La recensione

Sofisticata e sanguigna, Svetlana Zakharova in Carmen Suite al Napoli Teatro Festival con il Teatro San Carlo.

Al Napoli Teatro Festival la tecnica impeccabile di Svetlana Zakharova incontra il sentimento. E’ donna disinibita e sanguigna in Carmen Suite di Alberto Alonso. Accanto a lei due guest dal Bolshoi: Denis Rodkin, un convincente Don Josè, e Mikhail Lobukin un fin troppo appassionato Escamillo. Ottima la prova del Corpo di ballo e dell’Orchestra del Teatro San Carlo.

Domenica 10 e lunedì 11 luglio 2016, grazie al Napoli Teatro Festival Italia, Svetlana Zakharova è tornata a Napoli. Accompagnata da due guest del Bolshoi e dal Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo, l’étoile ha vestito ancora una volta il ruolo la giovane e seducente Carmen, un personaggio che le ha sempre portato successo, in Italia come in Russia.

Il coreografo cubano Alberto Alonso creò questa versione del balletto per Maya Plisetskaya e solo dopo molti anni lo riadattò al temperamento e alla fisicità della Zakharova. Una coreografia nata dal racconto del celebre Mérimée in cui oggi, come già scrissi nella mia recensione della precedente rappresentazione di Carmen Suite al Teatro San Carlo, “la sigaraia di metà Ottocento lascia spazio ad una donna contemporanea che sfoggia una seduzione più raffinata e sottile soprattutto se paragonata al temperamento mediterraneo e sanguigno che Maya Plisetskaya seppe dare alla sua Carmen a metà degli anni Sessanta”.

Svetlana Zakharova è forse la ballerina più controversa nel panorama contemporaneo in quanto a giudizi da parte del pubblico. Pare infatti che l’etichetta di ‘ballerina glaciale’ non riesca a lasciarla mai e anzi contribuisca spesso a viziare ogni giudizio e valutazione. Anche io ho più volte scritto che forse la sua perfezione tecnica veniva non poco offuscata da una freddezza  e da un distacco emotivo nei confronti del ruolo danzato da inficiarne l’immedesimazione e di conseguenza l’interpretazione. Dell’ultima Carmen, danzata a Napoli lo scorso 13 e 14 ottobre, ricordo la meraviglia di una tecnica dalle gambe altissime e dalle linee perfette, le schiene, le braccia, i piedi: tutto rispecchiava ai massimi livelli l’impeccabile esecuzione della tecnica. Eppure in quell’occasione mancò qualcosa: mancò la sfrontatezza e mancò pure quel tocco di volgarità (da volgo, popolo) che la Plisetskaya portò in scena e che, grazie ai video, restano per sempre impressi nella nostra memoria e che hanno condizionato tutte le interpretazioni successive.

Questa volta però non è andata così. Al Teatro Politeama ho ritrovato una Zakharova che, riconfermando il suo stile raffinato, appare però rigenerata sul piano interpretativo e talmente dentro il personaggio da risultare sorprendentemente più seducente, più appassionata e lontana da quella lettura monocromatica di una Carmen solo sofisticata a cui ci aveva di recente e forzatamente abituati. Eppure, e qui vengo al punto, il pubblico uscente faceva sfoggio della solita, trita e ritrita osservazione: “è perfetta, ma è fredda”. Ebbene, questa volta Svetlana Zakharova va difesa a spada tratta, perché, nonostante la reticenza del pubblico nel regalare applausi e nonostante questi ultimi fossero addirittura un tantino deboli rispetto ai soliti boati della platea sancarliana, la ballerina ucraina ha portato in scena l’anima di quella stessa sigaraia e donna disinibita divorata dal fuoco della passione che seppe regalarci Maya Plisetskaya ormai più di trent’anni fa.

Bisogna avere la libertà e l’onestà di ricredersi e di valutare di volta in volta la performance di un artista, senza pregiudizi, senza quei preconcetti che rendono falsata ogni critica perché costruita a priori: la tecnica impeccabile ha, questa volta più Plisetskaya che mai, incontrato il sentimento.

Accanto a lei Denis Rodkin, ballerino del Teatro Bolshoi di Mosca, nel ruolo di Don Josè non più sobrio e lontano dalla mascolinità latina come nell’ultima presenza a Napoli, ma convincente, passionale e senza dubbio forte e preciso nella tecnica. Si conferma sanguigno e appassionato ogni oltre limite l’Escamillo di Mikhail Lobukin, anch’egli ballerino del Teatro Bolshoi di Mosca, forse in alcuni momenti un tantino sopra le righe quasi a voler rubare la scena alla prima donna della serata. Accanto a loro Edmondo Tucci porta in scena il suo elegante e raffinato Zuniga la cui interpretazione, in una mescolanza di sinuosità e mascolinità, pone il ballerino napoletano sul medesimo livello artistico dei due ospiti stranieri.

Ottima la prestazione del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo con Annachiara Amirante, Luisa Ieluzzi, Candida Sorrentino e Claudia D’Antonio nel ruolo delle amiche. Sono soprattutto le ultime due ad aver dato grande prova di sé nella variazione in assenza di musica conosciuta come la palmada in cui il sincrono, la seduzione, la forza dello sguardo hanno dato un ulteriore tocco di classe e di professionalità alla coreografia. Meravigliosa la presenza dell’orchestra dal vivo, questa volta per niente celata allo sguardo nel consueto golfo mistico, ma presente in platea appena sotto il palcoscenico, un tocco nuovo che fa vivere ancor più in maniera diretta e sincera la performance di ogni artista che collabori alla buona riuscita dello spettacolo.

Un appunto come chiusa a questa recensione va fatto, anche se spero di non risultare bacchettona o antiquata. Credo che il pubblico debba dimostrarsi sempre rispettoso nei confronti degli artisti e ancor più della sacralità del luogo in cui si accomoda: il teatro. Credo pertanto che questo rispetto vada manifestato anche attraverso un abbigliamento consono alla serata. Non pretendo certo lo smoking o l’abito lungo, ma neanche bermuda e sandali da spiaggia in una serata bella e importante come quella di domenica scorsa, alla prima di Carmen Suite con una meravigliosa Orchestra dal vivo, il Corpo di ballo del Teatro San Carlo e la grande Svetlana Zakharova.

Manuela Barbato

15/07/2016

Foto: Svetlana Zakharova, Carmen Suite di Alberto Alonso, Teatro San Carlo ph. Luciano Romano.

 

 

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