La recensione

L’Opéra de Paris celebra Maurice Béjart

Tutto esaurito per tutte le recite e pubblico in visibilio all’Opéra Bastille per Maurice Béjart, spettacolo che rende omaggio al coreografo marsigliese con un trittico di suoi capolavori degli anni Sessanta e Settanta. In apertura L’Oiseau de Feu, con l’italiano Francesco Mura nel ruolo dell’Uccello di Fuoco e con Yvon Demol in quello dell’Uccello Fenice. A seguire Le Chant du Compagnon Errant creato per Rudolph Nureyev e Paolo Bortoluzzi e qui interpretato da Antoine Kirscher ed Enzo Saugar. In chiusura il celebre Boléro in una versione tutta al maschile con il premier danseur Audric Bezard quale protagonista. Lo spettacolo è in scena fino al 28 maggio 2023.

Maurice Béjart… il nome stesso evoca la Danza, sì proprio quella con la D maiuscola, che egli considera “un perpetuo diario intimo di emozioni provvisorie” sostenuto dalla sua profonda convinzione etica di come “siano necessarie per la danza una rivoluzione morale, una nuova estetica. La danza non ha più nulla da raccontare, ma ha molto da dire”.

 Béjart, infatti, non ha creato un nuovo vocabolario tecnico ma ha inventato un nuovo genere di balletto in cui non primeggia la parte narrativa bensì quella empirico concettuale che lui definisce “l’arte totale”: un insieme di danza, parole e canto in cui “si può parlare di tutto”, soprattutto del tempo presente, danzando anche su degli arrangiamenti musicali elettronici, praticando scene spoglie e costumi essenziali, senza artifici decorativi, utilizzando il vocabolario del balletto senza manierismi.
Il differente patrimonio intellettuale e le diverse spiritualità, incontrate nel suo tragitto di vita, costituiscono infine tematiche fondamentali che “abitano” il geniale coreografo marsigliese. Ecco allora che Béjart crea dei “ballets-carnets de voyage”, dall’essenza esotica per quei tempi, che aprono al pubblico occidentale panorami di vaste culture sovente arricchite da musiche etniche del mondo intero.
Accompagnerà così i suoi spettatori verso il Mediterraneo, con titoli quali Héliogabale, Boléro, Orphée, Sept Danses Greques, in Iran con Golestan, in Russia, dove rivista soprattutto le opere dei Ballets Russes come Le Sacre du Printemps, LOiseau de Feu, Petroučka, fino al Giappone con Kabuki e M comme Mishima. Nelle sue ricerche spirituali il coreografo ha sempre voluto ritornare alle tradizioni, le più ancestrali. Tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento Béjart per il suo pubblico possiede un’aura eccezionale e una splendida Compagnia formata da oltre 70 danzatori, impegnata in tournée nel mondo.

L’Opéra de Paris, per la Stagione 2022/23, ha voluto rendere omaggio alla genialità dell’immenso coreografo francese dedicandogli un’intera serata. Con debutto il 21 aprile e repliche sino al 28 maggio 2023, l’Opéra Bastille è stata per tutte le recite al completo, senza possibilità di trovare un solo posto libero, colma di persone coinvolte e in visibilio.

Interessante ed esaustiva la scelta dei titoli presentati, sia per il respiro che ha saputo concedere allo sguardo dello spettatore, sia per i contenuti esposti.

Lo spettacolo, significativamente intitolato Maurice Béjart, riserva l’incipit a L’Oiseau de Feu, sulla geniale partitura di Igor Stravinskij che concepì nel 1910 la sua prima musica per balletto ispirata a una fiaba tradizionale russa trascritta in danza da Michel Fokine per i Ballets Russes.

