La recensione

Progetto Händel di Mauro Bigonzetti: festa barocca al Teatro alla Scala

Balletto neoclassico raffinato ed elegante, Progetto Händel di Mauro Bigonzetti per il Teatro alla Scala. Questo nuovo lavoro è suddiviso in due le parti. La prima parte risulta più asciutta, giocata in prevalenza su assoli e duetti e dominata dai colori nero e bianco. La seconda ha una dimensione più corale e sgargiante. Ottime le prove delle étoile Svetlana Zakharova e Roberto Bolle e degli artisti scaligeri: tutta la Compagnia guidata da Frédéric Olivieri ha dimostrato di saper padroneggiare lo stile di Bigonzetti. Successo calorosissimo per tutti: tanti gli applausi finali ma altrettanti quelli tributati a scena aperta.

Oggi la musica barocca è davvero un must nelle composizioni di danza. Verrebbe da dire che è un mood quasi inflazionato. C’è però un caso italiano, quello di Mauro Bigonzetti, che della musica barocca e antica ha fatto una sorta di terreno d’elezione, una cifra distintiva, una base d’appoggio per svariate partiture coreografiche. Ricordiamo che il primo balletto di Bigonzetti, Sei in movimento risalente al 1990, fu creato proprio su musiche di Johann Sebastian Bach. Per Progetto Händel, nuova creazione per il Balletto del Teatro alla Scala, la scelta è caduta su un altro compositore estremamente rappresentativo dell’età barocca: Georg Friedrich Händel.

Come lavora il celebre coreografo ed ex direttore del Ballo scaligero in questo frangente? Lavora innanzitutto con naturalezza: messo da parte il balletto narrativo, nella danza astratta Bigonzetti si muove con eleganza e disinvoltura, destreggia il dettato coreografico con ironia, ma anche con quel senso di «maraviglia» tanto cara all’estetica barocca.

Due le parti in cui è suddiviso questo nuovo lavoro per il Balletto scaligero. La prima, più asciutta da un punto di vista coreografico, è orchestrata sulle suite per clavicembalo di Händel (qui però eseguite al pianoforte da James Vaughan, portando quindi l’orecchio dell’ascoltatore ad un suono molto più rotondo e corposo rispetto a quanto l’attuale prassi esecutiva ci abbia abituato). In questa prima tranche l’inizio e la fine sono le stesse: tutti i ballerini in fila che, esaltati dalle luci calde e ‘caravaggesche’ di Carlo Cerri, ondeggiano con movenze plastiche e cantilenate. Dominano i colori neutri, il bianco e il nero, e le formazioni in scena sono quasi sempre minime (assoli o passi a due). La seconda parte – che ha avuto come protagonisti della parte musicale un ensemble ridotto composto da Francesco De Angelis (Violino), Fabien Thouand (Oboe), Andrea Manco (Flauto), Massimo Polidori (Violoncello) e James Vaughan ora al clavicembalo – ha invece una cifra più corale e sgargiante, con una marcata propensione agli insiemi. Pur sempre all’interno di una cornice asciutta e concisa, i costumi di Helena de Medeiros hanno qui colori più cangianti e variegati.

In generale è possibile rilevare come la fantasia di Bigonzetti sia molto focalizzata sulla costruzione dei duetti che risultano ora sardonici e leggeri ora molto elaborati. Il coreografo romano coglie proprio nella forma del duetto la cifra distintiva del barocco. Una cifra che vuole catturare l’attenzione dello spettatore e stupire, perché spesso i corpi sembrano fondersi l’uno con l’altro con prese molto elaborate ma mai retoriche o superflue. In questo contesto i duetti sembrano creare figure mitologiche e antiche, indugiando spesso sulla lentezza e il ralenti.

Come anticipato, in questa coreografia c’è anche una grande componente ironica e frizzante riservata soprattutto al Corpo di ballo femminile. Le donne infatti indossano costumi che sembrano rifarsi al guardinfante, il complesso e ingombrante reticolato introdotto nel XVI secolo che permetteva alle gonne di essere sempre gonfie e pompose, enfatizzando così la vita stretta ma al contempo i fianchi innaturali. Questa rivisitazione del costume barocco è fatto però di ammiccamenti e venature sottili, perché i tessuti sono trasparenti. Sono quindi costumi che giocano e dialogano con le luci, diventando parte stessa della coreografia. Le donne sono anche sollecitate nella tecnica sulle punte che viene quasi esasperata ma mai portata al parossismo. C’è comunque da osservare un grande rispetto di fondo del balletto classico propriamente inteso, soprattutto nella seconda parte del balletto, dove troviamo una contrapposizione molto insistita tra il corpo di ballo femminile e quello maschile.

In questa danza sempre sussurrata, dove le riverenze si alternano a silenzi che prolungano la danza in una sorta di sospensione dell’incredulità, la Compagnia scaligera guidata da Frédéric Olivieri si è trovata perfettamente a proprio agio. Ha colpito in particolar modo l’étoile Svetlana Zakharova, che nella prima parte del balletto è riuscita ad essere spiritosa, divertente e frizzante mentre la seconda parte l’ha vista libera di esprimersi in un linguaggio più consono alla sua natura di ballerina nobile e aulica. L’ha affiancata il partener di ormai tantissime avventure scaligere, l’étoile Roberto Bolle, anch’esso perfettamente padrone della scena e del linguaggio bigonzettiano. Ricordiamo che nella prima parte del balletto si sono esibiti Antonella Albano, Marco Agostino, Federico Fresi, Gaia Andreanò, Timofej Andrijashenko, Stefania Ballone, Agnese Di Clemente, Christian Fagetti, Chiara Fiandra, Denise Gazzo, Maria Celeste Losa, Fabio Saglibene, Giulia Schembri e Gioacchino Starace mentre nella seconda Antonella Albano, Massimo Garon, Vittoria Valerio, Marco Agostino, Philippine De Sevin, Christian Fagetti, Alessandra Vassallo, Gabriele Corrado, Chiara Fiandra, Walter Madau, Martina Arduino e Nicola Del Freo.

Progetto Händel di Mauro Bigonzetti chiude la lunga parentesi dedicata alla danza contemporanea, protagonista indiscussa degli ultimi titoli in cartellone al Teatro alla Scala. Giugno e luglio vedranno il ritorno del balletto neoclassico e classico, con Sogno di una notte di mezza estate di George Balanchine e Il lago dei cigni nella ricostruzione di Alexei Ratmansky.

Il successo è stato calorosissimo per tutti: tanti gli applausi finali ma altrettanti quelli tributati a scena aperta.

Matteo Iemmi

05/06/2017

 

Foto: Svetlana Zakharova, Roberto Bolle e il Corpo di ballo del Teatro alla Scala in Progetto Händel di Mauro Bigonzetti, ph. Brescia e Amisano Teatro alla Scala

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