L'intervista

Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan nel racconto di Lady Deborah MacMillan, vedova del grande coreografo inglese

Lady Deborah MacMillan, vedova di Sir Kenneth MacMillan, racconta in un’intervista a Donatella Bertozzi realizzata per Danzaeffebi, Romeo e Giulietta in scena al Convent Garden e trasmesso oggi in diretta via satellite in più di 50 cinema in Italia e in 750 in Europa. La pittrice racconta come tutela le coreografie del marito, l’importanza della notazione, le insidie dei video e la necessità che ogni interprete trovi la sua chiave di lettura nel rispetto della coreografia originale.

Un superclassico, ma di fattura modernissima. Un balletto che è nel cuore del pubblico e che continua a colpire al cuore, da precisamente mezzo secolo.

Il Romeo e Giulietta di Sir Kenneth MacMillan – versione coreografica fra le più celebri della tragedia shakespeariana, ideata sulla splendida partitura novecentesca di Prokovief – andò per la prima volta in scena a Covent Garden il 9 febbraio del 1965, protagonisti Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev. Da allora è rimasta costantemente in repertorio a Londra e in alcune fra le più prestigiose compagnie di balletto del mondo, fra cui l’American Ballet Theatre.

Questa versione di Romeo e Giulietta è di nuovo in scena a Londra – dal 19 settembre al 2 dicembre 2015 – e arriva oggi anche sul grande schermo in oltre 50 cinema in Italia e quasi 750 in Europa nell’interpretazione della compagnia per cui fu creato, il Royal Ballet britannico, con due protagonisti di spicco: Sarah Lamb e Steven McRae e un fitto gruppo di eccellenti comprimari fra i quali Gary Avis (Tebaldo) e Alexander Campbell (Mercuzio).

Per un insolito “dietro le quinte” abbiamo intervistato per Danzaeffebi Lady Deborah MacMillan,  vedova del grande coreografo ed erede del suo patrimonio di coreografie, da oltre vent’anni custode intelligente e vitale di un lascito di valore inestimabile per il mondo del balletto.

Lady MacMillan non è coreografa e non ha alle spalle una formazione come danzatrice. E’ però un’artista sensibile lei stessa, una pittrice stimata e quotata .

La versione che vediamo oggi al cinema è la versione originale o si tratta di un riallestimento?

La versione attuale dell’allestimento risale agli anni ’96-’97, quando la compagnia poté rientrare al Covent Garden (dopo un periodo di chiusura per restauri ndr) e tutte le proporzioni del palcoscenico erano a quel punto diverse così che Georgiadis rifece l’allestimento, più simile a quello che aveva a suo tempo pensato per New York. Tutto dovette essere ripensato per proporzioni leggermente diverse ma si tratta in sostanza dell’allestimento originale.

Nel 2013 poi Julie Lincoln, che aveva già riallestito il balletto per me in altri paesi, è tornata a lavorare con lo staff ed ha probabilmente contribuito con uno sguardo fresco (come sottolineato con entusiasmo da Clement Crisp sul Financial Times ndr) al lavoro, così come la presenza di un nuovo direttore d’orchestra, Koen Kessels, che lo ha ulteriormente affilato, in un certo senso. E’ comunque una produzione che compie cinquant’anni ed è sempre positivo quando alla produzione collaborano persone che conoscono a fondo quel che fanno: in compagnia arrivano continuamente giovani e la distribuzione dei ruoli cambia… la danza è un arte che vive e respira.

Qualche parola sui protagonisti, Sarah Lamb – al posto di Natalia Osipova – e Steven McRae.

Sfortunatamente Osipova non ha potuto danzare nel ruolo di Giulietta, perché infortunata.  E’ un vero peccato. Ma Sarah Lamb è meravigliosa. Io non ero a Londra, mi trovavo ad Oslo sabato, ma ho avuto eccellenti impressioni sulla prima di sabato scorso. Da quel che ho saputo mi son fatta l’idea che i due siano stati fantastici. Ho avuto resoconti davvero molto buoni da tutti, compresa mia figlia, che è un tipo molto difficile!»

Quanto è difficile avere la responsabilità di un balletto, conoscerlo a fondo senza avere una diretta padronanza del linguaggio della danza?

