La recensione

Al Teatro San Carlo di Napoli un tocco cubano per la Giselle con Yolanda Correa e Yoel Carreno, le due stelle cubane del Balletto Nazionale Norvegese.

Al Teatro San Carlo di Napoli dopo l'acclamato e prevedibile successo della coppia Zakharova-Skvorcov, i danzatori cubani Yolanda Correa e Yoel Carreño chiudono le repliche di Giselle su adattamento coreografico di Ljudmila Semenjaka, donando alla rappresentazione quel tocco deciso e vigoroso tanto caro alla grande scuola cubana.

Si è conclusa al Teatro San Carlo di Napoli la stagione di Balletto 2014/2015 con l’ultima replica di Giselle, titolo tra i più amati di sempre del repertorio classico di ispirazione romantica, andato in scena dal 14 al 19 aprile 2015 e proposto nella ripresa coreografica di Ljudmila Semenjaka, maître de ballet moscovita fra le migliori sulla scena mondiale e già maestra dell’ètoile ospite Svetlana Zakharova.

Sul palcoscenico del Massimo partenopeo, nelle serate del 15 e del 19 aprile, ad impersonificare amore, morte e pazzia di questo capolavoro in punta di piedi, il secondo cast composto da Yolanda Correa nel ruolo di Giselle e Yoel Carreño in quello di Albrecht, ex solisti e primeros del prestigioso Ballet Nacional de Cuba ed attualmente coppia-star del Norwegian National Ballet di Oslo.

La Correa si rivela interprete entusiasta nel primo atto, come una Giselle adolescente che esprime al meglio la gioia della danza e che domina gli spazi allegramente con brillante presenza scenica mostrando un’ottima musicalità ed esaltando i momenti più belli della partitura di Adam. Contadina timida ed educata nell’espressione del volto, passionale nel dialogo con il partner, risulta naturale nei gesti accompagnati dal suono di clarinetto durante la pantomima della margherita; solare invece nelle variazioni, eseguendo ballonnè fermi e accentati, piroettando rapidamente nel manège di piqué. Meno convincente, purtroppo, l’interpretazione della scena della pazzia in cui forse ci si aspettava maggiore perdita di controllo del personaggio ed una tecnica più sporca negli accenni dei ricordi danzati.

Yoel Carreño è un Albrecht ribelle e vispo, il perfetto principe giovane ed incosciente trasportato da un amore prematuro; sfoggia salti sospesi ed elevati, dotato come è di una forte muscolatura inferiore, gioca a rincorrersi con la protagonista in un crescendo adrenalinico. Il carattere energico e dinamico della tecnica russa, unito ad un movimento plastico e deciso, vigorosa sfumatura che contraddistingue lo stile della scuola cubana, dona in tal modo una veste di giovinezza e fierezza  alle coreografie di Jean Coralli e Jules Perrot, senza sporcare la gentilezza francese dei port de bras.

Il corpo di ballo del San Carlo pare abbia assorbito quella carica appartenente allo stile iberoamericano, che del resto non è del tutto estraneo all’indole dei partenopei, probabilmente anche grazie al minuzioso lavoro di assistenza fatto dal maestro ripetitore Lienz Chang, che fu allievo e partner della grande Alicia Alonso. Nonostante alcune imprecisioni nell’uso delle braccia e degli épaulement, le danzatrici del Lirico sono affiatate ed omogenee durante il valzer e credibili nelle vesti di ragazze vendemmia, forti e più sicure tecnicamente quando danzano insieme agli uomini, sia nei duetti che nelle parti corali.

Candida Sorrentino e Carlo De Martino non hanno affrontato in modo impeccabile la performance del pas de deux dei due contadini, nonostante entrambi siano dotati di notevoli qualità: lei graziosa e sorridente, lunga nelle grandi pose, spicca per aplomb ed en dehors; lui mostra un po’ di tensione ed incertezza, penalizzando così la recitazione.

Meravigliosi gli allestimenti scenografici realizzati da Raffaele Del Savio e gentilmente presi in prestito dalla Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, richiamano le poetiche atmosfere autunnali di un villaggio della Renania. La casetta di Giselle ha il tipico aspetto a graticcio con le intelaiature in legno ed è inserita in una cornice di maestose querce, creando con l’appropriata illuminazione realistiche profondità ed anfratti, mentre nel secondo atto un possente e tenebroso cancello in stile gotico, ingresso del cimitero, intensifica l’alone di mistero.

Ed è proprio il secondo atto, altissima espressione del filone dei ballet blanc, che evidenzia l’eleganza del corpo di ballo sancarliano e valorizza le doti dei ballerini ospiti come dei solisti, ritrovando solennità e purezza di linee nel gran pas de deux e negli incroci degli arabesque, figura fondamentale dell’intero balletto.

Meritano menzione in queste ultime scene le interpretazioni di Annalina Nuzzo nel ruolo di Myrtha, Regina delle Willi severa ma di naturale delicatezza, ed Ertugrel Gjoni che nel ruolo di un Hilarion affranto e tormentato si rivela adattissimo alla parte specialmente per le sue fattezze e per il suo personale portamento.

Giselle è un’opera intramontabile, certamente una sfida per qualsiasi danzatrice e danzatore se pensiamo alle memorabili interpretazioni che hanno reso celebri stelle del balletto come Carla Fracci o Alessandra Ferri. La chiave del suo grande successo sta proprio nel piacere di viverne la fiaba e le suggestioni lasciandosi coinvolgere sensibilmente. Sono le capacità attoriali dei danzatori a creare la totale magia di questo balletto più di ogni virtuosismo atletico ed esasperazione tecnica, poiché l’arte parte prima dall’umanità e dalla sensibilità dei suoi interpreti.

Andrea Arionte

21/04/2015

Foto: il servizio fotografico è stato realizzato da Francesco Squeglia

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