PUNTO SPETTACOLO

Spacchettato il FUS 2014. Alla danza 10 milioni e mezzo di euro. Perché così poco?

La danza dovrebbe avere almeno il 3% del Fus. A prometterlo da anni diversi Ministri. Una promessa non mantenuta. Perché? Non è solo colpa della politica. La mancanza di solidarietà da parte degli altri settori dello spettacolo e la nostra mancanza di capacità di fare lobby nel senso positivo del termine tra le principali motivazioni.

Venerdì 31 gennaio 2014 il Ministero dei beni e delle attività culturali ha convocato la Consulta dello Spettacolo per la ripartizione del Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo). La riunione, presieduta dal Ministro Bray, ha approvato la seguente ripartizione:

 

Percentuale

Fus

Fus  2014

euro assegnati

Scostamento

rispetto al 2013

Fondazioni Liriche

46,00%

186.865.340

+ 3.999.020

Musica

13,90%

56.465.831

+ 1.605.935

Danza

2,60%

10.561.954

+290.313

Prosa

15,83%

64.306.050

+1.898.055

Circhi e spett. viaggiante

1,30%

5.280.977

– 166.104

Cinema

20,20%

82.058.258

+9.728.792

Osservatorio dello spett.

0,16%

649.966

-128.188

Comitati e Commissioni

0,01%

40.622

-76.100

Totale

100,00%

406.229.000

+17.151.724

 

Premesso che 10 milioni e mezzo di euro di Fus sono l’importo massimo mai ottenuto dalla danza (abbiamo superato i 10 milioni di euro solo dal 2012), l’importo risulta endemicamente esiguo se si considera che con quel fondo si finanziano tutte le attività di danza, ossia quasi 200 soggetti tra compagnie, circuiti, festival, rassegne, attività di promozione, di formazione, Biennale Danza, Accademia nazionale di danza e Fondazione dell’Accademia.

Le Fondazioni liriche, da sole, superano i 10 milioni ognuna in almeno una decina di casi. Le nove Istituzioni concertistiche orchestrali e i festival musicali superano abbondantemente nel complesso i 10 milioni di euro e lo stesso si può dire a proposito di alcuni settori della prosa.

Nella danza più del 70% dei soggetti finanziati riceve sovvenzioni che non superano i 50 mila euro, ossia non prendono neppure la metà di quanto percepiscono di stipendio i sovrintendenti delle fondazioni liriche e a volte meno di quanto percepisce un ufficio stampa di un ente lirico.  E’ corretto tutto questo?

Federdanza Agis da anni chiede un Fus danza pari almeno al 3% e qualche risultato lo si è oggettivamente ottenuto: i diversi Ministri che dal 2007 in poi si sono succeduti, hanno tutti riconosciuto che la percentuale alla danza è troppo bassa e non è un caso che dall’1,74% del 2007 siamo arrivati al 2,6%. Ma è ancora poco.

Perché non si riesce ad arrivare almeno al 3%? Perché la danza ha così poco nonostante sia l’unico settore dello spettacolo che in questi anni ha aumentato il numero delle recite e degli spettatori come dimostrano dati Siae? Due i motivi principali, uno esterno alla danza e uno interno alla stessa danza.

Una coperta troppo corta e le rendite di posizione. In linea di principio tutti i settori dello spettacolo riconoscono che alla danza dovrebbe essere attribuita una percentuale minima pari al 3% . Al dunque però nessuno è disposto a rinunciare a un euro affinché questo accada. E questo perché la coperta FUS è troppo corta: tutti la vogliono tirare dalla loro parte adducendo ognuno le proprie sacrosante ragioni. Con un Fus fortemente decurtato (siamo ben lontani dai 530 milioni di euro del 2001) aumentare la percentuale alla danza significa togliere qualcosa ad altri settori e nessuno vuole rinunciare a nulla. Sintomatico che le Fondazioni liriche siano state le uniche a votare contro la ripartizione 2014 nonostante abbiano avuto quasi 4 milioni di Fus in più rispetto allo scorso anno e 100 milioni di euro dalla Legge Valore Cultura.

La danza non fa lobby. La danza non fa squadra. Anzi al contrario nel nostro stesso settore fioccano accuse di sprechi tra i vari soggetti nonostante le cifre dei compensi di tutti coloro che lavorano nella danza siano, nel 90% dei casi, sotto le soglie della povertà e nulla hanno a che vedere con gli stipendi che circolano nelle fondazioni liriche o in altri settori dello spettacolo. Gli artisti della danza con difficoltà partecipano a azioni per il bene comune e la lotta per la propria personale sopravvivenza  è prioritaria rispetto all’interesse collettivo. Un settore disgregato difficilmente vince. Settori che procedono compatti, capaci di fare lobby nel senso positivo del termine, i risultati li raggiungono più agevolmente. Il cinema insegna.

E’ dal 2007 che partecipo come rappresentante di Federdanza Agis al rituale dello spacchettamento all’interno della Consulta dello spettacolo. Di Ministri ne ho visti passare diversi e di promesse ne ho ascoltate tante. Poche quelle mantenute. Tra quelle non mantenute proprio quella di far arrivare la danza al 3%, un risultato che ci era stato “garantito” da Ministri e dalla Direzione generale dello spettacolo del Mibac come raggiungibile già 3 anni fa.

La verità è che scardinare la storicità, far riconoscere la danza come settore che deve avere pari dignità rispetto agli altri settori dello spettacolo dal vivo è estremamente faticoso e complesso. Una cosa però è certa: se la danza non imparerà a fare lobby scendendo con forza in campo sul terreno della politica in modo massiccio difficilmente qualcosa cambierà in modo veramente sostanziale. E’ utopia pensare che la politica, i vari governi della Repubblica e gli altri settori dello spettacolo ci riconoscano qualcosa solo perché è giusto che sia così. Non si può rimanere spettatori sperando che qualche genio illuminato modifichi qualcosa in base al merito. Per riuscire ad ottenere dovremmo imparare tutti a muoverci in modo compatto sostenendoci e non gioendo delle disgrazie altrui. Ma forse questa è un’utopia ancora maggiore.

Francesca Bernabini

5/2/2014

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