La recensione

L’histoire de Manon al Teatro alla Scala con Virna Toppi e Marco Agostino

Con L’histoire de Manon di Kenneth MacMillan il Teatro alla Scala chiude la stagione 2014/2015 di balletto. Ottima la prova del Corpo di ballo scaligero nel rendere la cifra squisitamente teatrale della coreografia. Altrettanto degna di lode l’esibizione dei due ballerini scaligeri Virna Toppi e Marco Agostino, a conferma del fatto che anche in assenza di artisti ospiti il Balletto della Scala potrebbe con tutta tranquillità reggersi sugli elementi interni.

È con L’histoire de Manon di Kenneth MacMillan che il Teatro alla Scala chiude la stagione 2014-2015 di balletto. Quello che preme subito sottolineare della ripresa del titolo è ancora una volta la validità della compagine scaligera. Lo spirito della Manon di MacMillan risiede soprattutto nel rendere vivo e teatrale ogni attimo. Si pensi a tutte le “controscene” di cui è costellata partitura: l’andirivieni delle cortigiane, le baruffe da taverna, gli avventori che con fare un po’ voyeuristico osservano le donne deportate… l’occhio dello spettatore è costantemente solleticato anche in assenza dei protagonisti. Ogni personaggio ha una propria dignità scenica, vivida e tangibile (e non poteva essere altrimenti considerato l’amore di MacMillan per il teatro e il cinema) e il Balletto della Scala è riuscito nel rendere questa cifra stilistica che con facilità potrebbe scadere nel banale se non nel macchiettistico.

Altrettanto lodevole è stata la prova dei protagonisti. Abbiamo scelto ancora una volta di seguire un giovane cast interamente scaligero (la recensione si riferisce alla recita pomeridiana del 19 novembre 2015) a conferma del fatto che anche in assenza di artisti ospiti il Balletto della Scala potrebbe con tutta tranquillità reggersi sugli elementi interni. Della Manon di Virna Toppi colpisce subito la bellezza d’antan: bionda, alta, occhi grandi e chiari, sguardo altero ma all’occorrenza dolcissimo. Ha mostrato un lavoro sulla parte superiore del corpo eccellente: musicalissima e regale nel lavoro di braccia, non ha tradito nessuno sforzo né angolosità nel grande momento solistico alla scena della festa. Supportata da un’ottima torsione del busto, la sua Manon si è piegata senza sforzo alcuno tra i vari registri (dall’innocenza del primo amore per Des Grieux a quello ben più materiale per Monsieur G.M.) restituendo sì un personaggio contraddittorio ma sempre permeato da un candore e un’imprudenza che solo una ragazzina di sedici anni può avere.

Parimenti valido il Des Grieux di Marco Agostino che ci ha favorevolmente colpito. Innanzitutto da punto di vista puramente tecnico perché il salto negli anni si è fatto più alto e timbrato, così come è diventata più solida la sicurezza negli atterraggi: il tutto a vantaggio di un legato più puro e musicale. È stato un Des Grieux innocente, quasi sopraffatto dall’uragano dell’amore per Manon, dolcissimo ma sinceramente disperato alla morte dell’amata. Un’interpretazione convincente per questo giovane e versatile artista.

Sinistro e al contempo ‘guascone’ il Lescaut interpretato da Walter Madau. Bene anche l’amante di Lescaut di Antonella Albano, forse un po’ carente di sensualità ma compensata dalla tecnica sicura. Il viso tagliente e il fraseggio nervoso contribuiscono comunque a creare un convincente contraltare femminile al personaggio di Manon. Di grande teatralità il Monsieur G.M. di Mick Zeni così come il bieco Carceriere di Massimo Garon. Simpaticissimo e frizzante il Capo dei mendicanti di Mattia Semperboni. Sempre vibrante la conduzione di David Coleman a capo dell’Orchestra del Teatro alla Scala.

Un pomeriggio di bella danza salutato con molto affetto e partecipazione dal pubblico.

Matteo Iemmi

21/11/2015

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