La recensione

Ovazioni per la Bayadère di Benjamin Pech al Teatro dell’Opera di Roma

È stato un trionfo il debutto all’Opera di Roma del balletto “La Bayadère” nella nuova versione del coreografo Benjamin Pech. Un nuovo allestimento con le scene di Ignasi Monreal, i costumi di Anna Biagiotti e le luci di Vinicio Cheli. Un pubblico numeroso ed entusiasta ha affollato la Prima del 25 febbraio e tutte le successive repliche fino 2 marzo. Con lucida inventiva, Benjamin Pech confeziona una creazione di pregevole stampo, onorando l’originale di Petipa e riscrivendo con moderna eleganza la celebre storia ambientata in un immaginario Oriente. Applauditissime alla Prima le star ospiti, Olga Smirnova (nel ruolo di Nikiya) e Jacopo Tissi (Solor), veri fuoriclasse del balletto. Con loro l’étoile Susanna Salvi, perfetta nel ruolo di Gamzatti. Straordinario successo nelle recite successive per i guest Maia Makhateli e Victor Caixeta e ottima prova anche per le stelle “di casa”, Rebecca Bianchi e Alessio Rezza.

Trionfa La Bayadère nel nuovo allestimento dell’Opera di Roma, portato in scena dal 25 febbraio al 2 marzo 2023 con gli artisti del teatro e star ospiti. Eleonora Abbagnato, direttrice del Corpo di ballo, è tornata a scommettere sul repertorio classico, impreziosendo di un nuovo importante titolo il palcoscenico romano (dopo l’unica rappresentazione del balletto, in versione completa, di oltre dieci anni fa). Una scommessa “ben ponderata” vista la scelta, per la riscrittura del lavoro di Petipa del 1877, del coreografo Benjamin Pech, già autore per l’Opera di Roma di un Lago dei cigni “da record” (creato nel 2018 e ripreso nelle recenti stagioni). Si aggiunge in Bayadère la creatività di Ignasi Monreal, poliedrico artista spagnolo, già inventore dei fondali digitali del Lago al Circo Massimo, qui alle prese con le scenografie dell’intero balletto. A completare il team creativo, Anna Biagiotti per i costumi e Vinicio Cheli per il disegno luci.

La Bayadère, balletto ambientato in un esotico scenario dai colori e profumi d’Oriente, è una storia d’amore e tradimento, tra giuramenti agli dei e umana incoerenza, tra vita e morte. Protagoniste dell’intreccio, Nikiya “la baiadera” e Gamzatti, figlia del Rajah: due donne di diversa discendenza e comune tempra, unite dal destino e dall’amore per lo stesso uomo, Solor il guerriero. Votata alla cura del tempio, Nikiya è danzatrice d’armoniosa bellezza, desiderata suo malgrado dall’ombroso Bramino; la sua storia d’amore con Solor, inizialmente pura e totale, dovrà scontrarsi nel secondo atto con i propositi nuziali del Rajah e con la possessività e la determinazione di Gamzatti, le cui agiatezze finiranno per strappare al debole Solor la fatale promessa di fidanzamento. Vittima di un velenoso agguato, Nikiya muore nel secondo atto, tradita e sola, in un mondo assetato di potere.

Quello che Benjamin Pech riesce a fare nella sua riscrittura coreografica è innanzitutto di rendere leggibile e scorrevole il racconto, concentrando l’azione sul triangolo Nikiya, Gamzatti, Solor, perno di un’universale opposizione tra amore e potere, ideali romantici e brame terrene. Fedele all’essenza coreografica di Petipa e con un lavoro minuzioso sulla partitura di Minkus, la coreografia fluisce agile e senza incertezze: essenziale e efficace nei raccordi pantomimici, lineare nelle svolte drammaturgiche, asciutta nel disegno. Un giusto punto d’equilibrio tra eredità del passato e sguardo presente, per confermare l’imprescindibilità della tradizione, ma anche per rinnovarla, adattandola ad un tempo che corre veloce e che, più che mai, comunica per immagini i repentini cambiamenti del mondo.

