L'intervista

Alessandra Ferri, il ritorno alle scene, i suoi prossimi impegni con Wayne McGregor e John Neumeier

Nell’intervista rilasciata a Donatella Bertozzi, Alessandra Ferri racconta il perché del suo addio alle scene nel 2007, il rimprovero di Roland Petit, la difficoltà di vivere senza danza perché “la danza è la mia vita” e l’urgenza di tornare sul palco in modo diverso, aprendo un nuovo capitolo della sua carriera con “una passione più consapevole”. Tra i prossimi impegni Woolf Works di Wayne McGregor in scena al Covent Garden dall'11 maggio 2015. Il 30 luglio sarà a Roma per Evolution e a dicembre sarà Eleonora Duse nella nuova creazione di John Neumeier ad Amburgo. Nel suo futuro anche la voglia di dirigere una compagnia.

Tornata trionfalmente alla danza, a sette anni dall’addio – con una luminosa interpretazione del ruolo di Léa in Chéri, di Martha Clarke accanto al giovane Herman Cornejo dell’ABT, nel dicembre del 2013 – Alessandra Ferri attraversa oggi un periodo di nuove, magnifiche soddisfazioni: l’attende il palcoscenico del Covent Garden, dove, dall’11 maggio, sarà protagonista di Woolf Works, novità in tre atti ispirata ai testi di Virginia Woolf, firmata da Wayne McGregor su una partitura originale di Max Richter.

In dicembre sarà Eleonora Duse in una nuova creazione di John Neumeier per il Balletto di Amburgo (il balletto avrebbe dovuto debuttare alla Scala ma il teatro milanese ha poi clamorosamente mancato questa opportunità). E ancora con Herman Cornejo, e con il pianista americano Bruce Levingston, ha intrapreso una tournée che l’ha portata a toccare parecchie città d’Italia con una serata concepita su misura e appositamente commissionata ad autori diversi.

Nel marzo scorso, infine, la nostra ritrovata étoile ha debuttato a Firenze ne Le jeune homme et la mort, di Roland Petit.

Oggi ricorda che l’unica voce fuori del coro – nel plauso generale e un tantino compiaciuto che aveva accolto anni fa la sua decisione di lasciare le scene – era stata proprio quella di Petit:

« Quando seppe che volevo lasciare si arrabbiò e mi rimproverò. “Perchè? Perché? Perché?” continuava a chiedermi. E alle mie ragioni – che di fronte al suo dissenso, in parte si sgretolavano – replicava: “hai un talento, che non puoi sprecare”»

La sua voce si addolcisce significativamente quando parla di quello che considera il suo grande maestro:

«E’ anche per lui, grazie a lui, che sono tornata: perché comunque quel suo rimprovero aveva lasciato aperto dentro di me uno spiraglio.»

Così il suo nuovo debutto fiorentino la Ferri lo ha dedicato a Petit, scomparso nel 2011.

Danza come se non avesse mai lasciato. Eppure, Alessandra Ferri è convinta di aver fatto nel 2007, lasciando la danza, l’unica cosa giusta e possibile che poteva fare:

«E’ stato giustissimo. Anzi: menomale…! Perché comunque questa mia interruzione mi ha completamente rinnovata: come donna, come artista. E’ stato un momento di distacco. Ho lasciato perché sentivo che finiva qualcosa, che era finito un ciclo. E’ stato importante avere il coraggio di staccare (alle volte è importante avere un distacco, anche da se stessi) e guardarsi. Anche per comprendere che cos’è la danza, per me. La danza è la mia vita. Io sono viva quando ballo. Sono viva, creo, sono forza creatrice. E’ la vita».

In precedenti interviste ha sottolineato che la danza le mancava soprattutto fisicamente:

«La danza mi mancava in tutti i sensi, assolutamente. Non subito, eh? Cioé i primi due anni no, per niente… Be’, non è vero. Ma fisicamente i primi due anni non mi mancava. Mi mancava… in altri sensi. Ero, però, “un po’ giù”. E’ stato tutto abbastanza difficile: io ballo da quando avevo quattro anni per cui la mia stessa identità era legatissima all’essere ballerina. Anche per vivere la mia giornata, non da ballerina – non è stato facilissimo – ho dovuto proprio capire “come si fa” (ride). Cioé: cosa fa una persona…  per l’amor di Dio è chiaro che fa mille cose. Però… non ero più connessa con me stessa. Era una vita… un filo più superficiale. Cioé vivevo più in superficie. Con me stessa, intendo. Poi c’è stato il fatto fisico che, comunque, il mio corpo non era contento, di non muoversi. Quindi ho ricominciato, un po’ alla volta: mi sono rimessa a studiare. Perché è vero che per un ballerino il corpo è lo strumento dell’anima e io senza la danza facevo fatica anche ad entrare in contatto con me, coi miei pensieri.