Da oltre quarant’anni ho assistito alla messa in scena di questi balletti. Non ho mai avuto la pretesa di essere coinvolta nell’aspetto squisitamente professionale della danza. Quello che faccio è piuttosto assicurarmi della qualità della squadra incaricata di riprodurli. Di solito, con balletti così impegnativi si tratta di due persone. Due persone che lavorino insieme e che siano ben affiatate: almeno un notatore (secondo il sistema Benesh di notazione della danza, adottato dal Royal Ballet ndr) e un produttore, o in alternativa un notatore e un ripetitore. Al giorno d’oggi molti notatori sono anche produttori, il che è di grande aiuto. La danza è un arte che si affida da sempre al semplice passaggio delle informazioni da una generazione all’altra, cosa che trovo molto generosa e così anch’io mi affido a professionisti, che nella maggior parte dei casi hanno lavorato direttamente con Kenneth oppure sono arrivati al suo lavoro attraverso la notazione ma conoscono comunque il suo lavoro molto, molto bene. Personalmente la mia formazione è nel campo delle arti visive, dunque considero di avere una certa autorevolezza rispetto al quadro generale della produzione. E se sorge qualche problema in questo senso posso essere anche molto severa. Se necessario. Ma è raro che accada… Il mondo della danza è un mondo relativamente piccolo, come anche lei sa. Nella maggior parte dei casi le compagnie hanno grande rispetto per le diverse opere e per le persone che le mettono in scena. Hanno tutti una grande esperienza alle spalle e sono molto fortunata per questo: sono veramente interessati al lavoro di Kenneth.

Un problema specifico?

Il problema, di questi tempi, è che si trova talmente tanto su YouTube che troppi danzatori assorbono dai video che trovano online, cose spesso sbagliate… Spesso chi è impegnato a rimontare un balletto è in grado di dire a un ballerino ‘Guarda, so esattamente da dove hai preso questo…’

Sarebbe come cercare di suonare una musica semplicemente avendola ascoltata dal disco…

Certo, nessuno si sognerebbe di dire a un direttore d’orchestra: devi dirigere questo come… von Karajan. Ognuno deve elaborare la propria interpretazione, non copiare da un altro… Personalmente mi auguro che, con l’espandersi dell’uso della notazione, sempre più danzatori siano in grado di usarla per analizzare a fondo il proprio lavoro: è uno strumento molto, molto importante… La memoria è uno strumento così fallibile! »

Ha studiato lei stessa notazione della danza?

Ho fatto un breve corso. Non sono in grado di leggere una partitura. O di scriverla, se è per questo. Ma ne sono affascinata. Quando si guarda a certe partiture che sono conservate presso il Benesh Institute… sono meravigliose. E sono incredibilmente precise! E’ affascinante vedere certe cose emergere dagli archivi e riprendere vita. Ricordo che Kenneth, a partire dagli anni Sessanta, ha sempre avuto un notatore con sé. Credo perché questo rappresentava per lui una liberazione dalla necessità di tenere tutto a mente. E’ stato uno strumento fantastico per lui! All’epoca lo seguiva in particolare Monica Parker.

Ci sono in corso progetti di riprendere coreografie di MacMillan considerate perdute e ricostruirle in base alla notazione?

Che io sappia c’è il progetto, da parte di alcuni professionisti, di riprendere House of Birds (1955 ndr), un lavoro su musica del compositore spagnolo Mompou, che precede l’avvento della notazione (…) Erano tempi in cui il suo lavoro era molto sperimentale e credo sarebbe molto interessante per comprendere i successivi sviluppi, le direzioni in cui si è successivamente sviluppato il suo lavoro. Un altro balletto che si pensa di ricostruire è Le baiser de la fée (1960 ndr). Purtroppo non so perché di questo balletto non esiste una notazione, ma una ripresa televisiva filmata. E naturalmente esistono ancora alcuni degli interpreti dell’epoca, con cui pensiamo di parlare. E speriamo, nella ricostruzione, di avvicinarci il più possibile a quello che Kenneth avrebbe fatto.

Donatella Bertozzi

22/09/2015

Foto:

  1. Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev dopo l’interpretazione di Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan, aprile 1965, al Metropolitan Opera House, New York,  ph. ArenaPAL
  2. Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan, Royal Opera House, 1965 ph. Roger Wood, Royal Opera House, ArenaPAL
  3. Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev alla prima di Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan, febbraio 1965, ph. Royal Academy of Dance, ArenaPAL
  4. Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan, Royal Opera House, ph. Topfoto, ArenaPAL
  5. Sarah Lamb nel ruolo di Giulietta, ph. Johan Persson
  6. Romeo e Giulietta di MacMillan, Royal Opera House, 2013, ph. Johan Persson.

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