La vicenda è quella del perfido mago Kastcheï che possiede un giardino incantato dove gli alberi producono mele d’oro ambite da un misterioso Uccello di Fuoco. Grazie al suo aiuto, Ivan il figlio dello Zar, salva le principesse prigioniere del malvagio stregone. Opera di esotismo romantico, foga ritmica di leggende popolari, il balletto sedusse non solo il pubblico dell’epoca ma anche moltissimi compositori e musicisti del XX secolo. Stravinskij, tuttavia, stimò la propria creazione troppo lunga e di qualità non omogenea, trasformandola in tre successive suites più brevi per orchestra, una corretta nel 1915, un’altra nel 1919 e infine la terza nel 1945; Béjart sceglie quest’ultima per far rivivere, attraverso il suo immaginario, l’emozione che vibra all’interno della partitura, corrispondendo alla magnificenza della musica con l’intensità della sua lettura.

La prima versione de L’Oiseau de Feu creata da Béjart fu nel 1950 per il Ballet Cullberg e da allora le opere di Stravinskij lo condurranno a redigere attraverso la danza tutto il repertorio del compositore russo, da lui considerato musicista rivoluzionario. Successivamente nella sua seconda versione, quella conosciuta nel mondo intero e composta all’Opéra de Paris il 31 ottobre 1970 con Michaël Denard nel ruolo dell’Uccello di Fuoco e Jean-Pierre Franchetti nel ruolo della Fenice, Béjart concepisce l’Uccello di Fuoco come una Fenice che rinasce dalle sue ceneri: Uccello di Fuoco emblema di vita e di gioia immortale in cui lo splendore e la forza restano luminosi e indistruttibili. Danza astratta, pervasa da elementi nei quali la creatività ammanta con rispetto l’antica tradizione attraverso un canto “rivoluzionario” del poeta che, similmente all’Uccello di Fuoco, risorge eternamente. Così, come scriveva Camus: “nell’arte la rivolta si compie e si perpetua con la rivoluzione, non con la critica o i commenti”.

Seconda pièce presente nel programma, Le Chant du Compagnon Errant sui Lieder eines fahrenden Gesellen di Gustav Mahler, fu creato nel 1971 alla Forest National di Bruxelles, danzato da Rudolph Nureyev e Paolo Bortoluzzi; nel 2003 entrò nel repertorio dell’Opéra de Paris.

Tra i numerosi cicli dei Lieder di Mahler questo è speciale perché, contrariamente agli altri, le parole sono state scritte da Mahler stesso che si concede in esse una sorta di confessione autobiografica.

Béjart, ricercando nella profondità degli spazi dell’anima, è stimolato e affascinato dalla musica di Mahler e immagina, ispirandosi alle parole del musicista, il suo compagno errante così come potevano esserlo certi giovani apprendisti nel Medioevo che viaggiavano di città in città alla ricerca del loro destino e del loro Maestro.

Il protagonista della coreografia è un giovane romantico che si muove in un universo neutro, al di fuori del tempo, nudo nella purezza delle linee che segnano e imprimono lo spazio con la gestualità disegnata dal corpo, avvolto in una calzamaglia azzurra. Accanto a lui, in rosso amaranto, il suo destino che lo sollecita, lo rapisce e lo conduce attraverso le esperienze e la difficoltà della vita. Così il giovane segue e affianca la sua sorte con la consapevolezza di “un coltello nel petto” percepito come il dolore della lotta contro la solitudine e la morte: “non pensare, si diceva, è un errore pensare alla morte. La morte è il nulla”.

