La recensione

Maratona di contemporaneo al Teatro Verdi di Padova: grandi applausi per gli artisti del Festival Lasciateci Sognare

Un folto pubblico e calorosi applausi hanno salutato i tanti artisti in scena lo scorso 6 ottobre 2018 per una vera maratona di danza contemporanea al Teatro Verdi di Padova per il Festival Lasciateci Sognare. In scena lavori di giovani autori (Claudio Pisa, Laura de Nicolao, Laura Boato, Federica Galimberti), giovani interpreti che si confrontano con le grandi firme (Eko Dance International Project con Mats Ek, C.P.P. Padova Danza con Itamar Serussi Sahar), compagnie affermate (EgriBiancoDanza) e riuscite sperimentazioni (Nine Bells di Valerio Longo e Simone Beneventi). Toccante l’assolo di Ahmad Joudeh, protagonista anche di un incontro. Ovazioni per Luciana Savignano protagonista di un nuovo Bolero firmato da Milena Zullo. A lei anche il Premio alla Carriera La Sfera Danza 2018.

Padova “città della danza”, ci verrebbe da dire, dopo l’intensa maratona coreografica che lo scorso 6 ottobre 2018 ha concentrato al Teatro Verdi un ampio pubblico di appassionati, artisti e operatori per il secondo appuntamento del Festival Internazionale Lasciateci Sognare. Giunta alla 15° edizione, la manifestazione diretta da Gabriella Furlan Malvezzi e realizzata dall’Associazione La Sfera Danza si arricchisce ogni anno di nuove iniziative, riservando un’attenzione speciale non solo al balletto, regolarmente accolto con entusiasmo dal pubblico padovano (è di poche settimane fa il successo della serata Omaggio a Nureyev con l’étoile Giuseppe Picone e grandi ospiti internazionali), ma anche alla danza contemporanea, con grandi appuntamenti dedicati ai maestri della coreografia mondiale e alle nuove generazioni di autori e performer.

Per inaugurare il ricco week-end di danza contemporanea, il festival ha riservato al pubblico di Padova un incontro speciale, venerdì 5 ottobre, con Ahmad Joudeh, danzatore e coreografo siriano-palestinese, voce e volto di un’arte coraggiosa che si ribella ai fragori di un mondo in guerra. A Francesca Bernabini, giornalista e direttore di Danzaeffebi, che ha condotto l’incontro dal significativo titolo Danzare o morire, e a un folto pubblico presente in sala, Ahmad Joudeh ha raccontato le sfide e le vittorie della sua adolescenza, dal divieto del padre di studiare balletto alla disgregazione della sua famiglia proprio a causa della danza, fino ai giorni terribili delle bombe sulla casa materna. Poi la salvezza e la rinascita in Europa, l’arrivo all’Het Nationale Ballet e l’incontro tanto desiderato con il mito di sempre, Roberto Bolle che ha in seguito voluto con sé Ahmad Joudeh nel programma di Rai1 Danza con me. Il racconto di Ahmad, appassionato e diretto, sospeso tra la commozione del ricordo e la speranza per il futuro, insegna a guardare al presente con fiducia e coraggio: nel suo sguardo e nelle sue parole, la tenacia di un artista che ha scelto di affidare alla danza il proprio messaggio di pace e di libertà.

VETRINA di DANZA CONTEMPORANEA

Per l’intera giornata del 6 ottobre, il Teatro Verdi si è trasformato in una vera e propria casa per i numerosi artisti ospiti del Festival Lasciateci Sognare. In scena, nel pomeriggio, una densa Vetrina di Danza Contemporanea dedicata ad alcuni dei più interessanti autori sull’attuale scena italiana: Claudio Pisa e Laura de Nicolao, Federica Galimberti della E.sperimenti Dance Company e Laura Boato.

