Civitanova Danza

A Civitanova Danza Éloge du puissant royaume di Heddy Maalem, un omaggio al krump

08 . 08 . 2015

21.30

Civitanova Marche (MC) - Teatro Rossini, Via Bruno Buozzi 1

Una lunga e interessante “maratona di danza”, un vero festival nel festival, chiude sabato 8 agosto 2015 il festival Civitanova Danza.

Tra gli spettacoli in programma grande attesa per il debutto italiano di Éloge du puissant royaume ultima produzione di Heddy Maalem, coreografo algerino di madre francese. Lo spettacolo, in scena al Teatro Rossini di Civitanova Marche, è carico di energia dirompente.  ll coreografo Heddy Maalem interroga il nostro sguardo sull’altro e sull’identità portando in scena i migliori krumpeurs delle banlieue parigine, cinque danzatori veri re del krump, danza hip-hop palpitante resa celebre nel 2005 dal film Rize di Davide La Chapelle.

“Io sono un figlio del Mediterraneo”. È così che Heddy Maalem ama definirsi. Nato in Algeria da padre algerino e madre francese, porta con sé il mètissage culturale e il suo modo di illustrarlo è la danza. Éloge du puissant royaume, rende omaggio al krump, una danza urbana nata a Los Angeles negli anni 1990 e cresciuta di pari passo con la sua carriera. Un viaggio in cui la danza inizialmente non aveva posto. Il coreografo, infatti, si è dedicato inizialmente alla boxe e all’aikido prima di scoprire a 28 anni la danza.

La parola “krump” significa “Radically Uplifted Mighty Praise Kingdom” ovvero “elogio potente di un regno radicalmente sollevato”, che il coreografo Heddy Maalem ha avuto la buona idea di tradurre per il titolo del suo spettacolo: Éloge du puissant royaume. Caratterizzato da movimenti molto veloci, questa forma inasprita del hip-hop americano è nata nei ghetti all’epoca delle sommosse razziali negli anni Novanta nei quartieri sfavoriti di Los Angeles. I ballerini si sono impossessati della storia di Thomas Johnson che decide di raccontare le guerre delle gang, il traffico di droga ed il razzismo delle forze di polizia creando il personaggio immaginario di Tommy il Clown, forse in riferimento al clown Cioccolato, sgranocchiato da Tolosa Lautrec. Il krump, come il clowning, diventa per i giovani un modo di canalizzare la collera, l’odio, la rabbia. Il krump fa paura considerato che i danzatori usano tutti i codici presunti per aggredire l’altro, pur essendo profondamente teneri. Gli interpreti dello spettacolo hanno ciascuno la propria personalità e il proprio doppio. Tutti hanno in comune il fatto di avere trovato nel krump un modo di esprimere la loro rivolta.

 

Scrive Heddy Maalem:  

Questa nuova creazione con i danzatori di krump è senz’altro il risultato della mia lunga ricerca sulle danze, utilizzando le energie alte, lo stato piuttosto che la forma, la specializzazione del movimento organico piuttosto che la pura tecnica. Nelle mie precedenti creazioni, avevo già spinto questa ricerca abbastanza lontano. Mi aveva poco a poco portato a considerare la coreografia sempre meno come l’esercizio di una pura geometria dei corpi invece che come l’organizzazione dell’essere vivente e delle masse energetiche che si muovono dall’ascolto dei danzatori, la fusione dei corpi organici e sonori, le scansioni dello spazio-tempo. Sull’esempio del pittore o dello scultore, del cineasta, coreografare è per me l’affermazione di una libertà, la ricerca determinata di una visione propria, il libero gioco di ciò che considero come partecipante al movimento del mondo. Il krump è abbastanza recente, ma forse può essere visto come una pratica molto antica di quello che si chiama transe. Una transe molto controllata che ha per scopo non tanto lo spettacolo propriamente detto ma piuttosto l’espressione più diretta e indicibile verso la quale tende ogni creatore. La sfida sarà dunque quella di metterlo in pratica senza alterare ciò che scaturisce in modo così spontaneo. La struttura di lavoro non dovrà dunque intralciare e quindi annichilire le energie primarie ma invece favorire la loro nascita, canalizzarla e produrre il senso necessario a fare nascere la poetica d’insieme. Il senso e la parola non sono affatto assenti nella danza krump. La loro presenza è evidente, così massiccia e a volte così inattesa che tutta la delicatezza consisterà nel mettere in scena ciò che può sembrare come insensato.

I danzatori di krump non hanno avuto o hanno avuto poca esperienza in ciò che noi chiamiamo la danza contemporanea. E io non ho nessuna paura riguardo la loro capacità di percepire e  comprendere quello in cui un processo di creazione li coinvolge. Sono aperti a questa nuova proposta in modo sorprendente.  Si può dire che la loro “mancanza” d’esperienza possa costituire un limite. Da parte mia è esattamente quello che cerco non per amore della difficoltà ma per rifiuto di ripassare sulle stesse tracce e desiderio di progredire nell’approfondimento della mia pratica di coreografo.

A quanto ne so, c’è davvero poca esperienza su questo genere. Il krump è una danza recente, poco conosciuta e la cui profondità resta mascherata dai cliché sulle danze urbane. Tutto il lavoro sarà volto a fare apparire le qualità eccezionali di questi danzatori e la portata poetica di una danza legata alla più grande modernità e al tempo stesso a una maniera di danzare vecchia come lo è l’umanità.

Ho incontrato i danzatori di Krump perché li ho sempre cercati. Si chiamano Jigsaw, Kellias, Crow… nomi in codice della loro identità reinventata. Il Krump è un movimento profondo, non ancora commerciale. Sembrerebbe che il mondo l’avesse fatto nascere là dove non ce lo si aspettava, una danza che nasce dall’interno, autenticamente spirituale, fatta per tirare fuori dei mostri e dire l’inarticolato delle parole presenti nella gola di quelli che non possono nemmeno più gridare. La sola danza che valga.

Prima di essere una moda, è un rito inventato, una sorta di testimonianza forsennata, la contorsione brutale di colui che rifiuta la camicia di forza contemporanea. Questi danzatori ci dicono: Che succede alla forza che ci muove? Cosa significa questo mondo sommerso? Chi vive al nostro interno? Questa danza è una possibilità perché prende parte alla violenza che fa parte di noi ed è un mezzo per comprenderla. È una danza di inizio o di fine dei tempi e testimonia l’essenza di ciò di cui è fatto un uomo oggi, un segreto per lui stesso che vive in piedi nel buio della propria notte”.

Foto: Éloge du puissant royaume di Heddy Maalem,ph  Patrick Fabre.

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