Come nelle più diffuse versioni di Bayadère, anche Benjamin Pech chiude la trama con il terzo atto, elidendo un quarto capitolo in cui originariamente si immaginava il crollo del tempio, la morte di tutti i protagonisti, e il ricongiungimento in cielo della Baiadera e Solor. Storico capolavoro compositivo, il terzo atto è noto come Il Regno delle Ombre: tra le allucinazioni di Solor, inconsolabile per la morte di Nikiya, la scena si popola di ombre, “donne fantasma” vestite in bianchi tutù e braccia velate, che dall’alto di una rupe sfilano in discesa come in una solenne processione. Avanzano lentamente, alternando arabesque, torsione del busto e piccoli passi, in una sequenza celebre che si ripete per tutto lo spazio scenico, prima disegnando file sinuose e infine assestandosi in un geometrico schieramento. Alle “fanciulle ombra” si unisce l’evanescente Nikiya che, nel danzante sogno, torna ad amare Solor per il tempo di un paio di pas de deux, tra i più raffinati e complessi del repertorio. Negli ultimi attimi di visione, tra senso di colpa e ricerca del perdono, Solor vedrà infine svanire l’amante tradita, svegliandosi al cospetto del proprio destino.

A caratterizzare il racconto ci pensano non solo le dinamiche coreografie di Pech, ma anche le scene di Monreal, che nei primi due atti (qui condensati in uno) disegnano in tratti d’oro e arancione, su sfondo luminoso blu, un mondo dai contorni antichi e avveniristici insieme, già vissuti nei viaggi della mente tra vecchi libri e illustrazioni di un immaginario futuro. Sorprende poi la scenografia del terzo atto, in cui giganti papaveri, dalle sfumature blu cobalto, esplodono sul palcoscenico delle ombre: notevole in sé come espressione vivida del sogno allucinatorio, l’irruente bellezza floreale rischia a tratti di sovrastare la quieta poesia dell’atto (generalmente rappresentato su un palcoscenico semibuio e pressoché vuoto). Resta tuttavia un aspetto di singolare e caratteristica originalità, che ci fa apprezzare l’estro visionario di Monreal, nonché lo spirito sperimentatore dell’Opera di Roma.

Con gesto cristallino, senza scivolare in enfasi o didascalismo, Benjamin Pech confeziona una produzione di pregevole stampo, onorando storici capisaldi del balletto e ricamando con moderna eleganza gli snodi narrativi. Ottima la fattura dei primi due atti: nei passi a due tra i diversi protagonisti, nel confronto/scontro tra le due rivali, e nelle diverse scene corali, dalle danze nel palazzo del Rajah a quelle che accompagnano il fidanzamento tra Gamzatti e Solor in cui brillano gli ensemble degli invitati, una deliziosa danza con la brocca e l’assolo dell’idolo d’oro qui accompagnato dalle piccole e meravigliose bambine idolo della Scuola del Teatro dell’Opera.

Pregevole anche il tratteggio dei personaggi principali. Benjamin Pech, seguendo le orme di Nureyev, rafforza la presenza maschile e delinea con efficaci tratti il personaggio di Solor, quasi a renderlo principale motore dell’intera vicenda. E, per un intelligente equilibrio tra i personaggi principali, dona nuova luce anche al personaggio di Gamzatti, aggiungendo una variazione nel primo atto e regalando un inedito e regale carattere al ruolo.

Per l’Opera di Roma, una sfida a “far rivivere” (senza stravolgerlo) il repertorio: sfida vinta, possiamo ben dire, a giudicare anche dall’enorme successo di pubblico alla prima del 25 febbraio e dai sold out di tutte le recite in programma.

Un successo dovuto, ovviamente, anche al cast stellare della Première, che ha visto nei ruoli di Nikiya e Solor due fuoriclasse della scena internazionale: Olga Smirnova, già gloria del Bolshoi, oggi principal al Dutch National Ballet, e Jacopo Tissi, la “nostra” stella nel mondo, già primo ballerino al Bolshoi, tornato un anno fa in Italia (alla Scala di Milano) dopo aver scelto, come Olga Smirnova, di abbandonare la Russia.