In Timeless Passion, la coppia di interpreti Claudio Pisa e Laura de Nicolao (qui anche coreografi, registi, nonché ideatori dei costumi e delle luci) ripercorrono a ritroso gli attimi di un sentimento in bilico tra il desiderio e la fuga, l’unione e il distacco. La fissità di un eterno bacio di marmo, immortalato dalla celebre scultura di Auguste Rodin (1888), si scioglie qui in un dialogo a due, fatto di sfioramenti e attese, slanci appassionati e improvvisi contrasti, tra il ricordo di un atto già compiuto e l’impellenza di un nuovo moto d’amore. Un brano di poetica ispirazione, ben articolato in un pas de deux malinconico e dolce sulle limpide note di Max Richter e Apparat.

Laura Boato, coreografa veneziana da noi già ammirata per l’intelligente rilettura del dramma eterno di Giselle (in occasione di Choreographic Collision 2016), ci porta questa volta di fronte alla nudità del presente e all’ostensione più pura dell’attimo con il brano dal titolo Hic et Nunc | Noi. Ora. Qui. Il potente inizio, squarcio nel silenzio tra le note pop di Carmen Consoli e in pieno contrasto con l’immobilità dei due interpreti in scena (Michela Lorenzano e Giovanni Fregonese), ha l’effetto straniante di rimandare allo spettatore la scelta di ogni possibile narrazione: ci chiediamo chi siano i protagonisti per poi finire noi stessi al centro della scena, ugualmente fissi e disincantati, immersi nel silenzio del nostro personale racconto. È poi Michela Lorenzano a gestire i frammenti di un’individualità inquieta, persa tra interiorità ed esposizione: vibrante e muta, la immagineremo vittoriosa sugli sguardi altrui, tra i contorni accesi di una femminilità risoluta. Uno studio complesso, dai sottili risvolti filosofici, che attendiamo con interesse di vedere ulteriormente ampliato dalla promettente Boato.

Atmosfere oniriche, accompagnate dall’accattivante soffio di un clarinetto, ingabbiano i quattro personaggi di Quanto Basta, creazione di Federica Galimberti per E.sperimenti Dance Company: il ritratto, breve e pungente, di una comunità in corsa tra le necessità e le mancanze di un ossessivo presente. L’altalena rossa, immobile su un lato della scena, blocca le trame del tempo e lascia al suo passeggero solitario, nuovo magico pifferaio, il governo delle schizofrenie del mondo. Nell’alternanza tra quadri ironici e semiseri, l’utilizzo della voce si sovrappone ad un movimento agile e ampio, dal passo felpato e quieto: in scena, personaggi stravaganti eppure familiari, che proprio nella disperata ricerca dell’approvazione altrui lasceranno infine candidamente cadere ogni maschera e finzione. Bravi gli interpreti di E.sperimenti Dance Company, sia nelle parti recitate che in quelle danzate, e nota di merito al giovane Toni Flego, danzatore del Corso di Perfezionamento Professionale Padova Danza, protagonista di una scena esilarante in cui gestisce con disinvoltura voce e movimento.

Il pomeriggio al Teatro Verdi ha poi riservato al pubblico del festival ulteriori sorprese con una finestra sulla coreografia internazionale: da Mats Ek, mostro sacro della danza contemporanea mondiale, ad Itamar Serussi Sahar, già interprete per la nota Batsheva Dance Company e poi autore di una propria originale ricerca sul movimento apprezzata in tutta Europa.

La presenza di Pompea Santoro, storica interprete del Cullberg Ballet e oggi direttrice di Eko Dance International Project, ha permesso al pubblico di Padova di assistere eccezionalmente ad alcuni estratti da Giù nel Nord, creazione di Mats Ek del 1985. Sulle vivaci musiche popolari svedesi scorrono le scene di una straordinaria quotidianità, in cui un’estrosa comunità risorge gioiosa alla luce del mondo. Un brano travolgente, percorso dal segno ironico e inconfondibilmente poetico di Mats Ek, qui ricucito con rigore e sensibilità da Pompea Santoro, alla quale va il merito dell’eccellente esibizione dei ballerini di Eko Dance Project. Abilissimi, tutti gli interpreti, nel portare in scena gli irresistibili contrasti di una danza energica, potente, calda, e contemporaneamente malinconica, delicata, struggente.

