La recensione

La Valse, Symphony in C e Shéhérazade. Tradizione e innovazione per il nuovo di trittico di balletti al Teatro alla Scala.

Molto eterogeneo il trittico di balletti al Teatro alla Scala di Milano. Due le coreografie in prima assoluta all’insegna del made in Italy, La Valse affidata agli scaligeri Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina e Shéhérazade di Eugenio Scigliano, affiancate da Symphony in C capolavoro neoclassico di George Balanchine. La Valse ha il pregio di mantenere una sostanziale uniformità coreografica mentre l’asciutta Shéhérazade di Eugenio Scigliano funziona a tratti. La danza cristallina di George Balanchine incanta ancora una volta mettendo in mostra tutte le prime parti (Martina Arduino e Timofej Andrijashenko, Nicoletta Manni e Roberto Bolle, Virna Toppi e Claudio Coviello, Vittoria Valerio e Marco Agostino) e il meraviglioso Corpo di Ballo della Scala guidato da Frédéric Olivieri. Eccellente la direzione musicale di Paavo Järvi. Repliche fino al 13 maggio 2017.

È in scena in questi giorni al Teatro alla Scala di Milano un nuovo trittico di balletti: un trittico che è diventato tale solo dopo la presentazione della stagione, giacché originariamente fu pensato dall’ex Direttore del Ballo Mauro Bigonzetti come un dittico focalizzato sulla coreografia made in Italy. All’originario progetto de La Valse affidata ai danzatori scaligeri Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina e di Shéhérazade di Eugenio Scigliano – quindi due partiture afferenti all’universo dei Ballets Russes – è stata poi aggiunta Symphony in C di George Balanchine. Una serata quindi molto eterogenea per stili e proposte e che ha avuto risultati alterni.

La Valse di Maurice Ravel ha alle spalle precedenti coreografici davvero gloriosi: basti pensare alla versione forse più celebre, quella di Frederick Ashton del 1958 e che debuttò proprio alla Scala (magari qualcuno prima o poi se ne ricorderà e potremo rivederla anche in Italia…) o a quella di George Balanchine. La difficoltà principale nel creare una coreografia per e sulla Valse sta probabilmente nella musica che non è un valzer stricto sensu, ma una musica che viene continuamente incalzata, sgretolata e puntellata da un incessante senso di marcescenza e malinconia. C’è poi un a seconda difficoltà non certo minore, ovvero la durata della partitura: poco più di dieci minuti per orchestrare i ruoli principali e il corpo di ballo.

I tre artisti scaligeri relegano l’atmosfera d’antan della partitura ai costumi (realizzati da Irene Monti) che si rifanno agli anni Venti del secolo scorso mentre i passi del valzer propriamente inteso riemergono di tanto, quasi un fantasma di un tempo che fu, inframezzati a un impianto coreografico contemporaneo. Il pregio principale di questo lavoro sta nella sostanziale unitarietà della coreografia. Nello specifico non si sono viste discrepanze tra i tre autori tali da comprometterne il risultato finale: il tutto è risultato omogeneo, forse non sempre musicale ma visivamente apprezzabile. In questo lavoro c’è un grande senso di inafferrabilità rappresentato da una grande pedana ricurva posta sul fondale: i ballerini ci si buttano contro e cercano di scavalcarla ma finiscono sempre per esserne respinti. Lo stile impiegato nella costruzione dei passi è moderno, netto, asciutto e lontano da una facile stucchevolezza. Le parti principali hanno visto come protagonisti Emanuela Montanari (Una donna), Antonino Sutera (Un uomo), Antonella Albano e Gioacchino Starace (Una coppia).

È stata poi la volta di Symphony in C di George Balanchine. Che altro si può dire di questa cattedrale di perfezione? Nulla, se non che ci siamo trovati ancora una volta catapultati nell’Olimpo della danza neoclassica. Cosa non è capace di tirar fuori Mr B dal suo cappello magico… una cascata continua di gioielli e bellezza. Finisce la rappresentazione e ancora non si è sazi: verrebbe spontaneo chiedere il bis… o almeno una doggy bag che possa contenere un po’ dello splendore che si è visto in scena! Symphony in C, che vide il proprio debutto sulle scene dell’Opéra di Parigi nel 1947 col nome di Le Palais de Cristal, è il tipico concerto danzante di Balanchine. Costruito sulla musica del giovane Georges Bizet, il balletto segue i quattro movimenti della partitura musicale: a quattro coppie affiancate dal corpo di ballo sono destinate le parti solistiche, mentre l’ultimo movimento vede il ritorno in scena di tutte le coppie in un finale degno del più sfarzoso dei balletti di età imperiale (si pensi solo all’Apoteosi di Raymonda).

