La recensione

Applausi romani per Aterballetto al Festival Internazionale della Danza

Il Festival Internazionale della Danza a cura dell’Accademia Filarmonica Romana ha ospitato, nelle serate del 24 e 25 maggio, la compagnia Aterballetto diretta da Cristina Bozzolini, in scena al Teatro Olimpico con tre coreografie: 14’20’’ di Jiří Kylián, SENTieri di Philippe Kratz, ANTITESI di Andon Foniadakis. Le serate rivelano una compagnia in grande forma, immersa nella propria personale ricerca di nuovi percorsi coreografici e consapevole della propria identità che si staglia netta e chiara su un rinnovato sfondo stilistico ed espressivo. Calorosi gli applausi della gremita platea romana e meritato successo per i diciassette interpreti della compagnia emiliana.

Inarrestabile per natura e mutevole per vocazione, Aterballetto cambia volto e resta se stessa: creatura inquieta, scalpitante e viva. Roma l’attendeva come sempre ansiosa, a braccia aperte per catturarne l’attimo nelle notti di una primavera che nuovamente fiorisce per il Teatro Olimpico riaperto. Le apprensive attese per il “dopo Bigonzetti”, insieme agli inespressi timori che la compagnia orfana del proprio eroe svanisse come Euridice ad un passo dalla luce, si frantumano oggi contro gli scudi di una compagine maestosa che torna a combattere invincibile e fiera.

Nella riorganizzazione del repertorio scende in campo il polso d’acciaio della direttrice artistica Cristina Bozzolini, già “madre” di almeno due grandi fenomeni degli anni Novanta: l’indimenticato Balletto di Toscana e la parallela esplosione di un gruppo di giovani coreografi destinati a diventare i rappresentanti del miglior estro contemporaneo italiano (basti qui nominare Fabrizio Monteverde, Virgilio Sieni e lo stesso Mauro Bigonzetti). La nuova sfida per Aterballetto riguarda oggi non solo il riempimento della voragine lasciata dal ritiro del repertorio Bigonzetti, ma anche e soprattutto l’apertura ai molteplici linguaggi della danza contemporanea, la cui recente fioritura europea continua a mutare il quadro di riferimento creativo delle maggiori compagnie internazionali. Sfida probabilmente più impegnativa per Aterballetto che per gli altri Centri di Produzione della Danza italiani, già affidati al segno di autori indirizzati verso una sperimentazione coreografica del tutto personale. Aterballetto può tuttavia contare su indiscutibili certezze: un ensemble di danzatori straordinariamente eclettici, esposti da sempre alla creatività di autori diversi e a loro volta strumenti ispiratori di nuove gestualità; la dimestichezza con il repertorio di grandi coreografi internazionali come William Forsythe, Ohad Naharin, Johan Inger; un sistema interno di investimento su nuovi autori scelti tra i danzatori della compagnia; un’autorevolezza acquisita in decenni di grandi tournée all’estero che conferisce alla squadra un’accurata conoscenza dello scenario internazionale.

Le serate del 24 e 25 maggio 2016 al Teatro Olimpico di Roma rivelano una compagnia in grande forma, certamente immersa nella propria personale ricerca di nuovi percorsi coreografici, ma indubbiamente consapevole della propria identità che si staglia netta e chiara su un rinnovato sfondo stilistico ed espressivo. Potere di uno spirito testardo e risoluto che invade la materia del gruppo, pur tra le innumerevoli forme che nel tempo ha assunto e che, ne siamo certi, continuerà ad inseguire. Potere di un’omogeneità sostanziale che fa respirare all’unisono individualità differenti, protagoniste di mondi espressivi unici e privati di cui scopriamo i codici attraverso occhi, muscoli e pelle. E potere certamente di chi ne segue il percorso di maturazione artistica dietro le quinte, assicurando sempre linearità di intenzione interpretativa, adattamento tecnico stilistico e riconoscibilità di fronte ad un pubblico numeroso e vario.