Eccellente infine la prova dei danzatori del C.P.P. Padova Danza in Mono, estratto un lavoro del 2012 di Itamar Serussi Sahar. Modellato sulle curve sonore di Richard van Kruysdijk, storico collaboratore del coreografo, il brano articola ‘in crescendo’ un movimento segmentato e poi improvvisamente fluido, che sorprende e cattura per plasticità e dinamismo. Monadi solitarie tra i colori tenui della scena, gli interpreti si ritroveranno in fila imitando le simpatiche movenze di una realtà sardonica, tanto affascinante e divertente, quanto imprevedibile e beffarda (come l’improvviso buio finale). Un pezzo accattivante che esplode irresistibilmente in una danza di micromovimenti, piccole tensioni e improvvise consolazioni. Ci auguriamo di vedere prossimamente in Italia nuovi lavori di Itamar Serussi Sahar, il cui universo creativo sembra promettere ulteriori sorprese. Molto bravi i giovani interpreti di Padova Danza, a perfetto agio nello stile complesso di Serussi ed evidentemente arricchiti dall’assiduo scambio con il coreografo: tra loro, segnaliamo nuovamente l’energico Toni Flego, le sinuose e intense Magdalena Agata Wojcik, Noemi Rotondo e Valentina Messieri, insieme ad Alessandro Piuzzo, Caterina Cescotti e Chiara Lombardo.

GALA DI DANZA CONTEMPORANEA

Nel Gala di Danza Contemporanea, sempre sul palcoscenico del Teatro Verdi nella serata del 6 ottobre, ancora intensi momenti di spettacolo con quattro brani e grandi protagonisti della scena italiana e internazionale.

Ahmad Joudeh, nell’assolo dal titolo Sacrifice, ci trasporta nei cieli di un mondo in guerra, proiettando sul fondale e sulla sua lunga gonna bianca le immagini di una città caduta. Sui suoni di un canto sofferente e lontano (Sacrifice di Lisa Gerrard), Amhad danza la sua preghiera d’amore inchinandosi ai piedi di un presente cieco e rialzandosi incontro ad un futuro possibile. Nelle sue parole, il senso di una creazione profondamente sentita e commovente: “Prima della guerra civile, in Siria, vivevamo tutti in pace tra di noi: cristiani, musulmani ed ebrei, tutti insieme nello stesso quartiere. Ma da quando è scoppiata la guerra tutti hanno fatto un passo indietro. Sacrifice è la preghiera per la Siria in tutte le religioni affinché tutti tornino ad essere uniti”.

Calorosi gli applausi del Teatro Verdi per l’artista siriano, oggi seguitissimo da tutto il pubblico italiano. Un affetto pienamente ricambiato da Ahmed Joudeh, che non nasconde il suo amore per l’Italia e il desiderio di stabilirsi in futuro nel nostro paese (segnaliamo che, proprio in esclusiva per l’Italia, è in uscita nei prossimi mesi la sua autobiografia).

I brani Apparizione #4 e Apparizione #5 di Raphael Bianco, dal ‘99 principale anima creativa della compagnia EgriBiancoDanza (erede degli storici Balletti di Susanna Egri), trasportano lo spettatore in una dimensione intermedia tra percezione e realtà, visione e proiezione. Gli abiti scuri e aderenti dei danzatori disegnano i contorni di uno scenario misterioso, dal cui denso buio finisce per nascere un nuovo istinto di liberazione e coscienza. L’assenza di una narrazione amplia le possibilità di interpretazione del gesto, affidando a corpi agili e forti, dal movimento felino e deciso, il compito di raccoglierne il senso. Una danza sinuosa, esaltata dall’abilità di interpreti tecnicamente maturi e dall’omogeneità stilistica del gruppo, evidentemente nutrito dallo scambio creativo con il coreografo. Buon successo per una compagnia dall’identità ben definita, oggi sempre più presente sulla scena nazionale con produzioni originali e iniziative a favore della diffusione della danza.