La prova degli interpreti scaligeri è stata eccellente. Nel primo movimento Martina Arduino e Timofej Andrijashenko hanno incantato per la brillantezza e l’ironia della loro danza vivace e briosa. Nicoletta Manni e Roberto Bolle hanno eseguito l’Adagio. Una coppia davvero imperiale e che ha saputo rendere giustizia alla solennità del brano. In particolare sono da lodare la compostezza e la regalità con cui Nicoletta Manni si è profusa nell’esecuzione dei celebri equilibri che caratterizzano questa pagina. Ottimi anche Virna Toppi e Claudio Coviello nel terzo movimento: per il nitore delle linee è emersa l’esecuzione di Claudio Coviello, che tra tutti gli interpreti maschili è stato quello stilisticamente più convincente. Ma molto bene hanno danzato anche Vittoria Valerio e Marco Agostino che hanno fatto mostra di una danza virtuosa e frizzante al contempo. Superlativa la prova del corpo di ballo femminile guidato da Frédéric Olivieri.

Resta da riferire della Shéhérazade di Eugenio Scigliano su musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov. Il coreografo cosentino non è nuovo ad affrontare titoli di repertorio: al 2013 risale infatti la sua versione di Giselle per lo Junior Balletto di Toscana. Fu un successo clamoroso e a buon diritto perché quella Giselle resta un piccolo gioiello. Un coreografia che seppe cogliere nel segno, unendo un bel disegno coreografico ed un’accattivante drammaturgia che benissimo si adattavano ai giovani interpreti dello JBdT. Con questa Shéhérazade le cose sono andate in parte diversamente. L’autore dichiara di volersi distanziare dall’esotismo di maniera di Michel Fokine (il celebre coreografo della prima Shéhérazade risalente al 1910) per poter raccontare una storia di sopruso purtroppo ancora oggi attualissima, ovvero la violenza dell’uomo sulla donna.

La danza procede sempre per linee stringate e decise. Forse troppo stringate e decise perché anche il grande duetto d’amore riesca a farci gustare l’arrendevolezza dei sensi e l’atmosfera sospesa tra sogno e passione. È più per singole immagini o momenti che la coreografia fa centro. Come quando le ballerine sollevano i lunghi capelli, quasi strattonarsi per una colpa che non hanno commesso. Oppure quando lo Schiavo d’oro entra in contatto col corpo di ballo femminile esprimendo finalmente quella carnalità e quell’abbandono indispensabili per sedurre lo spettatore. I personaggi sono comunque ben sbalzati; meno ha convinto la gestione degli insiemi di tanto in tanto secca e ridondante. Bene le singole prove: colpisce l’avvenente e appassionata Zobeide di Virna Toppi, seduce il bellissimo Schiavo d’oro di Nicola Del Freo, colgono nel segno le prove di Gioacchino Starace (Shariar) e di Marco Agostino (Zahman).

Parte musicale superlativa con Paavo Järvi sul podio dell’Orchestra del Teatro alla Scala. Molti gli applausi per tutti, con particolare e giustificato picco d’entusiasmo per Balanchine e la sua inesauribile cascata di cristallo. Le recite del trittico composto da La Valse, Symphony in C e Shéhérazade proseguono fino al 13 maggio 2017.

Matteo Iemmi 

28/04/2017

Foto: 1. Symphony in C, coreografia di George Balanchine ph. © School of American Ballet- Teatro alla Scala; 2. Martina Arduino e Timofej Andrijashenko, Symphony in C di George Balanchine ph. © School of American Ballet – Teatro alla Scala; 3.-5. Nicoletta Manni e Roberto Bolle, Symphony in C di George Balanchine ph. © School of American Ballet – Teatro alla Scala; 6.-7. Virna Toppi e Claudio Coviello, Symphony in C coreografia di George Balanchine ph. © School of American Ballet – Teatro alla Scala; 8. Vittoria Valerio, Symphony in C coreografia di George Balanchine ph. © School of American Ballet – Teatro alla Scala; 9.-11. Symphony in C coreografia di George Balanchine ph. © School of American Ballet – Teatro alla Scala; 12. La Valse di Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 13. La Valse di Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 14. Antonella Albano e Gioacchino Starace, La Valse di Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 15. La Valse di Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 16. Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 17. Marco Agostino, Virna Toppi, Gioacchino Starace, Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 18.-20. Virna Toppi, Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 21. Virna Toppi e Nicola Del Freo, Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 22. Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 23. Marco Agostino, Virna Toppi, Gioacchino Starace, Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala; 24. Virna Toppi, Gioacchino Starace, Shéhérazade di Eugenio Scigliano, ph. Marco Brescia e Rudy Amisano – Teatro alla Scala.

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