 

Ultimo brano in programma è Boléro, su musica di Maurice Ravel, pièce conosciutissima e molto apprezzata, creata da Béjart nel 1961, dopo un viaggio in Grecia, per Duška Sifnios e le Ballet du XX Siècle al Teatro de la Monnaie di Bruxelles. Dopo lo spettacolo Antoine Livio, eccellente critico di danza dell’epoca, scriveva: “si vede solo una mano, poi un braccio simile a un serpente, poi Duška tutta intera, quasi nuda per l’effetto della calzamaglia color carne, i capelli bagnati come se uscisse dal mare: novella Afrodite”. Duška, danzatrice jugoslava emblema del Ballet du XX Siècle di quegli anni, era invero una dea di bellezza e di ardore e Béjart, durante una tournée in Grecia, dopo averla vista uscire bagnata dal mare, la immaginò sul tavolo di una taverna greca, dove tutti condividono i ritmi e le melodie della musica tradizionale, a danzare e a farsi desiderare da uomini ammaliati dal suo impeto passionale. Béjart di lei diceva: “superba e sontuosa, Duška faceva impudicamente ostentazione di un narcisismo di bambina”. Lei fu la prima interprete di un capolavoro che dimostra la libertà di Béjart di trascendere i generi. La grande tavola rotonda rossa, posta al centro del palcoscenico, magnetica e coinvolgente, sarà calcata con la passione dell’eros dai nomi più altisonanti dell’universo della danza mondiale, donne come uomini, e ciascuno donerà, attraverso la melodia della pièce musicale, una sua coloritura e un’intensità diversa, nel desiderio di cimentarsi di fronte a gente di taverna, seduta intorno al tavolo, che osserva e viene coinvolta dal ritmo della partitura musicale nella crescita del desiderio.

Oggi esistono tre versioni di Boléro: ritmo femminile e melodia maschile, ritmo maschile e melodia femminile, ritmo maschile e melodia maschile, come si è visto l’altra sera all’Opéra Bastille, versione che è stata anche immortalata a Venezia in piazza S. Marco con uno strepitoso Jorge Donn e da Claude Lelouch davanti alla tour Eiffel.

Questa danza, simile all’acqua che sgorga fresca e viva da una sorgente pervadendo il corpo e rendendolo musica, è condivisa dal piacere di chi danza sul tavolo rosso e da chi, in basso invece, guarda, osserva e respira struggimento. Inoltrandosi così nella carnalità del desiderio Boléro riesce a far trattenere il respiro al pubblico che alla fine esulta in applausi fragorosi.

I danzatori dell’Opéra de Paris hanno dato il meglio delle loro capacità artistiche, tecniche e interpretative mantenendo così alta la qualità dello spettacolo e rendendo onore a uno dei più grandi coreografi della storia del balletto. Nel ruolo dell’Uccello di Fuoco l’italiano Francesco Mura ha fatto prova di tecnica eccellente e di belle coloriture di energia, accanto a lui il prestante Yvon Demol, l’Uccello Fenice.

Splendidi entrambi per la purezza delle linee e per l’intensità interpretativa Antoine Kirscher ed Enzo Saugar, rispettivamente il Giovane e il suo Destino, accompagnati dalla magnifica voce del baritono Samuel Hasselhorn, hanno superbamente danzato Le Chant du Compagnon Errant.

Sul tavolo rosso di Boléro si è cimentato Audric Bezard, premier danseur della Compagnia, che ha dato prova di una pregevole capacità di gestire il ruolo, sia per l’aspetto tecnico che interpretativo. Ai suoi piedi, intorno a lui, i diciotto danzatori del corpo di ballo hanno eseguito le parti del ritmo con grande intensità e coinvolgimento.

Il teatro, colmo all’inverosimile, ha lungamente vibrato di applausi e di voci di assenso per una serata che si è rivelata magica.

Grazie, Maurice Béjart, di averci donato la Tua Danza!

 Mariolina Giaretta

25/05/2023

 

Foto: 1.-3. Francesco Mura ne L’Oiseau de feu di Maurice Béjart, ph. Julien Benhamou, OnP; 4.- 7. Enzo Saugar e Antoine Kirscher ne Le Chant du compagnon errant di Maurice Béjart, ph. Julien Benhamou, OnP; 8.-11. Audric Bezard nel Bolero di Maurice Béjart, ph. Yonathan Kellerman, OnP

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