In anteprima mondiale, il Festival ha presentato Nine Bells, performance ideata e interpretata da Valerio Longo, volto storico della compagnia Aterballetto, interprete di eccezionale carisma e coreografo di talento. Il progetto Nine Bells, produzione della Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto in collaborazione con l’Associazione La Sfera Danza, nasce dall’incontro tra Valerio Longo e Simone Beneventi, straordinario percussionista di Reggio Emilia, già premiato con il Leone d’argento alla Biennale Musica di Venezia nel 2010: insieme, i due artisti esplorano l’opera omonima del 1979 di Tom Johnson, che disegna la propria melodia sui rintocchi di nove campane a lastra ordinatamente disposte sulla scena. Quel che appare al primo sguardo è una griglia dorata dal fascino ambiguo, a metà strada tra la sacralità di un tempio e la modernità di uno scenario futuro. Un uomo vestito di nero (Beneventi), assoluto dominatore del tempo, viaggia sicuro lungo percorsi già scritti, scandendo con il proprio strumento il passo perentorio della storia. La marcia è quieta ma necessaria, stabile eppure imprevedibile, e ogni singolo rintocco porta con sé l’eco di quel che è già stato e la chiave di un nuovo principio.

È nell’imperscrutabile ordine del tempo che si inserisce l’imperfezione vitale dell’uomo, seme di un caos imprevisto e variabile ingovernabile dell’universo: Longo, creatura curva e strisciante tra le forme ancora incerte della nascita, compirà il proprio cammino insieme a quello di ogni uomo, schivando i rintocchi di un destino incombente e scoprendo, forse, il disegno di un mistero più grande.

Basata su un complesso studio dello spazio e sulla perfetta sovrapposizione della danza su una partitura già nata in forma ‘coreografica’ (nella composizione di Tom Johnson vengono stabiliti con puntualità i singoli rintocchi e i passi del percussionista esecutore), Nine Bells è una performance dal fascino ipnotico che cattura lo sguardo e l’immaginazione. Troviamo perfetta l’espressione e il gesto inclemente di Beneventi, inarrestabile signore del tempo, in contrapposizione alla danza infuocata e potente di Valerio Longo. Un progetto originale, nato dalla creatività di due artisti eccellenti, accompagnati nella realizzazione dalla consulenza critica di Giuseppe Distefano e da Carlo Cerri, tra i più importanti light designer italiani, qui anche regista e ideatore di scene e costumi (bellissimo il celeste acceso del fondale su cui si stagliano i profili sottili e quieti delle campane a lastra, alternatamente illuminate all’incalzare dei primi rintocchi).

Finale in grande stile per una delle regine della danza italiana, interprete unica e musa dei più grandi coreografi del mondo: Luciana Savignano. Sulla sua danza di irraggiungibile eleganza e armoniosa bellezza, la coreografa Milena Zullo ha disegnato un nuovo Bolero in bianco e nero, ispirato alle storie d’amor violato e offeso. Prigionia di un amore (sottotitolo della creazione) scava nelle contraddizioni di una società accecata, che venera l’esteriorità e dimentica la bellezza: la luce che illumina il corpo fasciato di bianco di Luciana Savignano, immagine delicata eppure straordinariamente potente di donna e virtù, lascia che a risplendere siano i suoi gesti gentili ed aggraziati, sapientemente misurati e forti. Sul suo sguardo acceso e sulle sue lunghe braccia decise, Zullo dipinge i tratti di una femminilità intoccabile e sacra, moderna madre di un nuovo possibile presente. Intorno, gli intrecci e gli scontri di una società inquieta che implode tra le proprie paure.

Significative le parole di Milena Zullo a proposito dellla sua ultima creazione (in Prima nazionale a Padova) sulle note di Maurice Ravel: “Intimidita per il profondo rispetto e l’ammirazione nutrita per il capolavoro bejartiano, grido di libertà, sensualità ed erotismo, è maturato in me il desiderio di narrare altri e diversi umori su queste note, da quel sublime grido che oggi diviene un grido di prigionia. Sul talamo ritmico e mantrico, sempre più ‘antico’ e vincente, si distendono le due melodie sonore, avvicendandosi come voci distinte della stessa natura. Suggestionata da tanto anacronistico femminicidio, esse diventano le voci mute di vittime e carnefici, il racconto della prigionia di un amore malato un mantra che grida dentro il silenzio”.