Perché siamo tutt’uno, noi.

Lo capisco che può essere un po’ strano questo ragionamento per qualcuno che non abbia così contatto con il proprio corpo… ma il fatto è che il contatto con il proprio corpo e il contatto con la propria interiorità, in realtà… sono la stessa cosa. Perché per lavorarlo, questo corpo, non puoi fare solo degli esercizi: è un continuo mettersi alla prova, con se stessi. Un continuo stimolo. E’ molto difficile. Ed è proprio una scuola di vita».

Quindi il primo passo è stato rimettersi in collegamento con te stessa.

«Esatto. E poi da lì… si è riacceso il fuoco, dentro. E sono arrivate le cose, non l’ho neanche cercate, mi sono veramente arrivate!»

Bellissime, tra l’altro…

«Bellissime, molto interessanti, super stimolanti, prestigiose! Ed è così che è partito questo secondo capitolo…»

Che lei non vuole considerare una seconda carriera…

«No, in questo momento non è più una carriera. Perché, comunque, io la mia carriera l’ho fatta.

Ed è stata meravigliosa: una carriera ricca, piena di soddisfazioni. Meglio di così non potevo desiderare! Adesso è proprio… diverso. Sono ritornata con una consapevolezza maggiore di che cos’è per me la danza – che è la mia vita – e quindi danzo con una passione più consapevole. C’è meno ambizione. Ovviamente. Perché quando togli di mezzo la carriera non c’è più l’ambizione. Piuttosto c’è, semplicemente, la consapevolezza: del grande privilegio che ho, di questa vita meravigliosa, di questo talento, con cui son nata e di cui sono grata… E quindi, fin che posso, lo nutro: dandogli qualcosa da fare, dandogli la possibilità di esprimersi.»

Di regola non capita che un artista della danza chieda, prima di un’intervista, di evitare domande sulla vita privata. C’è una fondamentale identità fra danza e vita privata?

«Io credo che in generale gli artisti non facciano tanta distinzione fra arte e vita privata. L’arte è l’espressione interiore, assolutamente interiore, della persona: non c’è una vera distinzione, non è un lavoro, come quello del politico, per cui a un certo punto torni a casa e hai una tua vita privata.

Se sei un artista, già in scena, interpretando i diversi personaggi, lo metti in mostra chi sei.

Sei comunque già a nudo. Poi la lettura di fatti e misfatti della vita privata… quelle sono banalità.

Ma stiamo parlando della vita profondamente interiore della persona, che è quella che viene messa in scena. Le sciocchezze – chiamiamole “le cose un pochino più banali” della vita – quelle non sono importanti. Quello che è importante, come artista, è che condividendo i tuoi veri sentimenti ed emozioni tocchi le corde e condividi dei momenti di vita profondi con chi ti guarda.»

La danza è forse l’ultima rimasta fra le arti ad essere trasmessa direttamente da maestro ad allievo. Nonostante il video, il computer ho la sensazione che ci sia ancora solo quel modo lì di trasmettere le cose: da una generazione all’altra…

«Ma c’è ancora solo quel modo lì, sì sicuramente…»

Dunque, guardando al futuro: c’è speranza che Alessandra Ferri – ballerina di fama e carriera internazionali ma per tutti, inequivocabilmente, una ballerina ‘italiana’ – si rimetta in gioco per tramandare quel che sa a una nuova generazione di ballerine, anche italiane?

«Ma io già tengo, ogni tanto, delle prove all’American Ballet, se me lo chiedono. Ho già avuto il piacere di tramandare dei ruoli fra quelli che conosco così bene. Per esempio a Natalia Osipova ho insegnato Giulietta e anche a Polina (Semionova ndr). Quando posso, lo faccio. Non escludo che più in là, a un certo punto, possa anche prender la direzione della compagnia. Magari sarebbe anche bello, interessante, un’esperienza meravigliosa da passare.»

E in Italia?

«Sicuramente sarebbe bello. In Italia c’è tanto da fare! Speriamo di sì. Ma è necessario che ci siano, anche, i presupposti. Non si può fare tutto da soli. Non si può… »

Costruire sulla sabbia…

«Esatto.»

Donatella Bertozzi

29/04/2015

Foto: 1.-4. Alessandra Ferri, ph.Lucas Chilczuk DanceMedia LLC; 5. Alessandra Ferri e Herman Cornejo ph. Lucas Chilczuk DanceMedia LLC; 6.- 8. Alessandra Ferri e Herman Cornejo, ph. Roberto Ricci.

Scrivi il tuo commento

design THE CLOCKSMITHS . development DEHLIC . cookie policy