Ed eccola dunque la ‘serata perfetta’ di Aterballetto, in scena all’Olimpico per il Festival Internazionale della Danza con tre pezzi e due cast nell’ideale esposizione dei propri poteri. In apertura, SENTieri di Philippe Kratz, eccellente danzatore della compagnia e da qualche anno autore di talento. La coreografia gioca tra i ricordi di una vita memorizzata attraverso il corpo lungo un percorso di sensazioni visive e sonore che tornano a scuotere i vissuti della mente adulta tra le malinconie e le incertezze di un passato che non ritorna. Gli otto interpreti scivolano lungo gli itinerari già vissuti di un’avventura che non lascia spazio a ripensamenti, pur nell’estremo tentativo di un ripiegamento di tempo e scelte. Riconosciamo in Kratz un’ampiezza di vocabolario gestuale estremamente variegata e densa, oltre ad una caratteristica leggerezza nei passaggi e negli intrecci grazie ad un utilizzo sapiente delle spinte dal pavimento e degli spostamenti lungo lo spazio scenico; soluzioni che attenuano e addolciscono ogni scambio, anche il più energico e repentino, sciogliendone le tensioni in un lungo, rasserenante soffio di quiete.  Spiccano tra gli interpreti Lucia Vergnano, di cui amiamo il contrasto tra gli spigoli del corpo esile e la curva dinamica di un’indole interpretativa inquieta, qui alle prese con l’arrotondamento programmatico di un’emotività scenica furiosa, Roberto Tedesco, energico e flessuoso, straordinariamente consapevole in ogni minimo passaggio e il sempre ottimo Hektor Budlla, atletico, agile, musicale.

Cuore della serata 14’20’’, parte dell’opera del 2002 di Jiří Kylián 27’52’’, riallestito per Aterballetto nel novembre del 2015: una riflessione coreografica e filosofica sul tempo, tra scansione scientifica degli attimi e percezione individuale della durata. L’intenso passo a due svela il più raffinato tratteggio alla Kylián su un palcoscenico vivo che intralcia, avvolge, illumina e dimentica i protagonisti e le vittime del tempo. L’effetto di estraniazione è dirompente, grazie anche all’abile gestione delle luci per mezzo di una grande impianto mobile che incombe dall’alto sul lato sinistro del palcoscenico. Eccellente prova per Martina Forioso che, statuaria e nuda, si espone virtuosa eppure profondamente umana, tra i sussulti e i contorni di un’anima trasparente e rapita. Abile Saul Daniele Ardillo, inseguito dall’ombra di un Dio controllore del tempo che ne mitiga gli umani contrasti e ne ingigantisce le gesta a favore di un’eternità raggiungibile.

Chiude la serata, ANTITESI di Andonis Foniadakis, maestro di un caos sistematico e organizzato tra i fragori di un’umanità post apocalittica alle soglie di un nuovo compromesso sociale. Tra il ricordo di un’età dorata idealizzata e il recupero di un’istintività ferina rimossa, si snodano i contrasti dichiarati dal coreografo greco, certamente a proprio agio nell’utilizzo totale dello spazio scenico e di un’alternanza musicale che sfiora e mai scivola nella schizofrenia (Giovanni Battista Pergolesi, Fausto Romitelli, Domenico Scarlatti, Giacinto Scelsi, Giuseppe Tartini). Il miglior segno Foniadakis resta a nostro parere nella gestione del gruppo nei quadri d’insieme in cui dichiara ampia visione coreografica e sapiente immersione musicale attraverso studiati passaggi, rallentamenti improvvisi e rapidi scambi. Alcune soluzioni scenografiche, come luci stroboscopiche e piccoli oggetti luminosi gestiti dagli stessi interpreti (che ci ricordano David Parsons e Momix), ricadono infine in un disegno coerente che culmina nell’adrenalinico viaggio tra i pixel colorati di un presente caleidoscopico.

Calorosi gli applausi della platea romana, gremita e in piena festa per accogliere la compagnia emiliana. Successo per i diciassette interpreti che, insieme ai colleghi già segnalati, certamente meritano di essere qui nominati singolarmente: Noemi Arcangeli, Damiano Artale, Alessandro Calvani, Marietta Kro, Ina Lesnakowski, Valerio Longo, Ivana Mastroviti, Riccardo Occhilupo, Giulio Pighini, Serena Vinzio, Chiara Viscido.

Lula Abicca

2/6/2016

 

Foto: 1.-7. Aterballetto, Antitesi di Andonis Foniadakis, ph. Nadir Bonazzi; 8.-13. Aterballetto, SENTieri di Philippe Kratz, ph. Alfredo Anceschi.

La recensione si riferisce alla replica del 25 maggio 2016.

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