Meravigliosa Luciana Savignano, ideale interprete di un capolavoro musicale senza tempo e danzatrice dall’intramontabile fascino, e bravi i danzatori del C.P.P. Padova Danza 2018 (Livio Betti, Alessandro Piuzzo, Chiara Vecchiato, Chiara Lombardo, Noemi Rotondo, Greta Puggioni, Veronica Marangon, Elena Morselli, Magdalena  Agata Wojcik) nella gestione dell’articolato disegno coreografico di Milena Zullo, abilmente modellato sulle incalzanti note di Ravel.

Alla stella Luciana Savignano, il Premio alla Carriera La Sfera Danza, consegnato per l’occasione al Teatro Verdi da Alfio Agostini, critico di danza e direttore della rivista Ballet2000: «Il grande coreografo Aurelio Milloss, figura chiave della danza del Novecento in Italia, mi disse una volta che, di Luciana Savignano, amava soprattutto quell’aura totemica, da idolo della danza senza tempo – scrive Alfio Agostini – Oggi, a tanti anni di distanza e dopo una carriera straordinaria, possiamo dire che Luciana Savignano è proprio e sempre questo: un’icona della danza senza tempo, antica e contemporanea, classica e libera, uguale a se stessa e in continua evoluzione. La sua carriera in Italia e nel mondo che La Sfera Danza oggi onora, e che continua con imperturbabile successo, ha dato alla danza una figura davvero unica, di quelle che restano insostituibili negli occhi e nel cuore di generazioni di artisti e di pubblico».

Salutiamo dunque con soddisfazione l’apertura del Festival Lasciateci Sognare 2018, manifestazione ben ideata e organizzata, che ha non solo il merito di presentare al pubblico un’ampia fetta della scena coreografica contemporanea e molteplici forme di creatività, ma anche quello di offrire il proprio palcoscenico ad interpreti giovani, accompagnati lungo il percorso verso il professionismo. Lode dunque al C.P.P. Padova Danza (riconosciuto e sostenuto dal MiBACT), che garantisce agli studenti la possibilità di confrontarsi con grandi autori italiani e internazionali e di crescere professionalmente in un contesto di scambio e condivisione creativa.

Il Festival Internazionale “Lasciateci Sognare” prosegue fino al 26 novembre 2018 con numerosi appuntamenti e compagnie ospiti, tra le quali Kronos, Sopot Dance Theatre, Lu Zheng Ballet, Balletto Teatro di Torino, Balletto di Roma, Zerogrammi e molti altri. Informazioni: www.lasferadanza.it

Lula Abicca

14/10/2018

Foto: 1. Luciana Savignano in Bolero – Prigionia di un amore, coreografia di Milena Zullo con i danzatori del C.P.P. #padovadanza2018; 2. Gabriella Furlan Malvezzi, Ahmad Joudeh e Francesca Bernabini, durante l’incontro a Padova;  3.-4. Ahmad Joudeh e Francesca Bernabini; 5. Ahmad Joudeh e Lula Abicca; 6. Ahmad Joudeh, Francesca Bernabini e Lula Abicca, ph. di Mario Sguotti; 7.-8. Timeless Passion di e con Claudio Pisa e Laura de Nicolao; 9.-15. Michela Lorenzano e Giovanni Fregonese in Hic et Nunc | Noi. Ora. Qui. di Laura Boato; 16.-23. Quanto Basta di Federica Galimberti, E.sperimenti Dance Company; 24. Giù nel Nord di Mats Ek, Eko Dance International Project di Pompea Santoro; 25.-33. Mono di Itamar Serussi Sahar, C.P.P. Padova Danza; 34.-40. Ahmad Joudeh, Sacrifice, ph. Mario Sguotti; 41. -45. Apparizioni di Raphael Bianco, EgriBiancoDanza; 46.-50. Nine Bells di e con Valerio Longo e Simone Beneventi; 51-64. Luciana Savignano in Bolero – Prigionia di un amore di Milena Zullo con i danzatori del C.P.P. #padovadanza2018; 65.-68. Luciana Savignano riceve il Premio alla Carriera La Sfera Danza. Il servizio fotografico è di Mario Sguotti che ringraziamo.

 

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