intelligenza e della preparazione e dal buon gusto del coreografo.

Quali sono le sue esperienze legate alla danza moderna?

Ho ballato la Nona di Beethoven con la Compagnia di Béjart a Bruxelles interpretando il 2° movimento. Prima di accettare, ho però voluto vedere di cosa si trattava. Non tutte le sue coreografie sono valide.

Un suo ricordo di Maurice Béjart?

E’ un coreografo certamente geniale che ha avuto degli ottimi exploit, ma non tutte le sue coreografie sono di valore. Era una persona con molti chiari e scuri anche nei rapporti coi ballerini della sua compagnia e la sua influenza su di loro non è sempre stata positiva.

Lei è una figlia spirituale di Chiara Lubich, leader dei Focolarini. La fede è diventata la ragione principale della sua vita, com’è avvenuta questa scoperta?

Ne ho già accennato sopra. Non dimentichiamo che noi siamo una persona sola e le nostre convinzioni non possono influire solo su una parte di noi, ma su tutte le nostre scelte e i nostri comportamenti. La fede è un dono, non un merito, prima ne ero priva poi ad un certo punto, grazie ad una lettura mi è ‘spuntata’, e così sono andata avanti perché mi incuriosiva, fino a quando ho incontrato la spiritualità di Chiara che ha fatto letteralmente ‘unità’ di tutta me stessa: nei pensieri, aspirazioni, forze, sogni, presente e futuro. Il lavoro, l’arte non erano più la cosa principale ma una visione molto più ampia della vita.

C’è un nesso tra religione e danza?

C’è nesso tra religione (intesa come spiritualità) e tutta la vita, con qualsiasi tipo di lavoro e professione e quindi anche con la danza. Pensi che sono solita dire che ‘odio’ il Dio danza, nel senso che la danza non può essere un assoluto, e  mi è capitato di spiegare ai miei allievi che se c’è un assoluto è quello che abita dentro di noi, ed è quello che deve crescere ed esprimersi magari anche con la danza, se è la tua strada.

Veniamo al lavoro con il coreografo: quali ne sono le problematiche?

Se c’è stima reciproca non ci sono problematiche.

Un’ultima domanda signora Cosi: qual è l’arte che ama maggiormente dopo la danza?

E’ ovvio: la musica. Quello che ha guidato il mio modo di ballare è stato l’obiettivo di cercare di ‘essere’ la musica, una cosa sola con la musica.  Cosa irraggiungibile ma bellissima anche da vedersi.

Michele Olivieri

10/09/2014

Nelle foto: 1. Liliana Cosi e Rudolf Nureyev al Teatro alla Scala; 2. Liliana Cosi in Giselle; 3. Liliana Cosi in Don Chisciotte; 4. Liliana Cosi in Shéhérazade; 5. Liliana Cosi in  Risveglio dell’Umanità (1987); 6. Liliana Cosi mentre dà lezione.

Nel video Liliana Cosi e Rudolf Nureyev si esibiscono nel pas de deux de La Bella Addormentata durante la settima puntata di Teatro 10 nel 1972.

 

 

Scrivi il tuo commento

Un Commento

  1. camilla

    ho lavorato con la signora Cosi nel ’77 a Reggio Emilia al Teatro Comunale che ancora non si chiamava Romolo Valli. Facemmo Lago e Patetica . Ho un ricordo bellissimo della signora Cosi e di Stefanescu, bravissimo maestro. Non avevano ancora la scuola e per me era uno dei primi lavori. La loro professionalità e umiltà mi colpì e ancora la ricordo. La Odette di Liliana Cosi era straordinaria!

    Set 11, 2014 @ 12:47:58

design THE CLOCKSMITHS . development DEHLIC . cookie policy