Il ruolo della baiadera sembra creato su Olga Smirnova, tanto è perfetta la linea e la forza drammatica della sua danza. Se già nel primo passo a due con Solor, la vediamo risplendere di luce chiara nelle aeree sequenze e negli “attorcigliati” abbracci, è nella variazione del secondo atto che l’ammiriamo, vibrante e intensa, nei suoi ampi cambré e port de bras che sembrano disegnare nell’aria curvilinei e meravigliosi arabeschi. La sua danza toglie il fiato e sospende il tempo. Torna poi a brillare, nella sua puntualità tecnica, nei pas de deux del terzo atto, leggera e nello stesso tempo salda, ineccepibile nei difficili passaggi. Da parte sua, Jacopo Tissi impreziosisce il ruolo di Solor di un’aura di misteriosa bellezza, gestendo con caratteristica eleganza i numerosi virtuosismi. Esalta poi la platea con i suoi famosi ampi jeté che sembrano percorrere l’intero palcoscenico in un unico passo, dando (letteralmente) l’impressione del volo.

Nel ruolo di Gamzatti, l’étoile Susanna Salvi domina la scena con piglio sicuro e perfettamente gestisce, espressivamente, l’animoso contrasto con la rivale d’amore. Nel pas de deux del secondo atto trova un’intesa ideale con Jacopo Tissi che, alto e atletico, accoglie con precisione gli slanci della ballerina. Elegantemente vistosa in tutù rosso brillante, Salvi regala diversi momenti di bravura tecnica, tra aplomb, grandi salti e un’impeccabile sequenza di fouettés. Emerge, tra gli altri personaggi, l’étoile Alessio Rezza, Idolo d’oro di assoluta precisione stilistica e musicale; un ruolo con cui ben si confronta, nelle repliche successive, anche il giovane solista Simone Agrò. Michele Satriano, primo ballerino, non si risparmia nel ruolo del Capo dei fachiri, mentre Marta Marigliani è deliziosa nell’assolo con la brocca. Disciplinato, il Corpo di ballo dell’Opera di Roma brilla in particolare nel secondo atto, nei pezzi d’ensemble e nelle scene danzate che “contornano” i pas de deux.

Nelle repliche successive alla Prima, abbiamo ammirato nei ruoli principali anche i guest Maia Makhateli e Victor Caixeta: una Nikiya vigorosa, quella di Makhateli, stella georgiana principal al Dutch National Ballet, che regala al pubblico i suoi celebri virtuosismi accompagnati da una peculiare, poetica, espressività. Giovane e talentuoso, il brasiliano Caixeta ben l’accompagna nei pas de deux, distinguendosi negli assoli per un’appassionata attitudine interpretativa.

Buona prova anche per gli artisti “di casa”, le étoile Rebecca Bianchi e Alessio Rezza, nella recita pomeridiana del 26 febbraio: lei rivela una morbidezza di movimento nuova che ben tratteggia, anche in modo commovente, il personaggio di Nikyia; lui cattura il pubblico con passaggi esplosivi. Puntuale, nel ruolo di Gamzatti, la solista Federica Maine.

Con Bayadère il Teatro dell’Opera di Roma, già reduce dal notevole successo del Don Chisciotte a dicembre, apre in grande stile il 2023, accendendo un rinnovato interesse per le produzioni di balletto e per la crescita della compagnia. Un bel risultato, salutato al Teatro Costanzi da un pubblico entusiasta e sempre più numeroso.

E’ dunque questa una scommessa vinta per tutto il Teatro dell’Opera. Unico nostro rammarico è l’esiguità del numero delle recite: una produzione simile meritava di stare in scena con un numero maggiore di spettacoli. Auguriamo una ripresa del titolo nella prossima stagione per soddisfare le tante richieste del pubblico.

Francesca Bernabini e Lula Abicca

02/03/2023

Foto: La Bayadère di Benjamin Pech, Olga Smirnova e Jacopo Tissi, ph Fabrizio Sansoni, Opera di Roma

Scrivi il tuo commento

design THE CLOCKSMITHS . development DEHLIC . cookie policy